Dall’uscita di Bohemian Rapsody in poi, il cinema biografico musicale si trova in un grande periodo di produzione, che non sempre ripaga le aspettative.
Il 13 giugno di quarant’anni fa si svolgeva, in contemporanea da Londra e da Philadelphia, l’evento più visto nella storia della televisione. Un concerto benefico dal nome di Live Aid e che contava alcuni dei nomi più importanti della musica del tempo, che, vale a dire, di sempre. L’evento è ricordato soprattutto per l’esibizione dei Queen e la performance di Freddie Mercury, episodio ritratto con grandi aspettative nel film Bohemian Rapsody.
Nonostante il film si rivelò una mediocre delusione – come la band che ritraeva, d’altronde – il quasi miliardo di incasso convinse le grandi case di produzione ad iniziare ad investire di più nel genere biografico, rivolto soprattutto ai musicisti. Siamo ora in attesa, tra i tanti, di film come Springsteen: Liberami dal nulla, Je’ so pazzo su Pino Daniele ed i quattro film sui Beatles. Intanto, proviamo a vedere quali sono stati i migliori fino ad oggi.
Blaze è il terzo film da autore del grande Ethan Hawke, perenne fonte di conoscenza e passione e, in questo caso, si parla di musica e di Blaze Foley, un grande cantautore folk-country, parte della corrente texana dell’outlaw country, movimento iniziato dai geni musicali come Townes Van Zandt, Guy Clark e Steve Earle. Hawke non è riuscito a replicare questo successo critico, ad eccezione della stupenda docu-serie The Last Movie Stars, su Paul Newman e Joanne Woodward.
Stranissimo poter pensare ad un film su un musicista diretto da Clint Eastwood, ma eccoci qua. Bird racconta in circa 160 minuti la complicata vita di Charlie Parker – un’immenso Forest Whitaker – ed il mondo che ha vissuto, con una fotografia incredibile ed un’atmosfera stupendamente cupa. Eastwood ritenterà nel genere biopic anni dopo con Jersey Boys, un piatto racconto su Frankie Valli ed i suoi Four Seasons.
Woody Guthrie è stato uno dei musicisti più politici che ci siano stati. Attivista e sindacalista: David Carradine è tutto questo, in un racconto che va oltre il mito del folk e parla della Grande Depressione, riprendendo le atmosfere di Furore. La pellicola è ricordata anche perché fu la prima ad usare una Steadicam per delle scene in movimento, anticipando la tecnica che renderà davvero popolare Rocky, poco dopo nello stesso anno.
Dover raccontare la vita di una persona che non c’è più, porta molto spesso a controversie. Non fu da meno Alex Cox quando scrisse e diresse Sid e Nancy, sulla relazione tossica tra Nancy Spungen ed il ragazzo che uccise il punk, Sid Vicious, bassista dei Sex Pistol e morto d’overdose a 21 anni. Chloe Webb e Gary Oldman sono incredibili in ogni scena, a tal punto che la rappresentazione del resto dei personaggi risulta superflua e macchiettistica, oltre che non vera. Il film rimane un grande cult.
Dopo aver passato quasi trent’anni a girare videoclip musicali, Anton Corbijn decise di entrare nel cinema. Per fare ciò, ipotecò la sua casa per trovare i finanziamenti e girò Control, un capolavoro cupo e vitale su Ian Curtis, frontman della band post-punk Joy Division, per i quali Corbijn stesso girò il video del brano Atmosphere, diversi anni dopo la morte del giovane cantante.
Il peculiare stile vocale, le liriche profonde e la triste fine suicida contribuirono ad alimentare un’aura di buio attorno alla figura di Curtis, e questo film in bianco e nero ne mette in risalto anche i punti contrari. Da un altro punto di vista, 24 Hour Party People racconta la storia di Tony Wilson e della sua etichetta Factory Records, la quale praticamente creò l’odierno immaginario musicale di Manchester e racconta parzialmente la storia della band ma con un tono decisamente diverso a Control.
Un mese fa ci lasciava Brian Wilson, uno dei più grandi geni musicali della storia, nonché la mente dietro ai Beach Boys. Amore e pietà. Love and Mercy di Bill Pohlad racconta la turbolenta vita e la lotta contro la malattia mentale di Wilson, negli anni ’60 e negli anni ’80. La versione sessantina di Wilson è interpretata da Paul Dano, che fa un lavoro magistrale in una performance che viene troppo poco citata – come altri lavori di Dano – e che merita di essere vista e ricordata.
Uscito in Italia come Quando l’amore brucia l’anima, Walk the Line di James Mangold è la vita di Johnny Cash, attraverso due autobiografie dell’uomo in nero. La fervente ascesa nella scena country di Cash equivalse ad una discesa verso una spirale di droga che condizionò fortemente il rapporto con la moglie June, a sua volta musicista. Joaquin Phoenix e Reese Whiterspoon sono perfetti e la regia di Mangold è in linea con l’epoca che ci vuole raccontare.
Sono passata ormai sei anni da quando il regista John Singleton se n’è andato – Boyz n the Hood e Poetic Justice – e senza di lui, questo film sicuramente non esisterebbe. Straight Outta Compton prende il nome dall’album degli N.W.A. e racconta la brevissima vita del gruppo che ha lanciato il gangsta rap. La pellicola è diretta da F. Gary Gray, già regista del videoclip di It Was a Good Day di Ice Cube. Tutto è perfettamente al suo posto e funziona al 100% in questa grande opera.
Molto spesso non si considera Amadeus come un biopic, tantomeno come un biopic musicale, ma lo è. Certo, è prima di tutto un capolavoro, ed i capolavori non hanno bisogno di essere etichettati. Ma, comunque, questa straordinaria pellicola di Milos Forman segue le vicende sulla rivalità tra i due famosi compositori e lo fa essendo ricco e povero allo stesso tempo, grande e piccolo, lussuoso e lussurioso. E, si inventa un finale tutto suo. Capolavoro.
Io non sono qui è un esempio di sorprendente originalità in un mare tutto blu: questa stupenda pellicola di Todd Haynes è l’unico e vero film su Bob Dylan, senza che lui sia mai citato. Un poeta sotto accusa, un profeta del folk, un bambino afroamericano, un attore di Hollywood, una schiva rockstar ed un bandito del Far West. Dylan è tutto questo, senza esserlo. Dalla fotografia alle musiche fino alle performance – in particolare Cate Blanchett – l’opera è stupenda e capisce appieno lo spirito di Dylan.
Per correttezza, è giusto citare altri ottimi film musicali, come La storia di Glenn Miller, Rocketman su Elton John, The Doors, Ray e Shine. Allo stesso modo, bisogna specificare come sembri che il genere stia già diventando saturo e scontato, con esempi come i recenti One Love e Back to Black, ma come anche lo stesso A Complete Unknown e prima di questo Elvis ed il già citato Bohemian Rapsody.
Speriamo che qualcosa cambi nei prossimi tempi, e speriamo soprattutto che il genere diventi cinematografico anche in Italia, visto l’assenza di opere che non siano prodotti televisivi di scarsa qualità come Ma il cielo è sempre più blu, Io sono Mia, Fabrizio De André – Principe libero – nonostante la presenza di Luca Marinelli – ed i più recenti Sei nell’anima, Volare e Champagne.
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