Dopo l’ultima edizione è chiaro: l’Academy Awards sta puntando sempre più alla diversità e all’inclusione, ma questo cambiamento è reale o solo di facciata?
Negli ultimi dieci anni si è discusso molto sugli sforzi dell’Academy per promuovere la diversità e garantire una maggiore rappresentanza di minoranze etniche e di genere. Nel 2015 esplose la controversia di “Oscars So White”, nata da un tweet di April Reign che denunciava l’assenza di diversità nelle nomination agli Oscar, uno scenario che si ripeté nel 2016. Le critiche evidenziarono il problema di un’Academy poco inclusiva e poco incline a premiare storie e talenti provenienti da contesti marginalizzati. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, l’Academy promise di diversificare i membri della giuria entro il 2020, obiettivo formalmente raggiunto, ma che non risolse del tutto il problema.
Negli ultimi anni, però, si è registrata un’evoluzione graduale e significativa, culminata proprio in quest’ultima edizione del 2025, che ha visto una maggiore apertura internazionale. Dalla Lettonia Flow, oscar al Miglior Film d’Animazione, il palestinese No Other Land, Oscar al Miglior Documentario e dal Brasile I’m Still Here, Oscar al Miglior Film Internazionale, candidato anche a Miglior Film, con anche la protagonista Fernanda Torres candidata nella cinquina delle migliori attrici.
Ricevendo il premio, i registi di No Other Land hanno colto l’occasione per evidenziare il ruolo degli Stati Uniti nel conflitto israelo-palestinese. Il co-regista Yuval Abraham ha dichiarato: “Esiste un percorso alternativo, una soluzione politica senza supremazia etnica, che garantisca i diritti nazionali a entrambi i nostri popoli. La politica estera di questo paese sta contribuendo a bloccare questa via.”
Ma la diversità non riguarda solo il discorso etnico. L’Academy è stata accusata spesso anche ageismo (discriminazione basata sull’età), ignorando uomini più giovani e le donne più mature. Proprio quest’anno, infatti, la vittoria di Adrien Brody e Mikey Madison nelle categorie di Miglior Attore e Attrice, vincendo rispettivamente su Timothée Chalamet (29 anni) e Demi Moore (62 anni), la favorita di quest’anno.
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L’edizione 2025 ha comunque segnato importanti prime volte in termini di rappresentanza etnica e razziale: Paul Tazewell, costumista di Wicked, è diventato il primo uomo nero e il secondo afroamericano in assoluto a vincere l’Oscar per i Migliori Costumi. Prima di lui, solo Ruth E. Carter aveva ottenuto due Oscar in qualsiasi categoria. Zoe Saldaña, Emilia Pérez, è invece la prima attrice domenicana ad aver vinto un Oscar “la prima ma non l’ultima”, come lei stessa ha detto nel suo discorso di ringraziamento.
In questo periodo negli Stati Uniti, sotto il secondo mandato di Donald Trump, i temi della diversità, equità e inclusione sono diventati argomenti divisivi e spesso strumentalizzati; il sostegno a un’industria cinematografica più inclusiva, che non guardi solo alle produzioni delle Major ma anche del cinema indipendente, è quindi più che mai necessario. Lo ha sottolineato anche Sean Baker, regista di Anora, nel suo discorso di accettazione del premio per il Miglior Film: “In un momento in cui il mondo si sente diviso il cinema è ancora più importante. I cinema indipendenti fanno fatica, durante la pandemia abbiamo perso migliaia di sale cinematografiche. Registi fate film da proiettare al cinema, distributori lavorate sulle uscite nei cinema e genitori portate i figli in sala che saranno la prossima generazione dei cinefili”.
Nonostante i suoi limiti, l’Academy sta comunque dimostrando di volersi aprire a un sempre più vasto pubblico: indipendentemente dal paese di origine, vincere un Oscar è ancora un sogno che può diventare realtà.
Sean Baker vince l’oscar per la Miglior Regia:
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