Il capolavoro di Oscar Wilde ha visto una serie di trasposizioni ma quella di cui parleremo è la versione con Colin Firth e Ben Barnes e un po’ di differenze
Se pensiamo al capolavoro, o almeno all’opera più nota ia molti, di Oscar Wilde non possiamo non menzionare Il ritratto di Dorian Gray (titolo originale The Picture of Dorian Gray). In esso è rappresentato il credo che ha mosso la vita dell’autore irlandese fino alla sua punizione con il carcere e, infine, la sua morte povera, triste e solitaria.
Già perché Oscar Wilde aveva visto nella società britannica del suo tempo solo una finzione continua che aveva cercato di assecondare per godersi la vita (con il celebre atteggiamento da dandy) e i suoi piaceri. Dorian, in fondo, potrebbe essere considerato quasi una sotta di alter ego proprio dell’autore che, chissà, forse avrebbe voluto potuto lasciare il dolore e le brutture che invecchiano e logorano il corpo ad una sua immagine.
Nel romanzo, pubblicato nella forma più lunga nel 1891, l’autore descrive questo giovane ed elegante ragazzo biondo e bellissimo con capelli riccioluti e occhi azzurri mentre, nel film Dorian Gray, la fisicità di Ben Barnes (seppur parimenti bello e affascinante) si muove verso altri toni cromatici: capelli e occhi scuri ed incarnato chiaro, oltre a capelli decisamente lisci. Si potrebbe pensare che abbia voluto staccare dall’originale anche per anticipare che la proiezione non sarebbe stata fedele al racconto originale e, se questa fosse la ragione, potrebbe essere l’unica valida! Il regista Oliver Parker è certo che conosca bene la storia originale e quindi si deve vedere la sua creatura cinematografica come un’interpretazione e nulla di più.
Le differenze tra la versione letterale e quella su schermo sono molte: a parte l’aspetto estetico del protagonista va annoverata anche la figura di Basil Hallward (amico e pittore) che, affascinato dalla bellezza del giovane lo ritrae e gli fa dono del quadro. Dorian rimane affascinato dalla sua bellezza rappresentata (perché nota come il mondo lo percepisca) e fa un patto demoniaco vendendo la propria anima in cambio dell’eterna giovinezza.
Dopo aver incontrato la figura che davvero porterà alla deriva la propria anima, ovvero Lord Henry Wotton (nel film personificato da Colin Firth) , inizierà a provare gelosia per l’immagine rappresentata nel quadro sollecitato proprio dalle prospettive di lusso e seduzione dell’uomo e dalla constatazione che l’età sarebbe passata e che – presto – quella bellezza sarebbe svanita. Insomma, il puro Dorian si fa corrompere e cede.
Nel romanzo Dorian si innamora di un’attrice (Sybil Vane) dopo averla vista recitare teatro e pensa addirittura di sposarla mentre nel film abbiamo un Dorian che si invaghisce di Sybil, la circuisce, ha con lei una notte di passione ma – presto – viene sollecitato da Wotton verso altri piaceri fisici. Ignaro di una partenti che la ragazza non avrà il coraggio di dichiarare e che si toglierà la vita gettandosi nel fiume.
Insomma, un Dorian che si concede anche troppi piaceri ma che – nel film – è talmente compiaciuto del quadro che lo mostra nel salone mentre l’originale di Wilde presupponeva una relazione molto più profonda tra il ragazzo ed il quadro che, infatti, nasconde il quadro in soffitta.
Anche l’arco temporale tra film e romanzo è completamente distorto: i fatti del romanzo hanno un tempo più breve mentre nel film Dorian morirà a circa 70 anni (pur avendo mantenuto la sua immagine del dipinto originale). Nel film sempre il bellissimo protagonista s’innamorerà della figlia di Wotton (tale Emily Wotton personificata da Rebecca Hall).
Proprio Wotton cercherà di allontanare Dorian dalla figlia (che sembra una sorta di suffragetta inglese) e sarà proprio questa figura completamente inventata dal regista a redimere Dorian che distruggerà il quadro per salvare se stesso ma – soprattutto Emily dalle fiamme appiccate proprio dal padre.
Con questo gesto muore mentre la tela – lacerata da Dorian – ritorna alla sua immagine originale (libera dalla corruzione e dai vizi) come a voler indicare che l’anima del ragazzo è finalmente libera.
Il romanzo, invece, è meno romantico ma molto più forte perché è Dorian che decide di pugnalare il quadro provando disgusto per i propri peccati ma, così facendo, fa tornare bello il quadro ma lui muore avvizzito avendo rotto il patto demoniaco.
In entrambe le versioni, prima di compiere il gesto efferato finale, Dorian uccide Basil (nel film è Ben Chaplin) perché lo ritiene la causa della corruzione del quadro e della propria vita.
Io ricordo di aver apprezzato il film a livello visivo ma, ammetto, di aver provato un certo fastidio constatando che la storia di Wilde fosse stata talmente tanto distorta. Comunque vada resta un film molto gradevole che consiglio.
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