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Cinema in Piazza, Emma Seligman a Roma con Bottoms
La regista Emma Sellings ha presentato la proiezione del suo film Bottoms a Roma per la rassegna estiva Cinema in piazza, svelandone retroscena e dettagli.
Ieri sera al Cinema Troisi di Roma, come parte dell’evento Cinema in Piazza, è intervenuta come ospite la regista e sceneggiatrice Emma Seligman. Seligman è venuta a Roma a presentare sabato 8 giugno il suo splendido debutto cinematografico, Shiva Baby. Geniale commedia piena di tensione che segue una ragazza ebrea che allo shiva di un suo defunto parente si ritrova chiusa in una casa. Tra gli ospiti i suoi genitori, la sua ex ragazza e il suo sugar daddy con la famiglia.
Mentre ieri invece abbiamo avuto modo di partecipare alla proiezione del suo forse ancor più geniale Bottoms. Modernissima, volgare e violenta commedia scolastica in cui seguiamo due ragazze che fonderanno un fight club liceale nel disperato tentativo di portarsi a letto le due ragazze per cui hanno una cotta.
Tra l’altro, Bottoms è stato vittima dell’acquisizione della sua casa di produzione, la MGM, da parte di Amazon. Infatti il film, invece di uscire globalmente, è uscito quasi solo nei cinema statunitensi e poi, in sordina, su Prime Video.
L’evento con Emma Seligman
Seligman entra in un una sala piena e ancora intenta ad applaudire il film. Bottoms è stato accolto da risate ed elogi da parte di tutta la sala e l’energia è alta. All’ingresso della regista gli applausi tornano ad aumentare e partono anche svariati elogi da uno dei pubblici più carichi che mi siano mai capitati in una sala cinematografica.
Dopo la sua introduzione la regista si siede, ringrazia il pubblico e poi partono le domande. Ecco alcune delle domande fatte sia da pubblico che dalla moderatrice dell’incontro.
Moderatrice: Bottoms e Shiva Baby sono due film molto diversi nella loro natura. È stata una scelta intenzionale questo cambiamento?
Emma: “Io amo i film e amo ogni genere, non voglio fare la stessa cosa due volte. Sentivo che fare un film liceale fosse ciò che volevo fare perché amo il genere. Io e Rachel Sennot abbiamo iniziato a scrivere questa storia quando avevo 21 anni e non pensavo di poter fare altro in termini di esperienze personali.
Questo film è ciò che è perché lo ho scritto con Rachel, e per quanto lei sia capace di scrivere un qualsiasi genere, aveva per me più senso scrivere qualcosa di estremamente stupido e ridicolo con lei. Io spero di fare un film per ogni genere, spero di poter fare qualcosa di diverso ogni volta”.
M: Nel film sembra esserci una grande presenza di improvvisazione, è andata così?
E: “Si, hanno improvvisato molto, buona parte dei dialoghi di Rachel e Ayo (Edebiri) sono improvvisati anche perché avevano già fatto moltissima commedia insieme tra stand up e sketch. Inizialmente ho provato a non utilizzare improvvisazione perché altri registi mi hanno consigliato di usarla unicamente in casi molto specifici, ma loro partivano e io le dovevo fermare per farle tornare sul copione.
Talvolta persino io mi perdevo e non riuscivo più a seguire la scena e temevo che il tutto perdesse senso ma invece abbiamo avuto moltissimo materiale da utilizzare e loro due si sono divertite e hanno incoraggiato anche gli altri attori a divertirsi”.
M: Questo film rompe i soliti schemi che rappresentano i personaggi queer in una maniera molto bidimensionale. La riscontri anche tu questa problematica? E se c’è perché?
E: “Assolutamente. Quando scrivo non lo faccio pensando a questi problemi, ma è certamente qualcosa che ho in testa. Quando scrivi o dirigi vuoi raccontare la tua prospettiva e una versione autentica di te stessa, dei tuoi amici e del tuo mondo. E io e Rachel sentivamo che giovani donne o persone queer… noi non abbiamo modo nei film di essere veramente terribili, eccitate, problematiche e delle vere s*****e.
Ed era quindi per noi importante scriverle come teenager egoiste, nel modo in cui tutti abbiamo avuto modo di esserlo. Volevamo semplicemente raffigurare quello che siamo, i nostri amici e il nostro mondo ed è questa l’unica cosa che puoi fare. Penso che se ti concentri troppo sulle politiche ti distoglie dal divertimento o dal sentirsi come un membro del pubblico”.
M: Nel film vediamo le nostre protagoniste sbagliare e venire colpevolizzate, mentre quando sbaglia un uomo è quasi come se non fosse successo niente. Tu, in quanto giovane regista, lo senti il peso di un errore imperdonabile?
E: “Si decisamente, ma provo a non pensarci. Quando si avvicinava l’uscita del film io e Rachel ci chiamavamo e ci chiedevamo se fossimo andati troppo oltre e se la gente si potesse offendere. Penso che quando c’è poca rappresentazione della tua prospettiva la gente può essere più critica perché c’è meno a cui paragonarlo.
Ci siamo chiesti: se delle ragazze giuste per andare a letto con altre ragazze dovessero oggettificare queste ragazze, come lo farebbero? In un modo in cui un uomo non potrebbe, cioè fingendo di essere femministe e fingendo una sorellanza solo per approcciarsi fisicamente a queste persone”.
Successivamente, su richiesta della stessa Seligman, la palla passa al pubblico.
Spettatrice: Toronto è una città che può essere complicata per dei giovani artisti, quindi mi chiedevo se puoi essere interessata a tornare e se hai in piano di tornare e girare qualcosa in città.
E: “Sei canadese?”
S: “Si, lo sono.”
E: “Fantastico. Mi piacerebbe, penso che se dovessi raccontare una storia ambientata a Toronto o in Canada tornerei. C’è ne sono abbastanza di film americani perche io possa venire. Sarebbe bello avere Toronto invece che una falsa New York o Chicago”.
S: È stato difficile proporre un film così particolare e di nicchia e trovare persone che credessero in te e nel film?
E: “Ottima domanda. Per certi versi si e per altri no. Penso che nessuno lo volesse produrre o supportare perché non lo capivano. La gente è abituata a vedere storie queer come pulite e innocenti o molto tristi dove noi siamo le vittime o dobbiamo fare coming out, quindi non lo capivano.
Ma penso che per ogni passo in avanti abbiamo trovato forse una persona che credeva in noi. è un pò un cliché ma è andata cosi. In particolare con lo studio che ci ha dato i soldi per farlo, Orion, capitanato da una incredibile donna queer di nome Alana Mayo.
Nessun altro voleva fare il film ma lei si, non abbiamo nemmeno avuto modo di fare la pitch al più delle persone, non lo volevano sentire. Ma quando lo abbiamo proposto ad Alana ha accettato. quindi è stato difficile e ci sono stati molti no, ma è stato molto semplice una volta trovato il supporto necessario”.
Ma la domanda più attesa l’ha fatta la moderatrice:
M: Hai in progetto un altro film? E cosa dobbiamo aspettarci dal genere?
E: “Ehm… si. Non mi piace parlarne perché sono molto superstiziosa, ma spero di riuscire a realizzare un western”.
In chiusura
Sempre ricoperta da applausi la regista saluta nuovamente il pubblico e lo ringrazia. Emma Seligman sia con il suo film che non le sue parole ha tenuto uno delle proiezioni più cariche a cui mi sia mai capitato di assistere.
Seligman si è aperta con sincerità e anche una certa dolcezza su questioni delicate come la sua esperienza produttiva e del peso che porta non solo essendo una giovane regista donna, ma essendo una regista queer che ha voluto portarndo sullo schermo cinema queer fondato sull’intrattenimento. Ma ha anche parlato del divertentimento avuto sul set e della sua voglia di sperimentare.
Eventi come Cinema in piazza si confermano importati oggi per ricordare al pubblico la collettiva esperienza che rappresenta il cinema. Questi lasciano anche spazio a piccoli gioielli come questo, maltrattati dalla distribuzione, di potersi esprimere sul grande schermo e poter essere scoperti dal grande pubblico.
La rassegna vedrà anche altri grandi ospiti come Damien Chazelle, Edward Norton e Celine Sciamma che porterà il suo capolavoro Ritratto della giovane in fiamme. Potete trovare i film di Emma Seligman, Bottoms e Shiva Baby, rispettivamente su Prime Video e Mubi. La regista non ha dato notizie in anteprima sul suo nuovo film, Western.
Giovedì alle 12 potrete trovare sul nostro sito la recensione di Bottoms.