L’ultra-violenza e la cura Ludovico, ma di cosa parlava realmente Kubrick? Le interpretazioni non sono poche per Arancia meccanica.
Riformare, cambiare, sottomettere. Eliminando la possibilità di agire, la scelta di reazione al popolo è sicuramente molto più facile governare. Come accadde con le dittature autoritarie nella prima metà del novecento, così accade anche nel futuro distopico e totalitarista di George Orwell nel suo romanzo 1984. Guardandoci intorno, non sarà difficile realizzare come quella distopia immaginata dallo scrittore inglese ad oggi non sia poi piu’ di tanto lontana e terrificante considerando che viviamo una situazione simile.
Seppur non ci sia una singola figura dominante come potevano essere Hitler in Germania o il Grande fratello in 1984 non è una retorica dire che attraverso i nostri dispositivi tecnologici siamo compulsivamente guidati e manipolati dalla società dei consumi che già da tempo è diventato il modello base in tutto l’occidente, uccidendo la cultura e le origini identitarie dei popoli e degli individui. C’era chi già profetava tali scenari anche in Italia come Pier Paolo Pasolini o anche uno dei registi migliori di sempre, Stanley Kubrick.
L’elemento più affascinante del cinema e dell’arte è proprio la capacità di far riflettere, farci uscire dalla visione del film o dalla contemplazione di un opera come fossimo tornati a casa dopo un lungo viaggio in un altro mondo e riflettere su ciò che abbiamo visto, ispirandoci e dandoci spunti ed interpretazioni diverse riguardo esso. A conferma della pluralità interpretativa del capolavoro di Kubrick ci sono moltissimi articoli o video con altre chiavi di lettura, ad esempio un parallelismo fatto con la de-nazificazione irriuscita della Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale. Eppure il discorso può essere più profetico di quanto si possa pensare.
Considerando l’uscita di A Clockwork Orange nel 1971, tre anni dopo 2001: Odissea nello spazio e sette anni dopo Il dottor Stranamore, questi tre capolavori, se presi insieme fondando una vera e propria trilogia all’interno della filmografia di Kubrick e si può notare un file rouge tra le opere, ovvero il mondo avviato verso ad una nuova era, lo stesso nuovo mondo ipotizzato da Pasolini, diviso dalla bomba atomica e dalla guerra fredda, poi riunificato sotto il progresso tecnologico. Dunque Internet, le piattaforme sociali e l’AI, oltre al dominio capitalistico insieme alla globalizzazione. Tutti fattori che hanno portato poi al controllo autoritario delle nostre vite, controllo del quale neanche ci accorgiamo, come fossimo già indottrinati alla nascita.
Di questo indottrinamento invece, non soffrono il protagonista Alexander De Large, interpretato stupendamente da Malcolm McDowell, e gli tre drughi, un po’ il simbolo della nuova gioventù e le generazioni baby boomer, in particolare dagli occhi dei boomer e delle generazioni precedenti. Agli atti, Alex incarna tutto cio’ che è sbagliato nel mondo, l’anarchismo morale e la vacuità interiore delle nuove generazioni che crescono senza ideali o valori ma solamente abbindolati da piaceri artificiali come le droghe (il latte+) e azioni esaltanti tra delitti, violenze e rapine (l’ultra-violenza). Una volta pero’ che Alex viene tradito dai suoi “amici” e successivamente incarcerato, in seguito al suo arresto, non ci pensa due volte appena gli viene proposto di partecipare ad una tecnica di “cura” sperimentale che lo avrebbe lasciato a piede libero in appena due settimane.
La cura consiste nell’isolare l’impulso per la violenza ed il disordine iniettando a forza un senso di nausea per ogni forma simile. Col tempo proprio le scene della cura, quando Alex viene costretto a guardare dei fotogrammi di violenza insensata con un siero capace di analogare il senso di nausea a quelle immagini sono diventate cult. Una volta finita la cura, Alex non riuscirà piu’ a reagire, diventando un vero e proprio automa, incapace di avere scelta ma obbligato all’obbedienza e alla sottomissione spontanea a causa del senso di dolore e nausea causato dall’atto violento in sé.
Per questo motivo la scena cardine del film non è quella del trattamento in sé bensì la dimostrazione dell’uomo nuovo che Alex è diventato in seguito alla cura, il cittadino modello, ovvero una sagoma vuota, un uomo privo di identità, negato delle proprie passioni che lo distinguevano, in questo caso della musica di Bethoween utilizzata come sottofondo musicale per le immagini violente che Alex è forzato a vedere.
L’uomo viene negato del libero arbitrio, della possibilità di scegliere e di reagire rendendolo un perfetto suddito, privo dei propri istinti animali e di conseguenza umani, perfetto per essere manipolato e pilotato. La scena della “dimostrazione” davanti al ministro degli interni, infatti, vede Alex sottoposto ad un uomo che lo provoca e violentemente lo costringe a leccargli la scarpa. Nella scena dopo entra una donna nuda alla quale Alex istintivamente si avvicina per toccarla ma poi si rifiuta categoricamente a causa della sensazione nauseante, mentre tutti ridono compiaciuti per lo spettacolo, eccetto il prete.
Sicuramente l’intento originale di Kubrick, come anche quello dello scrittore Anthony Burgess che scrisse l’omonimo romanzo da cui è tratta la pellicola è quello di smontare le nuove direzioni governative, soprattutto quello inglese di fine anni ’60 ed inizio ’70 che portò poi alla rivoluzione socio-culturale punk, così come sottolineare il fallimento nel trattare le nuove genereazioni e nel rieducare i criminali, sia tramite le carceri che tramite nuove tecniche sperimentali come appunto la fittizia cura Ludovico. Di fatti sul finale ci viene lasciato intendere come Alex sia di fatti guarito, pero’ al contrario, dalla cura Ludovico ed accetta di non parlare della cura in cambio della protezione del ministro degli interni.
Ma forse, oltre a vole dimostrare l’incapacità di rieducare l’individuo o persino un popolo, il film col finale assume anche una note positiva. Il fatto che Alex riacquisisca la possibilità di reazione sul finale, che si riappropri veramente del proprio Io, dell’amore per l’ultra-violenza, vuol dire che Alex non solo riacquisisce il piacere per gli orrori che commetteva ma che nonostante la sottomissione imposta dall’istituzione riabilitativa, il protagonista riesca comunque a ritrovare l’indipendenza, la capacità di reagire e da quel momento starà a lui capire cosa fare di questa consapevolezza ritrovata.
Nonostante emerga un forte individualismo che ormai da inizio ‘900 è la base di ogni filosofia umana, la presa di coscienza della realtà puo’ essere reinterpretata oggi come una wake-up call per l’umanità in generale. Cio’ ovviamente non rende Alex un protagonista positivo ma un anti-eroe di ribellione ed anti conformismo, moralmente spregievole ma che se riletto sotto un altro punto di vista puo’ rivelarsi meno scontato di quanto sembri. Un giovane a cui non manca niente apparentemente, con una buona famiglia, una bella casa ed economicamente stabile ma che pur non riesce a stare in pace in quella realtà e forse è proprio quella la critica piu’ importante nei confronti del protagonista. Un po’ come Pasolini prese le posizioni della polizia in merito alla manifestazione del 1968 col testo “Il PCI ai giovani” contro i manifestanti borghesi e figli di papa’, anche Kubrick critica le nuove generazioni ribelli ma non rivoluzionarie, soggiogate appunto da un mero individualismo senza un vero ideale o senzo di collettività che per lo meno, in Arancia meccanica, riesce a prevalere sul tentativo di estirpazione di tratti umani in maniera meccanica della cura Ludovico.
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