28Views
Aspettando Making Of, tra Boris e 8 e 1/2
Making Of, un film umoristico che parla del cinema è uscito il 26 settembre 2024. Riflettiamo sul metacinema, tra la parodia di Boris e la nostalgia di 8 e 1/2.
Il trailer di Making Of
Making Of è il nuovo film di Cédric Kahn uscito da pochissimo nelle sale italiane.
In attesa di vedere la nuova esilarante e promettente commedia tragicomica sul dietro le quinte di una sgangherata troupe cinematografica francese, riflettiamo insieme sul metacinema e sulle sue due derive più lontane: la parodia e la nostalgia.
E per fare questo prendiamo due casi italiani completamente antitetici: da una parte la sgangherata serie tv Boris, dall’altra scomodiamo il nome di uno dei più grandi cineasti internazionali, prendendo in esame 8 e 1/2 di Federico Fellini.
Nel frattempo qui sotto potete gustarvi il trailer di Making Of:
La parodia in Boris
Se si parla di parodia non si può non pensare a Boris, una delle più grandi serie tv italiane di successo.
In Boris, lo sventurato stagista di regia Alessandro (interpretato da Alessandro Tiberi) deve farsi spazio nel caotico e complesso mondo del set televisivo.
Catapultato in un meccanismo in cui o mangi o vieni mangiato, Alessandro si trova ben presto ingurgitato dai capricci degli attori divi Stanis e Corinna che interpretano due medici nella soap italiana intitolata Gli occhi del cuore, dalla disillusione del regista Reneé Ferretti (Francesco Pannofino) e dal colorato caos del resto della troupe che non vede l’ora di finire le riprese.
Il modo volutamente stereotipato e comicamente esasperato nel dipingere la realtà italiana della troupe televisiva italiana, è un modo che poi in fin dei conti rende terreno, un mestiere che viene spesso idolatrato e idealizzato.
Da una parte c’è una ovvia presa in giro ad una certa modalità di fare spettacolo in Italia, quella che non è legata all’artisticità intellettuale di un film d’essay, ma piuttosto ad un prodotto commerciale destinato ad un palinsesto con delle dinamiche televisive ben definite.
Dall’altra c’è un tentativo di rendere la settima arte più umana.
Alessandro viene infatti maltrattato e buttato nelle situazioni più assurde dai produttori e dalla aiuto regista Arianna (interpretata da Caterina Guzzanti), e il mondo nel quale si ritrova non è così magico come pensava che sarebbe stato.
Perché va bene parlare di autorialità e pensiero profondo, ma è anche vero che dietro ai prodotti audio-visivi ci sono prima di tutto delle persone.
E il fare cinema allora assume anche una connotazione divertente e meno aulica di quella a cui la comunità cinefila è così legata, lasciando spazio allo sbaglio, all’imprevedibilità e alla leggerezza di quello che dopotutto è un lavoro.
Lo sguardo nostalgico felliniano
Se è vero che non bisogna per forza guardare al mezzo cinematografico come ad un qualcosa di illuminato e idealizzante, è anche vero che il motivo per cui esiste il cinema è legato alla sua forza sognatrice.
E per questo non è possibile non pensare anche ad una riflessione autocelebrativa e nostalgica che molti film riservano alla settima arte.
E se in questa sede parliamo di estremi, non possiamo non citare uno dei film italiani più importanti da questo punto di vista.
Parliamo infatti di 8 e 1/2 di Federico Fellini.
8 e 1/2 è la storia di Guido Anselmi (interpretato da Marcello Mastroianni) regista in crisi creativa in ritiro ad una stazione termale, in cerca di un luogo di pace per ideare un film già in produzione.
Il film felliniano parla del cinema da un punto di vista molto più intimistico e onirico.
Il cinema per Guido non è solo un semplice mestiere, per lui è la sua intera vita.
E nel momento in cui si trova di fronte ad un blocco dello scrittore, tutto quello che gli gravita intorno inizia a creargli una sorta di viaggio psicotico nel quale fantasia e realtà si mescolano diventando un tutt’uno.
Durante il suo soggiorno alle terme, Guido viene tempestato dalle domande delle maestranze e dei produttori, viene raggiunto dall’amante e dalla moglie, e tutto questo crea in un lui una confusione tale che lo porta a lasciare la regia del progetto.
Nel momento in cui viene smantellato tutto quello che doveva essere il set cinematografico, Guido è come se riacquistasse quella gioia che aveva perso durante il suo soggiorno alle terme.
Davanti ai resti di una parte di scenografia del film, iniziano ad apparirgli i personaggi della propria vita insieme a quelli immaginari che vengono diretti dal regista in un girotondo ilare nel quale Guido sembra aver ritrovato la serenità che lo aveva avvicinato da giovane al cinema.
Da questo film, si evince che per Fellini il cinema non fosse semplicemente un mestiere, ma che fosse una forma intima per raccontare e raccontarsi.
Attraverso gli occhi di Guido, lo spettatore entra in un discorso nostalgico che guarda al regista come ad un autore travagliato che prende il cinema in modo serio.
Ma anche nel discorso di Fellini vediamo sul finale che, anche questo rispetto ossequioso e quasi di sudditanza nei confronti della settima arte, porta l’autore alla sterilità e al blocco.
Solo quando inizierà a spogliarsi di tutto il prestigio e il lustro legato alla sua figura di “maestro”, Guido tornerà a trovare il senso di fare cinema.
Conclusione
In un equilibrio sottile in cui vita e finzione si abbracciano senza prevaricarsi sta probabilmente tutto il senso del cinema.
Perché va bene fare cinema alto, ma bisogna anche fare attenzione a non dimenticarsi della sua funzione ludica che ha sempre attratto gli spettatori di tutto il mondo.
E in questo le premesse del trailer di Making Of ci fanno ben sperare.
1 Comments
Comments are closed.