Skip to content Skip to footer
28 anni dopo

28 anni dopo è l’inizio di una saga

28 anni dopo è l’ultimo capitolo di una saga che neanche sembrava avere le fattezze di un franchise, ma che ora si sta preparando per un radioso futuro.

Il 18 giugno è uscito nelle sale italiane 28 anni dopo, uscendo poi nei cinema statunitensi 48 ore più tardi. Questo film, non è solo uno dei migliori dell’anno – nonchè uno degli horror più affascinanti ed interessanti di questo secolo – ma è anche uno dei migliori lavori del suo regista, il maestro scozzese Danny Boyle, autore già di capolavori come Trainspotting, Steve Jobs e 127 ore.

28 anni dopo rappresenta anche il terzo capitolo di una saga iniziata nel 2002 proprio da Boyle con il primo 28 giorni dopo e poi proseguita un lustro più tardi con il successivo 28 settimane dopo – pellicola diretta da Juan Carlos Fresnadillo. Dopo essere entrato in uno sviluppo d’inferno, rimanendo fermo per diversi anni, Boyle – dopo il deludente Yesterday – decise di riprendere in mano questo mondo distopico, trasformandolo in un nuovo universo.

28 giorni dopo

L’inizio di tutto. Nel 2002 esce questa perla che cambia il gioco e le regole del gioco. Cambia tutto, in tutto e per tutto. La pellicola è la prima da protagonista dell’orgoglio irlandese Cillian Murphy, nonchè uno dei primi ruoli importanti di Brendan Gleeson, altro grande attore dublinese, destinato gli anni successivi a lavorare con autori come Martin McDonagh e Martin Scorsese.

Ma soprattutto, questa pellicola cambia gli standard dell’horror, per sempre. Non si parla di zombie, ma di infetti. Non si parla più della geniale intuizione di George A. Romero, seppur ne riprende molot. Siamo in un nuovo mondo, dove questi infetti – sottolineo, non sono zombie ma infetti – corrono e non si sa quanto essi siano intelligenti. È veloce, è sporca, è folle: è un film punk, in cui una società fuori controllo che ha paura dell’ignoto si scontra con una realtà irreale.

28 anni dopo

28 settimane dopo

Com già detto prima, la seconda pellicola della saga non fu diretta da Boyle e non fu neanche scritta da Alex Garland, sceneggiatore del primo ed il supremo autore di Ex Machina, Civil War e Warfare, prossimo all’uscita in Italia. Boyle era impegnato nelle riprese del sottovalutato Sunshine, ma visto il successo internazionale della pellicola precedente, concesse i diritti e divenne unicamente produttore esecutivo per questo capitolo.

E le differenze sono tante, ma non troppe da farci storcere il naso. Intanto, qui ci troviamo di fronte ad una produzione ed una storia che trattano una scala molto più grande ed “hollywoodiana” del primo, che partiva dalla premessa di un cast ridotto ed un mondo che partiva e finiva a Londra. L’horror si sposta più su un’impronta action che riprende i temi di tradimento e paura del primo ma, paradossalmente, nonostante l’ambientazione, li applica ad un contesto principalmente familiare, che termina con un finale che lascia presagire molto.

28 anni dopo

Accantonando il finale del più o meno canonico 28 settimane dopo – in cui si introduceva anche l’importante concetto di portatori sani del virus – 28 anni dopo è il ritorno al passato ma con grande originalità. Boyle torna al cinema dopo sei anni e lo fa, probabilmente, cambiandolo per sempre. Dalle riprese con il cellulare, all’incredibile lavoro del montaggio, quest’opera d’arte è destinata a cambiare per sempre il modo di fare e pensare il cinema.

Il mix perfetto tra i due capitoli precedenti risulta esserne una nuova sintesi e la parte migliore della trilogia. In un’Europa in cui il virus – qui metafora della Brexit – ha contribuito ad isolare il Regno Unito dal resto, la società si è evoluta, o meglio, si è devoluta. La civilizzazione e le idee di comunità sembrano essere tornate indietro di secoli, in un buio periodo dove la religione e le credenze si scontrano con la scienza. Il destino contro il bene comune. E non si parla neanche proprio di umani contro umani, nè tantomeno solamente di umani contro infetti.

Il tempio di ossa

Danny Boyle sembra aver ripreso in mano il timone di una barca che era rimasta attraccata ad un molo per troppo tempo. La sua voglia di analizzare meglio questo mondo è evidente nel finale non-autoconclusivo del film e che pone le basi per il futuro, già dall’introduzione di un personaggio folle, infatti ispirato all’altrettanto folle e squallido Jimmy Saville, ai tempi già denunciato da uno che di punk se ne intende: Johnny Rotten dei Sex Pistol – Boyle ha girato proprio Pistol, la serie sulla band.

28 anni dopo è stato girato in contemporanea con il prossimo step della nuova trilogia, 28 anni dopo: The Bone Temple tempio di ossa – che sarà un sequel diretto e vedrà il ritorno, non solo di quasi tutto il cast del capitolo successivo, ma anche di Cillian Murphy, sia come interprete che – come per questo – produttore. Il film, purtroppo, è diretto da Nia DaCosta e dovrebbe uscire il prossimo gennaio, con un sequel già annunciato ed in lavorazione.