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Cronaca dei conigli al cinema
Spesso rappresentati sul grande schermo, i conigli sono tra i simboli animaleschi più frequenti, spesso però con i significati più ambigui.
Piccoli e graziosi, i conigli sono leporidi, animali alla vista carini, graziosi ed innoqui, tra la domesticità della campagna e della casa ma anche tra la sconfinatezza della condizione selvaggia. Eppure nel corso della storia delle loro rappresentazioni cinematografiche sono sempre appartenuti ad un immaginario diametralmente opposto a quello convenzionale del docile animaletto.
Tornando alle origini cinematografiche dei conigli, inizialmente erano ritratti come simbolo di curiosità e innocenza. Basti pensare al bianconiglio del classico Disney Alice nel paese delle meraviglie o a Harvey di Henry Koster, dove il personaggio di James Stewart ha un’amicizia “immaginaria” con un coniglio bianco di un metro e ottanta, per l’appunto, Harvey. In entrambi i casi, il coniglio è simbolo di tenerezza, innocenza e gioia ma come per altri personaggi come i clown o le bambole, i conigli hanno subito un processo di mutamento inverso che li ha portati verso tutt’altra parte.

Il simbolo della violenza
Nella prima scena di Us, horror di Jordan Peele, il regista ci pone dinanzi un inquadratura di conigli ingabbiati su cui scorrono i titoli di testa. Un’interpretazione nuova dei conigli, più creepy, che crea un senso di disagio e cattività. Lo stesso Jordan Peele aveva parlato dei conigli definendoli “adorabili ma allo stesso tempo con occhi da sociopatici se visti da vicino, senza empatia”.
L’associazione tra conigli e violenza di fatti risale già al medioevo con dipinti ritraenti scene di conigli in atti di violenza sugli umani ma anche riconosciuti come portatori di malattie e associati spesso in antichità a streghe e maghi.
La prima rappresentazione violenta e macabra dei conigli risale al 1972 con La notte della lunga paura, dove i dolci animaletti prendono sembianze enormi e comportamenti violenti, attaccando una cittadina. Nello stesso anno uscì anche il romanzo La collina dei conigli, in originale Watership Down, libro da cui fu poi tratto l’omonimo film, il più emblematico di tutte le rappresentazioni cinematografiche dei conigli.
La collina dei conigli
Il film La collina dei conigli uscì sei anno dopo il romanzo, nel 1978. Un progetto pazzo, fuori dagli schemi e ambizioso a dir poco, realizzato durante la crisi della Disney dopo la morte del boss Walt. Il film fece molto scalpore e tutt’ora è un trauma per le giovani generazioni di allora. Il film tratta la fuga di un gruppo di conigli in seguito alla premonizione della distruzione delle loro tane.
Il film quasi subito muta in un’atmosfera horror ed angosciante, una cappa pesante di perenne tensione, tra prede e predatori, metafora della razza umana, tra immagini crude ed elementi spaventosi, quasi terrificanti e perfettamente ossimorici all’animazione, almeno per come era intesa ai tempi. Un film di rottura, sia per il cinema d’animazione che per la figura del coniglio. Da qui vennero poi svariate rappresentazioni orrorifiche dei conigli, come quella del coniglio mannaro in Wallace & Gromit: la maledizione del coniglio mannaro.

Mistero ed ambiguità
Per concludere, aldilà delle maschere da coniglio usate da serial killer o altri conigli mutanti e assassini di alcuni film di serie b, non si può non citare anche l’alone di mistero ed ambiguità legata ai conigli. Ce lo dimostra un cult dei primi anni duemila, Donnie Darko, dove la figura di un coniglio, Frank, poi rivelatosi in realtà una persona mascherata, è ricorrente nei sogni, o meglio negli incubi del giovane protagonista. Il coniglio in questione, reso il più possibile spaventoso e deformato attraverso il costume, rappresenta nel film la mortalità, la transizione alla vita ultraterrena, lo stacco tra il mondo onirico e quello vero, nonché mero simbolo disturbante di un mondo distorto come quello del film.
Un altro maestro dell’ambiguo e del perturbante, David Lynch, ha dedicato una serie di sei cortometraggi po riuniti in unico mediometraggio, Rabbits. Qui il maestro gioca su un elemento creepy ricorrente, ovvero gli animali con sembianze umane, disturbanti di per sé. Nell’opera Lynchiana, il coniglio è un simbolo ricorrente di dispersione e perdita, anche qui sono usati sia per approciarsi a temi come la dispersione umana, l’irreale, l’eterna attesa e il senso di oppressione. Lynch usa i conigli anche come escamotage per creare disturbo ed ambiguità, ribaltando lo schema di messa in scena delle sitcom, da lui derise e prese di mira proprio in Rabbits.

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