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Simbologia dei gatti nel cinema

Il genere dell’horror, ed affini, è costellato da simboli fondamentali e ricorrenti, ma l’importanza dei gatti è seconda a pochi altri.

I gatti sono degli animali appartenenti alla famiglia dei felidi, e rappresenta attualmente il felino più numeroso e vasto del mondo, nonchè una delle specie di organismi invasive – alieni all’habitat in cui si trovano – più dannose che ci siano, in una lista stilata dalla IUCN – lista in cui, però, non appare l’uomo, ovvero l’essere più dannoso. Questi dati ci aiutano già a comprendere il ruolo di questi animali nel cinema, e soprattutto in quello di genere.

In una narrativa che è partita già agli albori del cinema stessa – oltre a due esperimenti del 1894, The Little Girl and Her Cat del 1899 dei fratelli Lumière – i gatti hanno solcato un bivio importante all’interno del cinema e delle arti audiovisive, diventando uno degli animali più usati, nonchè spesso utilizzato come simbolico di un qualcosa oltre alla storia dell’opera e, per questo, soggetto a grande utilizzo soprattutto nel genere horror.

I gatti nell’horror

Il primo importante uso di un gatto in un film, risale sicuramente al 1942, anno di uscita de Il bacio della pantera, pellicola dell’altrettanto influente Jacques Tourneur. Un horror sovvranaturale a tinte noir, la cui trama gira in realtà attorno ad una pantera – come dal titolo – che viene oscurata dalla sequenza più importante, ovvero quella del primo – così considerato – jumpscare della storia del cinema, in cui veniamo ingannati da un suono simile a quello di un gatto.

Moltissimi altri film hanno piazzato gatti all’interno delle loro storie: in Hocus Pocus, nel capolavoro di Hausu, nel film quasi completamente dedicato Pet Sematary. Ancora, di una grande importanza a livello visivo ed ambientativo nei fondamentali Alien e l’importante opera Universal Radiazioni BX, ed ancora in cult come Re-Animator, fino ai giorni nostri con A Quiet Place: Giorno uno e A Girl Walks Home Alone at Night.

Morte e rinascita

I gatti, quindi, sono spesso usati come mezzi per rappresentare un sottotesto che, si nasconde dalla classica superficie, ma che giace sotto ad essa. Classificati come teneri animali, ma che possono essere al contempo creature estremamente enigmatiche, rendendole quindi dal tono magico e, di conseguenza, creature temute dai più.

Questi animali hanno rappresentato, nel cinema di genere, anche l’aspetto più astuto, geniale e scaltro con la malvagità pure, questo non solo nelle produzioni dell’orrore, ma anche oltre ad esse, associando al loro padrone caratteristiche tipicamente cattive. Don Vito Corleone ne accarezza uno nella scena iniziale de Il padrino, mentre diventa anche ricorrente nei film di James Bond e, poi, in quelli di Austin Powers.

Oltre all’orrore

Appunto, i gatti sono creature talmente affascinanti che, anche al cinema, hanno sforato il loro tipico campo di gioco, finendo in generi e tipi di cinema ben diversi e lontani da quello horror. Seppur sempre principalmente legati ad ambientazioni non proprio comuni, i gatti si sono fatti strada anche oltre a franchise fantasy/fantascientifici come quello di Harry Potter o quello molto sottovalutato di Men in Black – soprattutto del primo film.

Non si può non pensare al ventesimo classico d’animazione Disney Gli aristogatti – reso ancora più popolare da noi grazie al doppiaggio – ed al più recente Flow di Gints Zilbalodis, ma anche in opere cult, in cui, la loro presenza, mangia la storia del film stesso: partendo da Colazione da Tiffany, per il capolavoro di Robert Altman Il lungo addio, fino a tempi più recenti con Ti presento i miei e A proposito di Davis.

La fattoria degli animali

Insomma, si capisce evidentemente che i gatti non sono animali così semplici come si può immaginare, ancora di più se con le infinite potenzialità possibili grazie alla settima arte, che può trasformarli qualsiasi cosa e conferirgli qualsiasi tipo di valore, attraverso un’adeguata narrazione. Ma questo, non è un fatto che riguarda unicamente i gatti.

Sì, perchè il cinema si è sempre occupato di rappresentare ciò che non è in grado di poterlo fare da sè, ciò che non ha un posto e che rimane defilato. Nell’immensa fattoria di animali che popolano la cinematografia mondiale, basta pensare al grande numero di storie con protagonisti conigli, cani, topi, e così via.

Lorenzo Maulicino

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