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Lars von Trier, dentro il regista del Chaos Reigns

Festeggiamo Lars von Trier, regista controverso e divisivo, autore di un cinema visionario che indaga le contraddizioni e la complessità dell’animo umano.

Lars von Trier compie oggi 69 anni e in tutto questo tempo non ha mai smesso di stupirci. Infatti, è uno dei pochi autori contemporanei capaci di suscitare meraviglia e repulsione al tempo stesso. È stato accusato di razzismo, misoginia, crudeltà, ma è anche stato definito geniale e profondo. Contraddizioni che si riflettono nei suoi film, legati da un filo conduttore unico che ha creato un universo riconoscibile e disturbante.

Gli inizi: il Dogma 95, Idioti

Negli anni ’90 von Trier fa subito una premessa: il suo sarà un cinema straniante. Lo dimostrano Europa, Le onde del destino e un manifesto: il Dogma 95. Scritto insieme a Thomas Vinterberg, il movimento vede un nuovo codice etico-estetico contro ogni convenzione: rifiuto degli artifici, verità nuda e una povertà stilistica.

In questa dimensione, Idioti si configura come emblema. Un gruppo di giovani intellettuali finge disabilità mentali per sovvertire il sistema e l’ipocrisia della “normalità”, alla ricerca del loro “idiota interiore”. Un film folle, che sfida le regole cinematografiche e morali.

Ma se ci pensiamo… cos’è la normalità? E perché alcuni temi ancora oggi sono proibiti? Lars von Trier, contro tutti, lo dichiara subito: per lui non esistono tabù. Una certezza che sarà, da qui in avanti, origine di molte tensioni.

La donna-sacrificio

Nel bene o nel male, von Trier ha fatto della figura femminile rappresentazione centrale delle sue storie. Più nel dettaglio, donne che incarnano il sacrificio. È in questo periodo che per il regista arrivano le accuse di sadismo, ma ci torneremo più avanti. Tuttavia, è innegabile la potenza simbolica di queste protagoniste.

In Le onde del destino, una donna devota si sacrifica per amore, arrivando a limiti umanamente impensabili. La fede è l’unico sostegno, ma quanto è sottile il confine tra devozione e follia?

Segue Dancer in the Dark, forse il suo film più straziante, che gli valse la Palma d’Oro al 53° Festival di Cannes. Una madre cieca sogna un mondo migliore per il figlio, vivendo la realtà come fosse un musical. Un ritratto della cattiveria degli esseri umani, in cui Selma, interpretata da una straordinaria Björk, diventa il simbolo di una generosità universale. Una sorta di Madre Natura ferita ma che mai rinnega la sua benevolenza.

Chiude Dogville. In una cittadina disegnata con il gesso arriva Grace, donna gentile che offre aiuto a tutti gli abitanti. Drasticamente, sarà proprio la benevolenza di Grace a diventare catalizzatore di sfruttamento e crudeltà da parte di tutta la comunità. La scenografia atipica diventa teatro di violenza e omertà, specchio dell’ipocrisia umana.

Il Chaos Reigns e la trilogia della depressione

Il dolore si fa narrazione con una trilogia potentissima. Von Trier, segnato dalla depressione, la traspone in tre film che trasudano malinconia e dolore esistenziale, temi incarnati dal contenuto quanto dalla forma. Indaga lì dove nessuno osa scrutare, tra lutto, fine e desiderio.

Il Chaos Reigns di Lars von Trier

Per il regista esiste una realtà affascinante quanto inquieta, un principio ordinatore che diverrà il cuore della sua poetica: il Chaos Reigns. Sussurrato da una volpe in Antichrist, è un pensiero che vede ogni aspetto della vita pervaso dall’instabilità, questa scardina ogni apparenza e rivela verità scomode. Tuttavia, da bravo pessimista, von Trier invita ad abbracciare il caos, perché nulla possiamo contro la natura e la fine delle cose.

Antichrist

Lei e Lui si ritirano in una baita per elaborare la morte del figlio, ma la natura inizia a mostrarsi viva e maligna. La realtà prende strane sembianze, e i due vivono un’esperienza surreale nei meandri dei loro traumi. La pellicola, dedicata ad Andrej Tarkovskij, ne condivide l’anima. La natura è un’entità viva, mistica e metafisica; il tempo è dilatato e contemplativo; la spiritualità è in ogni cosa – seppur quella di von Trier sia più personale che religiosa.

Melancholia

Il pianeta Melancholia minaccia la Terra, avanzando sempre più velocemente e due sorelle affrontano la fine in maniera opposta. Da un lato c’è Justine (Kirsten Dunst), donna affetta da una forte depressione, che vede nella fine la liberazione. D’altra parte, Claire (Charlotte Gainsbourg), che vive la catastrofe imminente con ansia e disperazione.

Lars von Trier usa la sci-fi per esplorare temi intimi, quali la fragilità umana e il dolore esistenziale. Il grande pianeta blu non è altro che la personificazione del dolore perpetuo che accompagna l’essere umano. Justine, già morta dentro, accoglie Melancholia come un ricongiungimento con la natura, immersa in una fotografia mozzafiato. Le radici nordiche del regista emergono con un messaggio tragico chiaro: non siamo nulla di fronte alla grandezza della natura e al ciclo del cosmo.

Nymphomaniac I e II

Con Nymphomaniac si chiude il cerchio. Lars von Trier riflette su desiderio e dipendenza, linfa e al tempo stesso veleno dell’anima. Ripercorriamo la vita di Joe, tra momenti di gioia e autodistruzione, riflettendo sulle relazioni interpersonali e la loro natura effimera. In sintesi, una parabola sulla solitudine che sembra volerci dire che tutto è inutile, in un mondo in cui anche l’amore più puro si rivela fallace.

The House That Jack Built: il testamento di un artista

Von Trier tira le somme con un film-saggio sulle sue riflessioni sul male e sull’arte. Jack è un ingegnere e serial killer con aspirazioni da artista, che costruisce una casa con i corpi delle vittime. Una storia chiaramente folle ma lucida. Un’indagine filosofica e artistica sulla morale, raccontata sotto forma di confessione allegorica del regista, di cui Jack sembra esserne l’alter ego. Probabilmente il suo film più autoriale, viste le numerose polemiche di cui è stato protagonista nel corso del tempo.

A fronte di ciò, ci chiediamo: fino a dove può spingersi l’uomo? Può l’arte giustificare il male e diventarne parte integrante?

Lars von Trier, un regista davanti alla macchina da presa

In conclusione, la domanda che ci poniamo è: fin dove può spingersi un autore per raccontare la verità? Senza dubbio la sua arte è estensione del suo essere, con tutte le conseguenze del caso…

Tra le accuse, le più discusse sono quelle di Björk sul set di Dancer in the Dark. Dopo una lite sul set, la cantautrice islandese denunciò abusi emotivi, dichiarando che per rendere veritiera la sua Selma, von Trier iniziò a essere sempre più duro con lei. Mentre Nicole Kidman descrisse Dogville come un’esperienza destabilizzante e intensa.
D’altro canto, Kirsten Dunst (anch’ella nata proprio oggi) e Charlotte Gainsbourg parlano di una profonda fiducia e ammirazione per il regista. Tuttavia, tutte le attrici hanno confermato l’estrema intensità emotiva vissuta durante il processo creativo. Detto ciò, risulta chiaro che il “metodo von Trier” scava nel profondo, alla ricerca della verità sul mistero della vita.

E guardando i suoi film, è chiaro: Lars von Trier è sempre davanti alla macchina da presa, anche se metaforicamente. La sua arte è affascinante quanto crudele, una ricerca costante che, nel bene o nel male, non lascia mai indifferenti.

 

 

 

Serenella Bozhanaj

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