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Tom Hardy, The Bikeriders e quel mito delle moto

The Bikeriders narra le vicende di un gruppo di centauri che, negli anni ’60, diventano una comunità e Tom Hardy mostra la parabola di questo modo di vivere.

Sono gli anni ’60, descrive la fondazione e l’ascesa del gruppo dei Vandals del Midwest. Si tratta di un gruppo di motociclisti (i The Bikeriders, per l’appunto) e il loro stile di vita fatto di eccessi e di rispetto. un clan più che una comitiva di appassionati che ha segnato un’epoca in USA.

Ispirato in modo abbastanza puntuale al gruppo degli Outland MC di Chicago (questo il nome originale) e mostra il potere crescente di questo gruppo di emarginati locali che diventa – pian piano – un sindacato dalla natura alquanto criminale.

Nel cast troviamo il fondatore ( e leader) Tom Hardy che interpreta Johnny osannato e seguito da un giovane e talentoso ( per gli standard del gruppo ) Benny che ha le fattezze del magnetico Austin Butler.

E’ una storia fatta di uomini che non hanno nulla di più delle loro moto che simboleggia la possibilità di evadere dalla costrittiva vita della città e della povertà. Uomini reduci dalla guerra in Vietnam, dalla violenza gratuita e distrutti emozionalmente.

Tom Hardy, nella sua recitazione ormai collaudata, rappresenta perfettamente la disfatta dell’uomo medio che è rozzo per necessità al punto da dover sacrificare sempre un po’ di emotività.

Tom Hardy

Tom Hardy ha trovato la sua dimensione recitativa

Hardy ho trovato, ormai da tempo, la sua dimensione davanti l’obbiettivo. Già se si pensa alla perfetta interpretazione offerta in Peaky Blinders (dove vestiva i panni di Alfie Solomons) oppure nella sua mirabile performance in Taboo (dove è James K. Delaney) ecc.

In tutti questi personaggi ciò che appare chiaro è l’uso di una tecnica recitativa volta alla sottrazione e che risulta potentissima nella sua umanizzazione. Tom Hardy punta all’uomo rozzo, forse anche per la sua prestanza fisica, che però risulta anche piacente perché nasconde una nota dolce e profonda.

Anche qui il meccanismo si ripete anche se l’oggetto delle attenzioni di Johnny è il suo club e le moto. I Vandals prima di qualsiasi cosa anche della propria vita personale. Un uomo che cerca quel riscatto sociale in un contesto ancora martoriato dalle notizie di guerra e da coloro che ritornano ma che non saranno più gli stessi.

In questo contesto un giornalista intervista la donna di uno di loro e parte una narrazione fatta di contraddizioni e di lealtà al gruppo prima di ogni cosa. Il regista Jeff Nichols cerca di congelare un tempo perduto della storia americana e lo fa attraverso una pellicola che è un vero e proprio inno ad un tempo ed una generazione perduta.

Il regista, anche per costruire i vari personaggi tra i quali quello di Tom Hardy, si è ispirato al foto-reportage di Danny Loyd che, negli ani ’60, immortala un’epoca destinata ad esaurirsi ed a trascinarsi un carico di nostalgia. Si tratta, però, di un film ispirato poiché i protagonisti nascono proprio dall’invenzione del regista.