L’ultimo Turno racconta la dedizione e la fatica di un’infermiera tra turni massacranti e un’emergenza che mette tutto in discussione.
Il film firmato da Petra Biondina Volpe è stato presentato in anteprima mondiale alla 75ª Berlinale nella sezione Special Gala.
Martha è un’infermiera esperta che si muove tra corridoi illuminati al neon e stanze di degenza che sembrano mondi sospesi.
Una notte come tante, o forse come nessun’altra, quella narrata ne L’ultimo turno.
Nel reparto di chirurgia, mentre la città fuori dorme, dentro l’ospedale si consuma un dramma silenzioso.
Tra la carenza di personale cronica, un’emergenza inattesa, un paziente in crisi.
Volpe utilizza un montaggio serrato e uno stile quasi documentaristico per restituire l’urgenza e l’affaticamento del reparto.
Ne emerge una regia che “vuole scuotere le coscienze” sulla condizione ospedaliera e il lavoro femminile.
Sottolineando anche l’inadeguata retribuzione e la fatica delle infermiere.
Il film è permeato da una performance di Leonie Benesch che ha già dimostrato profondità ne La sala professori. Ogni azione, dalla somministrazione di farmaci alla presa di fiale, è resa con realismo struggente.
Oltre al ritratto individuale, il film solleva interrogativi sulla crisi del sistema sanitario pubblico. Pone l’accento anche sul lavoro femminile e sulle gravi carenze di personale. L’impianto narrativo è quello di un thriller umano: tensione crescente, interazioni con pazienti vulnerabili e un incerto limite tra eroismo e crollo emotivo.
I primi commenti italiani dai forum di settore confermano la potenza emotiva del film.
Una trama che crescendo converge verso un climax drammatico, tra resistenza e liberazione personale.
La regia di Volpe calibra con efficacia il naturalismo e la tensione, portando Heldin (Eroina, il titolo originale) oltre la confezione di un medical drama.
L’ultimo turno è un racconto asciutto e potente.
Grazie alla direzione attenta di Petra Volpe e alla presenza carismatica di Leonie Benesch, riesce a coniugare impegno civile e intensità emotiva.
Rappresenta un atto di denuncia verso un sistema che pressa gli infermieri al limite.
Resta inoltre un tributo al valore, alla professionalità e alla resilienza delle donne che lavorano tra queste corsie.
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