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M – Il figlio del secolo, un reportage dal set del secondo episodio
Dal 10 gennaio sono disponibili i primi due episodi di M – Il figlio del secolo, tratta dall’omonimo libro: sul set, due anni fa, noi c’eravamo.
A settembre avevamo recensito la serie in anteprima per voi dal Festival del Cinema di Venezia. Da ieri, dopo una lunga attesa, i primi due episodi della nuova serie Sky M – Il figlio del secolo sono disponibili sull’emittente. E noi ci teniamo a raccontarvi qualche aneddoto dal set.
Chi scrive ha preso parte alla serie in qualità di comparsa: sono comparsa visibilmente nella seconda puntata della serie. In una scena di quelle corali e complessamente orchestrate che tanto piacciono al regista Joe Wright: ambientata nel salone optical, quasi psichedelico, della casa di Margherita Sarfatti, la critica d’arte (ebrea) che creò il mito di Benito Mussolini e ne fu l’amante. Salone integralmente ricostruito negli studi di Cinecittà.
M – Il figlio del secolo: il racconto di una comparsa sul set
L’antefatto è una scena in cui Benito e Margherita fanno l’amore in modo animalesco, comme d’habitude, e lei lo invita a cena a casa sua: lui capirà presto che l’invito non è privato e che lei ha l’intenzione di ridicolizzarlo.
La sera, infatti, la casa di Margherita è gremita di ospiti: a tenere banco, da assoluto protagonista, è Filippo Tommaso Marinetti, che intrattiene gli ospiti, attorniato di femmine, recitando la sua celebre poesia futurista sulla guerra, Zang Tumb Tumb.
La scena inizia proprio dal primissimo piano di Stefano Cenci, l’attore teatrale che lo interpreta, mentre declama la poesia: una scena ripresa alcune decine di volte. Si, perché si sa che il regista è appassionato di montaggio (guardare la scena del ballo in Anna Karenina, la sua versione del 2012, per credere).
Dopo la camera si allarga e riprende anche l’ambiente circostante nel quale, su un divano a fantasia bianca e nera, fa capolino Mussolini, un po’ imbarazzato, a cercare di attaccare bottone con un misterioso ragazzino biondo dall’aria straniera che si scoprirà essere un violinista enfant prodige.
Poi se la prenderà con Margherita per averlo invitato alla presenza di altre persone e averlo lasciato solo a conversare con un ragazzo che non parla: infine dovrà accettare l’umiliazione di esibirsi dopo il ragazzo del divano, suonando il violino molto peggio di lui.

La coppia accanto a Mussolini/Luca Marinelli
Sul divano, insieme a Mussolini e al giovane violinista, c’è anche una coppia: un uomo distinto di mezza età seduto vicino ad una ragazza dall’aria maliziosa. Io sono la “lei” della coppia. Ho ricevuto precise istruzioni da Wright, che si è occupato personalmente di istruire molte delle comparse presenti in scena.
Il regista mi ha spiegato i nostri personaggi: il mio compagno di set doveva essere uno sugar daddy ricco e distinto e io una ragazza in cerca di un pollo da spennare. La scena prevedeva anche che lui mi mettesse una mano sulla coscia e che io gli colpissi la mano con uno schiaffo (scena che nel montato si intravvede mentre la camera torna su Marinetti che declama).
Poi mi ha chiesto di alzarmi un po’ malferma sulle gambe, come fossi ubriaca, e di brindare a Marinetti alla fine della sua recita, ma questo dettaglio non è visibile nel prodotto definitivo. Alla fine io e il mio sugar daddy abbiamo fatto amicizia, malgrado lo abbia ripetutamente schiaffeggiato.
Dieci ore
Tanto sono durate le riprese di quella singola scena, fatte da più angolazioni diverse, con più diversivi ed espedienti visivi differenti. Anche nel dirigere le riprese di M – Il figlio del secolo, Joe Wright non si è smentito nella sua fama di perfezionista e grande professionista.
Sigarette
Sul set ne sono state accese a centinaia, tutte finte: le “sigarette” da set hanno l’aspetto delle sigarette ma si spengono dopo uno-due minuti e non emettono fumo tossico (i drink alcolici, al contrario, erano verissimi).
Alla fine di ogni ciak, quindi, andavano sostituite a tutte le comparse.

Seta
I costumi di scena, specialmente quelli femminili, erano sontuosissimi. L’abito da sera indossato da Margherita Sarfatti in particolar modo: un capolavoro in velluto di seta devoré con colori bellissimi.
Anche gli abiti di molte comparse femminili, me inclusa, erano in pura seta: il mio con un motivo patchwork stile arlecchino, dalla linea dritta e dalla vita bassa in perfetto stile anni Venti. Avevo il terrore di sporcarlo: un pericolo sempre imminente, avendo un calice di vino in mano per ben 10 ore di riprese.
A capitanare il reparto costumi un professionista arcinoto come Massimo Cantini Parrini che, per quanto riguardava i costumi delle comparse, era colui che dava il placet finale. Prima di lui, un esercito di collaboratrici e collaboratori scartabellavano tra stand e valigie carichi di indumenti vintage dell’epoca o artigianali ricostruiti ad hoc, accessori, calze e scarpe alla ricerca del match perfetto.

Smokey eye. E parrucche
Tutte le donne presenti in scena, inclusa la sottoscritta e, ovviamente, Margherita Sarfatti/Barbara Chichiarelli, indossavano bellissime parrucche e un trucco pesante con smokey eye nero in perfetto stile vamp di inizi Novecento e labbra a cuore alla Mae West e alla Louise Brooks. Ad alcune, me inclusa, sono state depilate le sopracciglia per renderle più fini, secondo i dettami dell’epoca. Tra le ispirazioni iconografiche preferite, come è possibile vedere in foto, ci sono stati i quadri di Tamara De Lempicka.
Vale la pena spendere qualche parola per il fantastico hair & make up designer di questa serie, un autentico mostro sacro tra le maestranze: Aldo Simonetti, già responsabile di trucco e capelli di film come Moulin Rouge e Gangs of New York e collaboratore abituale di Paolo Sorrentino. Un grande professionista simpatico, gentile e molto paziente.


Joe Wright
Per chi non lo conoscesse il regista, Joe Wright ha diretto film come Espiazione, Orgoglio e pregiudizio e Anna Karenina, tutti interpretati da Keira Knightley. Con un simile curriculum, ci si aspetterebbe un professionista altezzoso e sulle sue: esattamente l’opposto di Wright.
Umanamente è un uomo disponibile, alla mano, simpaticissimo e molto ironico. Il fatto che sulla sua telecamera ci fosse attaccato un adesivo con la dicitura “This camera kills fascists” (una citazione della scritta sulla chitarra del mitico Woody Guthrie) me lo ha fatto amare ancora di più.
Professionalmente Wright è un grande professionista, la cui cifra stilistica e il cui stile dinamico è ben visibile nella serie finita.
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