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Donne in armi e in anima: il viaggio interiore di Merit

Donne che combattono dentro e fuori: ne La mia amica Zoe la soldata Merit affronta il trauma e l’amicizia oltre la morte.

Nel film La mia amica Zoe una veterana dell’Afghanistan si confronta con il trauma della guerra e la perdita della sua migliore amica Zoe.

La ragazza però le appare come un fantasma sarcastico e onnipresente. Finalmente donne militari fuori dal microscopio maschile.

La trama e il suo simbolismo

Nel film La mia amica Zoe, il regista Kyle Hausmann-Stokes ci guida dentro il paesaggio interiore di Merit.

È un ex soldata americana sopravvissuta alla guerra ma non al legame con Zoe.

La ragazza era la sua più intima compagna d’armi ed è caduta sul campo.

Merit non è semplicemente segnata dalla perdita: è abitata da essa. Zoe infatti, pur morta, continua a manifestarsi come presenza viva, ironica e insistente. Un fantasma affettivo che non chiede di essere esorcizzato, ma ascoltato.

A sostenerla ci sono il Dr. Cole, incarnato da Morgan Freeman, e l’energia materna di Kris (Gloria Reuben). Ma Merit rimane comunque sospesa tra due mondi: quello dei vivi e quello dei ricordi.

Non è solo una donna reduce dal fronte: è un’anima in esilio, alienata, che cammina con un piede nell’oggi e uno nel trauma.

Il ritorno alla casa sul lago, luogo archetipico della memoria, della famiglia, della radice la obbliga a un nuovo confronto. Lì vive Dale (Ed Harris), il nonno veterano del Vietnam, ruvido e silenzioso. Figura paterna ferita e in declino, incapace di accettare aiuto, ma bisognoso di cura.

Merit, allora, è chiamata a un doppio compito iniziatico: prendersi cura del suo passato incarnato nel nonno e al tempo stesso affrontare la sua ombra. L’immagine della morte, della colpa e dell’amore irrisolto che Zoe rappresenta.

Così il film si trasforma in una metafora potente del ritorno: non quello glorificato dai riti militari, ma il ritorno alla parte di sé che è stata lasciata indietro.

Il viaggio di Merit è un tentativo di riunire ciò che la guerra ha separato: corpo e anima, amore e lutto, forza e vulnerabilità.

Attraverso gli archetipi: donne (e uomini) dal mito alla realtà

La narrazione esplora il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) attraverso una lente femminile. Evidenzia le sfide emotive e psicologiche che le donne soldato affrontano al ritorno dalla guerra.

Nel film ogni figura non è solo un individuo ma anche un simbolo, un portatore di significati più ampi e universali.

Merit – L’Eroina ferita, il Femminile in esilio

Merit incarna l’archetipo dell’eroina che ha attraversato il fuoco, ma non è tornata intera. A differenza dell’eroe tradizionale che conquista gloria e senso, il suo ritorno è fratturato. È abitato da una perdita che non riesce a integrare. Come Inanna nel mito sumero, Merit è scesa negli inferi (la guerra) ed è tornata con un lutto irrisolto: Zoe.

È una donna divisa, che porta dentro di sé il conflitto tra il bisogno di sentirsi forte e l’urgenza di riconoscere la propria vulnerabilità.
È anche il simbolo del femminile che resiste a modelli di forza maschili, che cerca di trovare una nuova forma di potere: non dominare, ma tenere insieme, ascoltare, prendersi cura.

Zoe – L’Ombra amata, la Morte come messaggera

Zoe non è solo un fantasma: è l’ombra affettiva, il lutto che non è stato elaborato. Ma anche la parte perduta di Merit. È la memoria viva del legame, l’alter ego che resiste all’oblio.

In termini archetipici, Zoe rappresenta l’Anima che chiama all’integrazione: non chiede vendetta, ma presenza. È come Euridice che non vuole più essere trascinata via, ma guardata negli occhi.

Il suo tono sarcastico e leggero, in netto contrasto con la sua condizione, è il modo in cui l’inconscio spesso si manifesta: con immagini paradossali, che disorientano per spingerci a un cambiamento di prospettiva.

Dale – Il Padre spezzato, il Maschile in rovina

Il nonno Dale è l’archetipo del maschile antico, ferito e silenzioso. Il guerriero che non ha mai chiesto aiuto e che ha trasformato il dolore in rigidità.

È una figura totemica: rappresenta una generazione che ha represso il trauma fino a trasformarlo in solitudine.

Il suo progressivo decadimento mentale è anche simbolico: l’identità guerriera non può più reggere il peso della storia. Ha dunque bisogno di essere disarmata e riabbracciata con tenerezza.

Incontrare Dale per Merit non è solo un ritorno a casa: è un ritorno al maschile interiore da accudire e trasformare.

Dr. Cole – Il Saggio Guaritore

Morgan Freeman, come spesso accade, incarna l’archetipo del Mentore. È il guaritore che non salva, ma accompagna.

Il suo ruolo è liminale: non guida, ma ascolta, e nel farlo crea uno spazio in cui le emozioni possono emergere senza giudizio.

È il custode della soglia tra il caos interno e il possibile ordine emotivo. In termini mitici, è Chirone, il centauro ferito che conosce la cura perché ha conosciuto il dolore.

Kris – La Madre compassionevole, la Radice dimenticata, le donne in attesa

La madre di Merit è la figura del femminile che resta, che attende, che offre senza pretendere. È la radice affettiva che non si è spezzata, ma che è stata messa da parte.

Rappresenta il grembo del ritorno, la possibilità di essere accolti senza dover dimostrare nulla.

In lei abita Demetra, che piange la figlia perduta ma è pronta a riaccoglierla al suo ritorno dall’Ade, quando sarà pronta a tornare viva.

La protagonista è (ciò che lascia) la guerra, non solo nelle donne

Ogni personaggio di La mia amica Zoe è una parte dell’anima collettiva che cerca ricomposizione.

Questo film, letto in chiave simbolica, non è solo una storia di trauma e memoria, ma un rito narrativo.

Ci invita a vedere che ogni guerra, dentro o fuori, lascia fantasmi. Ma anche la possibilità di trasformarli in presenze da amare, non da scacciare.

Due generazioni, un trauma

Il film affronta anche il trauma generazionale, rappresentato dal rapporto tra Merit e suo nonno Dale. Evidenzia come le cicatrici della guerra si trasmettano attraverso le generazioni.

La regia di Hausmann-Stokes, ex veterano, conferisce autenticità alla storia. Evita infatti retoriche patriottiche e offre una riflessione profonda sul costo umano della guerra. 

Gli ingredienti: non è un film per sole donne

My Dead Friend Zoe si distingue per la sua capacità di coniugare elementi di dark comedy con una critica sociale incisiva. Offre uno sguardo nuovo e necessario sulla figura delle donne soldato e sulle sfide del ritorno alla vita civile.

Il cast

Tra i protagonisti, oltre a colonne portanti del grande schermo come Ed Harris e Morgan Freeman, troviamo anche Sonequa Martin-Green, star delle serie televisive (The Walking Dead, Gossip Girl, Star Trek Discovery).

Completano il cast Natalie Morales; Utkarsh Ambudkar; Gloria Reuben; Rich Paul; Drew Rausch; Assia Lau’ren; Alicia Borja; Thom Tran; Zeke Alton.

L’uscita

La mia amica Zoe esce nei cinema italiani l’11 giugno 2025, distribuito da Europictures.

Sara Cambi

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