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Il finale di Taxi Driver: salvezza o allucinazione?
La New York che racconta Taxi Driver è sporca, notturna e profondamente ostile. Un po’ come Travis Bickle, figura spezzata in cerca di senso.
La discesa nella sua follia, viene raccontata da Scorsese come un viaggio estremamente lento, ma allo stesso tempo, inevitabile. Colmo di frustrazione, alienazione, violenza. Tutto sembra il preambolo di un’esplosione.
Esplosione
Effettivamente, poi l’esplosione arriva davvero. Un massacro che sarebbe potuto diventare un attentato politico, ma che poi si trasforma, diventando azione “eroica”, che lo riabilita socialmente. Travis diventa un salvatore, un giovane eroe moderno. I giornali lo celebrano, i genitori di Iris lo ringraziano con una lettera e, persino Betsy, sembra pian piano riavvicinarsi a lui. Ma è proprio qui che il film diventa fortemente disturbante.
Il finale
Quel finale così ordinato, quasi patinato, stride con tutto quel che precede. È come se Scorsese alzasse un sopracciglio. Lo spettatore, che ha assistito a una lunga discesa negli inferi da parte di Travis, si trova in maniera improvvisa davanti ad un’apparente ascesa del protagonista. Ma tutto questo è reale? O è solo nella mente di Travis che forse è stato ucciso nella sparatoria?
Il montaggio diventa rapido, la musica torna ad essere suadente, lo specchietto retrovisore di Travis sembra notare qualcosa fuori campo, sono tutti segnali ambigui. Alcuni hanno letto l’ultima sequenza come un sogno premonitore, altri come una critica all’ipocrisia della società americana, che trasforma un gesto violento in simbolo di giustizia. Alcuni parlano addirittura di ironia e di sarcasmo morale.
Scorsese non offre risposte. E forse il punto è proprio questo. Taxi Driver è un film sull’ambiguità che non offre risposte semplici. È sempre sul confine tra normalità e follia, giustizia sociale e vendetta, tra realtà e delirio. Travis non cambia, non cresce. È lo stesso uomo che si allena davanti allo specchio e punta la pistola al proprio riflesso. Solo che ora viene applaudito e il consenso generale è dalla sua parte. Il vero orrore, forse, è che non è un sogno.
La scelta
Scorsese ci lascia davanti ad una scelta: dobbiamo decidere se Travis appartena al sacro o al profano. Travis, forse, si colloca al centro, come incarnazione vivente della contraddizione umana. La sua missione è estremamente violenta, ma anche guidata da un senso di giustizia, anche se fortemente distorto. Lo sguardo finale di Travis, inquieto e tagliente, ci fa capire che il conflitto è dentro di lui ed è ancora vivo. Continua a guidare in un mondo che non sente suo, ma dal quale non può fuggire.