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Lost in Translation e Her

Lost in Translation e Her, un addio tra i fotogrammi

Lost in Translation e Her dialogano a distanza di un amore finito, quello tra Sofia Coppola e Spike Jonze. Due film intimi e delicati che parlano da sé.

Due film, due registi e una storia d’amore ormai bruciata che continua a sopravvivere nei dialoghi sospesi e nelle immagini nostalgiche. Così Sofia Coppola con Lost in Translation e Spike Jonze con Her raccontano sé stessi e la loro storia. I due registi sembrano scriversi da lontano attraverso lettere aperte, che suonano come una confessione di chi si è amato e perduto. Tra solitudine e distanza, ci fanno comprendere come l’amore a volte non basta.

 

«The unexpected connections we make might not last, yet stay with us forever».

Lost in Translation e Her, biografia di una storia d’amore

La storia tra Sofia Coppola e Spike Jonze ha influenzato profondamente le loro vite. Non è un caso che con Lost in Translation e Her, i due sembrino riflettere sulla loro relazione. Infatti, tra i due film, sembra esserci una connessione particolare che vive di coincidenze, tra cui il Premio Oscar per la Miglior sceneggiatura originale.

Tra ferite, incomprensioni e solitudine, Coppola sembra affidare sé stessa a Charlotte, mentre Jonze si ritrae attraverso Theodore. Due personaggi che mai si incontreranno, ma che sembrano convivere e sfiorarsi nella stessa bolla intima.

Charlotte (Scarlett Johansson) ha vent’anni e si sente invisibile. È a Tokyo con un marito distratto ed è persa in una solitudine intraducibile. Incontra Bob, un attore smarrito, proprio come lei. Tra i due nasce un legame fragile, senza nome.

Theodore (Joaquin Phoenix) è solo, proprio come Charlotte. Scrive lettere d’amore per gli altri, tuttavia, non riesce a fare altrettanto per sé stesso. Instaura un rapporto con Samantha, un’intelligenza artificiale (coincidenza vuole che la voce sia proprio di Scarlett Johansson). Theodore se ne innamora, ma, seppur quest’amore sia sincero, non può durare nel tempo.

Lost in Translation e Her

Personaggi come alter ego

Charlotte e Theodore sono anime inquiete e sole, perse in un mondo che va troppo veloce. I due film sono uniti da un filo di gesti simili e richiami alla realtà, in cui i due registi proiettano le dinamiche irrisolte del loro rapporto.

Il marito di Charlotte è un fotografo indaffarato che la trascura. Ciò trova un’analogia con le dichiarazioni rilasciate dalla regista, infatti il dipinto di quest’uomo corrisponde proprio a quello di Spike Jonze nei primi anni della sua carriera. D’altro canto, in una scena, Theodore affronta una conversazione in un ristorante con l’ex moglie, che lo accusa di non saperla gestire. E sotto questo punto di vista, Her appare proprio come una confessione delle colpe del regista nei confronti di Sofia Coppola.

I sentimenti che uniscono Lost in Translation e Her sono la solitudine profonda e il dolore di un legame che, pur essendo forte, non può esistere nella realtà. Rimane impresso quel vuoto creato dalla certezza che seppure si è amato davvero, a volte l’amore non è sufficiente.

Lost in Translation e Her

Tokyo e Los Angeles: i luoghi dell’assenza

Sofia Coppola e Spike Jonze scelgono come scenari due città dell’incomunicabilità: Tokyo e Los Angeles. Queste non sono meri sfondi, ma proiezioni di un io tormentato. Sono luoghi con una forte affluenza, in cui però probabilmente nessuno s’incontra mai davvero.

La gente di Tokyo si perde tra luci al neon e un cielo sempre grigio, mentre Los Angeles si rarefà nella sua modernità. I due protagonisti si muovono costantemente cercando una connessione che però non raggiungono mai. Come anime erranti e spaesate, immerse in un silenzio che è tutto dell’anima.

Coppola e Jonze sembrano rispondersi per immagini. I due protagonisti condividono le stesse camere spoglie e osservano il panorama dalle vetrate. Le lunghe passeggiate tra la folla, il rifugiarsi nella musica, fissare il vuoto tra le lenzuola. Charlotte e Theodore condividono gli stessi momenti, seppur in due epoche e due città diverse. Infatti, l’atmosfera è la stessa. Ogni cosa diventa metafora di un sentimento intraducibile a parole: quello di un amore che purtroppo non riesce più a parlarsi.

Lost in Translation e Her

Lost in Translation e Her: un modo per dirsi addio

Lost in Translation e Her sono una storia d’amore raccontata da entrambi i punti di vista. Raccontano la bellezza di un legame, tra gioie e momenti luminosi, ma anche denso di fraintendimenti e parole non dette. Sono sentimenti tradotti in immagini, forse per dire ciò che non si è saputo dire nella realtà.

Sofia Coppola e Spike Jonze hanno saputo trasformare la loro storia d’amore, e in particolare la sofferenza e il lutto vissuto, in arte. Quasi come a salutarsi, a dirsi un addio sullo schermo. Resta l’amaro in bocca e al contempo una sorta di tenerezza e dolcezza, di quell’amore svanito per sempre nella vita reale, ma che continuerà per sempre ad esistere tra i fotogrammi, e nell’aria che si respira.

Lost in Translation e Her