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Vent’anni dopo: Il signore degli anelli, una saga sempre attuale
Il signore degli anelli è la trilogia che ha contribuito a far conoscere nel mondo il regista neozelandese Peter Jackson e a rinverdire il mito di Tolkien.
“Il mio tesssoro”: questa frase, pronunciata dalla sibilante voce dell’inquietante Gollum nella saga de Il signore degli anelli la ricordiamo tutti. E tutti ci riconosciamo qualcosa di profondamente umano: la smania del potere.
Perché è di questo, dell’irresistibile attrazione che esercita il potere su di noi, che parla la geniale saga fantasy creata da J.R.R. Tolkien negli anni Quaranta.
Il signore degli anelli, una lunga gestazione
Una saga che l’autore ci ha messo ben 12 anni a scrivere (dal 1937 al ’49) e, anche terminata la stesura, ben 5 anni per pubblicare. Una creazione monstre, il romanzo di tutta una vita, nel quale sono condensate la cultura, le fantasticherie e le riflessioni esistenziale dell’uomo Tolkien.
I film che da questa saga sono stati tratti – La compagnia dell’anello, Le due torri, Il ritorno del re – hanno avuto, allo stesso modo dei libri, una gestazione particolarmente lunga.
L’iter produttivo della trilogia cinematografica è durata ben 8 anni, a partire dal 1995, e ha richiesto un esborso complessivo di 281 milioni di dollari.
Le riprese in contemporanea dei tre film, complessivamente, sono durate oltre un anno: per l’esattezza, ben 438 giorni, e si sono svolte in più di 150 location differenti. Facendo della trilogia de Il signore degli anelli uno dei progetti più ambiziosi nella storia del cinema.
In origine a produrre i film, che in origine avrebbero dovuto essere due, avrebbe dovuto essere Miramax, ma poi la palla passò alla New Line Cinema e i film divennero 3, per rispettare la tripartizione dell’opera originale.
Per girare la trilogia sono stati impiegati 1828 km di pellicola, che dopo il montaggio hanno prodotto 683 minuti (11 ore e 23 minuti) di film (le versioni estese, ndr).
Il set, tra incidenti e curiosità
Grandi set, grandi rischi: il set della trilogia de Il signore degli anelli è stato costellato di incidenti.Girando una scena del secondo film, Le due torri, Viggo Mortensen si fratturò gli alluci di entrambi i piedi prendendo a calci alcuni elmi. La scena è visibile proprio all’inizio del film. Jackson, ovviamente, decise di conservare l’urlo reale che l’attore emise per il dolore.
Allo stesso modo, anche Orlando Bloom, interprete dell’elfo Legolas, si era rotto alcune costole in seguito a una brutta caduta da cavallo sul set della trilogia.
La maggior parte degli interpreti della trilogia conclusasi nel 203 è ancora viva: fanno eccezione Saruman Christopher Lee, morto il 7 giugno del 2015, e Ian Holm alias Bilbo Baggings, scomparso all’età di 89 anni il 19 giugno del 2020.
A loro si è aggiunto di recente Bernard Hill (Re Theoden), morto appena tre settimane fa lo scorso 5 maggio. Mentre Ian MacKellen, il mago Gandalf nella saga, a 85 anni pare godere di ottima salute.
Il signore degli anelli: le impressioni dopo 20 anni
Anche 20 anni dopo, la saga de Il signore degli anelli sembra essere invecchiata dignitosamente. Solo alcuni effetti speciali, all’epoca avanguardistici, a cura di Weta Workshop, rivelano alcuni limiti legati alla tecnologia più arretrata dell’epoca.
Oggi, come ha ricordato anche Andy Serkis in occasione dell’annuncio di due futuri film ispirati alla saga, il motion capture che in passato gli ha permesso di dare vita a Smeagol/Gollum ha fatto passi da gigante. Tra le altre cose, ora è possibile farlo anche nelle riprese esterne.
Lo dimostra anche un film più recente legato all’universo de Il signore degli anelli, Lo Hobbit – La desolazione di Smaug (2013), nel quale si può ammirare un altro bellissimo esempio di motion capture: quello che consente all’eccellente Benedict Cumberbatch di dare vita al dragone Smaug.
Perché, quindi, guardare ancora la saga a distanza di 20 anni?
Ci sono diverse ragioni per le quali, anche a distanza di un ventennio, i film della saga sono degni di una visione, magari in binge watching per amplificare l’effetto immersivo.
La prima è l’intreccio universale e complessissimo creato da Tolkien che, come tutte le opere di genio, risulta sempre attuale e leggibile in moltissime chiavi diverse: storia – e film – sul potere, sì, ma anche sull’importanza dell’unione e della cooperazione tra popoli, sull’impatto ambientale, sulla disumanizzazione della tecnologia. E, in fondo, un film sulla dimensione umana tout-court.
Un’altra ragione per farlo è l’ottimo cast, composto di attori che per la maggior parte erano già noti al pubblico ma che con questa trilogia hanno trovato la fama internazionale: tra gli altri Viggo Mortensen, interprete d’esperienza che solo 2-3 dopo l’ultimo film de Il signore degli anelli sarebbe diventato l’attore feticcio di David Cronenberg.
Ricordiamo Liv Tyler, che in questo film ha trovato l’unico successo internazionale dopo il fulminante esordio in Io ballo da sola di Bertolucci, nei panni della principessa degli elfi Arwen. Ricordiamo “Galadriel” Cate Blanchett che all’epoca era già una stella, reduce dai successi di Elizabeth (1998), Il talento di Mr. Ripley (1999) e The Gift (2000), e che nel 2004 avrebbe girato The Aviator di Scorsese e vinto il suo primo Premio Oscar (come Attrice non protagonista nel 2005, ndr).
Ricordiamo, infine, Hugo Weaving nei panni del re degli elfi Elrond, che nel 1999 era diventato famoso a livello internazionale che aver preso parte a uno dei film più rivoluzionari della storia del cinema contemponeaneo, Matrix, nel quale interpretava l’agente Smith. E alle spalle aveva l’ottima interpretazione della drag queen Felicia in Priscilla, la regina del deserto (1994).
L’ultimo ma non meno importante motivo per riscoprire la saga è, a nostro avviso, l’immortale colonna sonora del celebre compositore Howard Shore. Autore di un commento musicale capace di variare dalla delicatezza dei momenti idilliaci, come le scene ambientate nella Contea, alla violenza dirompente delle scene di battaglia tra gli eserciti di Mordor e di Gondor.