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Margaret Atwood crea l’inferno in The Handmaid’s Tale

Margaret Atwood rappresenta un mondo trasformato in un incubo dove la donna diventa esclusivamente uno strumento riproduttivo e, come tale, è trattata…

Se una scrittrice visionaria e probabilmente preoccupata scrive di condizione femminile, di religione, di indottrinamento e di violenza ne fuoriesce un mondo distopico ma, in verità, neanche troppo. Questo è The Handmaid’s Tale, ovvero Il racconto dell’ancella.

La scrittrice è Margaret Atwood e scrive questa storia qualche anno fa: siamo nel 1985 e la Atwood pubblica questo romanzo che è molto più profondo di ciò che la trama voglia raccontare. La scrittrice è, infatti, uno degli esempi più premiati della scrittura di fantascienza e narrativa speculativa con all’attivo il maggior numero di premi. Questa, infatti, non ha mai nascosto il suo attivismo politico nei confronti delle cause femministe e la considerazione dell’importanza della politica che, però, vede sempre più alla deriva.

Proprio in conseguenza di questo degrado della politica, della sua visione e delle personalità che lo compongono sorge, probabilmente, in lei un malessere e si esprimerà proprio in narrazioni quali Il racconto dell’ancella.

Nel cast Elisabeth Moss (June Osborne, ora DiFred), Joseph Fiennes (Fred Waterford), Yvonne Strahovski (Lady Waterford), Alexis Biedel (Emily Malek)…

Proprio nel 2025 dovrebbe esserci l’uscita della sesta ed ultima stagione.Cosa cela e mostra Margaret Atwood nella sua storia?

La Atwood descrive un mondo dispotico dove il Mondo occidentale (il focus è sugli Stati Uniti d’America) è sormontato da catastrofi ambientali e inquinamento che hanno prodotto un livello altissimo di sterilità o di morti precoci tra i nascituri.

In questo contesto così provato la vita del popolo americano viene scombussolato da una presa di potere di una congregazione di estremisti religiosi ultraconservatori che, forti della presa emotiva costruita sulle difficoltà descritte prima, si insinuano fino a sostituire la democrazia con una autarchia autoritaria e dispotica.

Come ogni buona narrazione catastrofista c’è una prima divisione economica: in questo mondo la prima discrepante è determinata dal possedere o meno il denaro e, quindi, essere tra chi ottiene e chi vive da schiavo. Ma non è finita qui!

Proprio la figura femminile diventa il foglio su cui imprimere la maggiore pressione: le donne vengono classificate in base alla loro fertilità. La donne non più fertili o malate vengono inviate al confino: un luogo nel quale gli schiavi-inutili e i dissidenti finiscono i  loro giorni tra rifiuti tossici che li uccideranno lentamente e in agonia.

Chi resta? Diventa un’ancella e proprio una di queste è la protagonista della trama che si basa su un’evidente conoscenza delle dinamiche dittatoriali (molte dinamiche sociali sono simili alla vita di coloro che hanno dovuto vivere sotto un totalitarismo) dove la paura di essere scoperto regna e si oppone al tradimento per interesse.

Nessuno è al sicuro, non ci si può fidare ecc.. ma, persino qui, la protagonista (ribattezzata DiFred, perché di proprietà del comandante Fred) cerca di sopravvivere e di fingersi parte del sistema per ricongiungersi a sua figlia e fuggire. Eppure la donna cercherà di non dimenticare di essere, dinanzi tutto, June Osborne madre di Anna.

Un racconto strepitoso ed avvincente ed una serie TV altrettanto meritevole di lode che va, assolutamente, vista.

 

Ludovica Cassano

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