Oggi, 29 aprile, per la Giornata Mondiale della Danza, celebriamo l’incontro tra danza e cinema: due arti che trasformano il movimento in racconto visivo.
Danza e cinema sono uniti da sempre in un dialogo espressivo che incanta. Oggi, 29 aprile, Giornata Mondiale della Danza, celebriamo questa sinergia che trasforma il gesto in racconto e il movimento in emozione.
Infatti, il coreografo, come un regista, costruisce sequenze fatte di pause, sguardi e respiri. Così, la danza si fa narrazione visiva. È cinema che parla attraverso il corpo, senza bisogno di parole.
Lo aveva capito bene Bob Fosse, maestro del musical cinematografico. Con film come Cabaret (1972) e All That Jazz (1979), ha mostrato che la danza può diventare introspezione, denuncia e desiderio.
Nel cinema, un primo piano può dire tutto. Tuttavia, anche un’esitazione, un braccio che indugia, uno sguardo che resta, possono raccontare mondi interiori. La musica, cuore di entrambe le arti, scandisce i tempi ed esalta ogni vibrazione emotiva.
In particolare, nel film The Red Shoes (1948), lunga sequenza danzata e immagini si fondono in una visione onirica. Moira Shearer, ballerina e attrice, ne è il simbolo perfetto.
Il silenzio sullo schermo e l’immobilità nella danza condividono la stessa potenza narrativa: quella dell’attesa e della tensione.
Non solo oggi, ma fin dagli esordi del sonoro, il cinema ha dialogato con la danza. Fred Astaire, in Cappello a cilindro (1935), ha incantato con la sua leggerezza. Al suo fianco, Cyd Charisse, in Spettacolo di Broadway (1953), ha unito precisione e magnetismo.
Anche Gene Kelly, in Cantando sotto la pioggia (1952), ha trasformato la gioia in movimento. Rita Hayworth, infine, in Gilda (1946), ha reso il ballo simbolo di seduzione e ribellione.
Nel cinema contemporaneo, danza e cinema raccontano anche l’inquietudine e la complessità dell’essere umano. Per esempio, in Il cigno nero (2010), le coreografie di Benjamin Millepied esprimono il conflitto interiore della protagonista.
Inoltre, film come Street Dance 3D (2010) danno voce all’energia urbana e alle identità collettive. Nei videoclip di Sia, Maddie Ziegler, diretta da Ryan Heffington, emoziona con pochi, intensi gesti.
La La Land (2016) dimostra, al contrario, che anche senza ballerini professionisti è possibile raccontare verità profonde attraverso la danza.
Il potenziale espressivo di danza e cinema si estende ben oltre il musical. In Pina (2011), documentario di Wim Wenders, la coreografia diventa paesaggio e memoria. È, infatti, un omaggio vibrante a Pina Bausch.
In Suspiria (2018), di Luca Guadagnino, la danza si fa rito, incantesimo, potere. Anche saghe come Step Up, sebbene spesso sottovalutate, mostrano quanto la danza possa essere strumento di crescita e trasformazione.
Da allora, dagli albori del cinema muto fino ai musical degli anni ’30, danza e cinema hanno viaggiato insieme sul grande schermo. Già nelle prime pellicole, le sequenze danzate venivano usate per stupire, anche senza suono.
Con l’avvento del sonoro, la danza ha preso il volo. Film come 42nd Street (1933) introdussero montaggi rapidi e movimenti di macchina pensati per seguire il ritmo, cambiando il modo di filmare il corpo in movimento.
Oggi, la tecnologia amplifica la forza visiva delle coreografie. In La La Land (2016), per esempio, i piani sequenza e l’uso della luce rendono i numeri danzati parte integrante del racconto visivo.
Eppure, l’essenza resta la stessa: danza e cinema raccontano emozioni invisibili, rendendole visibili. Una cattura l’anima, l’altro la conserva per sempre.
In questa Giornata Mondiale della Danza, non celebriamo solo l’armonia del movimento, ma la forza narrativa che nasce dall’incontro tra danza e cinema. Due arti autonome che, quando si intrecciano, riscrivono il modo di raccontare.
Non è solo questione di estetica. È visione, ritmo, controllo, tensione. È il corpo che dice ciò che le parole non sanno dire. E la macchina da presa che lo segue, lo amplifica, lo trasforma.
Per questo, danza e cinema restano strumenti potenti. Non solo per emozionare, ma per leggere il presente, immaginare il futuro e, soprattutto, per restare impressi nella memoria dello spettatore.
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