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Le interviste: Eric Paterniani, il rapporto tra cinema e teatro
In esclusiva, Almanacco Cinema ha intervistato Eric Paterniani, regista dello spettacolo che fa rivivere nei teatri italiani il mitico musical di Broadway RENT.
Il 25 gennaio 1996 debuttò nell’Off Broadway il musical Rent, di Jonathan Larson, compositore e drammaturgo squattrinato, trasferitosi in un appartamento nei sobborghi di Manhattan con il sogno (comune a tanti giovani) di sfondare a Broadway.
Ebbene… Rent realizzò finalmente il suo sogno (anche se Larson morì appena poche ore prima di vederne il debutto): lo spettacolo fu subito un successo, tanto che ogni replica era sold out e ad aprile lo spettacolo venne spostato a Broadway, dove rimase in scena continuativamente fino al 7 settembre 2008. Fu un musical a dir poco rivoluzionario per la sua epoca, che dipinge un quadro della Gen X, e tratta con delicatezza, verità e naturalezza argomenti difficili come l’abuso di droga, la malattia e l’omosessualità.
Qui in Italia Rent giunse nei teatri soltanto nel 2000, prodotto da Nicoletta Mantovani e diretto da Fabrizio Angelini, con la canzoni tradotte in italiano e un cast di giovanissimi protagonisti emergenti; in seguito, diversi altri tentativi di messa in scena sono stati fatti da compagnie italiane, tra i quali uno decisamente peculiare che ha voluto “tradurre” Rent in napoletano: la regia di Enrico Maria Lamanna, con la supervisione di uno degli interpreti originali del musical (Anthony Rapp, peraltro amico fraterno di Larson), ha creato una New York-Napoli con i drammi che vive quotidianamente, la sua bellezza, la rabbia, ma allo stesso tempo l’amore, perché Rent “deve vivere in napoletano, vivere nei nostri vicoli, nei nostri problemi, nella nostra invivibilità”.
Come moltissimi musical di successo (quest’anno la prova è stato Wicked), Rent è stato trasposto al cinema: nel 2005 debutta, infatti, su grande schermo l’adattamento cinematografico firmato da Chris Columbus e vincitore del Premio Pulitzer e di diversi Tony Award.
La cosa interessante è che, nel film, tutti i membri del cast originale di Broadway, eccetto due, hanno ripreso il loro ruolo anche in questa versione, perché fu volontà del regista dare al cast originale la prima opzione sui ruoli (tra questi, appunto, è presente anche Anthony Rapp, interprete del ruolo di Mark Cohen).
Ovviamente ci sono delle differenze, dovute probabilmente anche al fatto di rendere la storia più fruibile anche ai non esperti (e non amanti) del genere musical-theatre, e dunque nel film si è deciso, ad esempio, di tramutare molti brani in dialoghi, e anche i tempi cambiano: mentre nello spettacolo teatrale tutto avviene fondamentalmente in un’unica notte, quella della Vigilia di Natale, nella versione cinematografica le azioni dei protagonisti abbracciano un intervallo di tempo di diversi giorni.
Stranamente, al contrario del musical il film non ha avuto grande successo, lasciando pensare che un “matrimonio” fra due generi tanto distanti non fosse, forse, realmente possibile. Cosa che, fortunatamente, è stata successivamente smentita da altri film di maggior impatto e successo.
Oggi, dopo qualche anno in cui Rent mancava dai palcoscenici italiani, una piccola compagnia decide di rispolverare il copione di Larson e riportarlo in scena a Roma, con nuovi interpreti e una nuova (si prospetta) vitalità.
Noi di Almanacco abbiamo intervistato il giovane regista dello spettacolo, Eric Paterniani, attore e sceneggiatore che vanta esperienze in entrambi i “mondi”: quello cinematografico e quello teatrale. Abbiamo cercato di approfondire con lui proprio questa doppia realtà, chiedendogli quale sia – a suo parere – il destino della cinematografia del musical.
L’intervista ad Eric Paterniani
RENT racconta l’essere giovani a New York, nella città che non dorme mai. La Grande Mela è stata anche una tappa nella tua vita e nel tuo percorso attoriale. Come hai deciso di portare NY sul palcoscenico?
“In RENT c’è una battuta che dice: ‘La paura è il mio pane quotidiano, sono di New York’. Penso sia una frase che descriva molto bene questa città, e ve lo dice chi prendeva la metro per tornare nel suo appartamentino a Brooklyn, nel cuore della notte, dopo una lunga giornata di lavoro e spettacoli. L’ensemble del nostro musical ci e vi catapulterá in una città insidiosa con un imprevisto ad attenderci dietro ogni angolo, in un luogo abitato da un mix culturale unico al mondo. Ma è proprio l’imprevedibilità che rende vivere in questa città un’esperienza davvero stimolante”.
New York e Roma… due città così distanti. Eppure gli Studios di Cinecittà sono un po’ come una Hollywood italiana per tanti giovani che desiderano fare cinema. Cosa ne pensi?
“Non posso negare che sia stato quello che mi ha spinto a trasferirmi in questa città così piena di opportunità. Ma, se posso fare una battuta: sono venuto per il cinema, ma sono rimasto per il teatro”.
Musical e cinema, almeno fino a poco tempo fa, in Italia sembravano due mondi distinti. Chi faceva teatro non faceva cinema, un attore non doveva necessariamente saper anche ballare o cantare. Ma i grandi divi americani, come Hugh Jackman o Anne Hathaway (Premio Oscar per I miserabili) ci dimostrano che l’attore è un performer a 360 gradi, e che la verità di un attore può essere la stessa, su un palcoscenico come di fronte a una macchina da presa. Tuttavia qui ancora pecchiamo del cosiddetto “over-acting”…
“È un po’ lo stigma del mondo del musical venire additato come “finto” o “esagerato”. Anche se, per certi show, l’over-acting è una caratteristica necessaria, esistono alcuni spettacoli che richiedono una maggiore veritá, e quando le parole non bastano e i personaggi cominciano cantare, beh… non ci fanno poi tanto storcere il naso”.
Tanto spesso nei grandi musical vengono presi nomi del panorama della fiction italiana che, come si dice in gergo, “fanno botteghino”. Cosa pensi a riguardo?
“Penso che sia una strategia di vendita necessaria soprattutto nel nostro Paese, in un contesto in cui, fino a poco tempo fa, il musical era solo un genere di nicchia. Per fortuna, sembra che ci sia una nuova ventata di interesse, grazie anche a musical internazionali, che stanno arrivando per la prima volta in Italia”.
Torniamo al tuo Rent. I protagonisti sono ragazzi degli anni 90. Ma oggi quei ragazzi non ci sono più… come sono i tuoi protagonisti, e che cosa vuoi raccontare? Ti ispiri più al film o allo show di Broadway?
“Non posso negare che il dvd consumato del film di RENT sia un prezioso cimelio nella mia libreria. Nonostante questo, una volta deciso di affrontare questo spettacolo, ho preferito non essere influenzato ulteriormente dal film ed attenermi alla meticolosa descrizione nel libretto originale di Jonathan Larson. La mia storia parla un po’ delle dinamiche all’interno della nostra compagnia Romeway: siamo anche noi attori squattrinati che sopravvivono per pagarsi l’affitto ogni mese ma, nonostante questo, investiamo il nostro tempo e le nostre energie per creare qualcosa di bello per gli altri, tra amori e litigi”.
Mirko Basile ci presenta un Mark molto sensibile, mentre Giovanni Alaimo un sarcastico e afflitto Roger. Irene Egidi e Tiziana De Amicis nei panni di Joanne e Maureen passano dall’essere un duo comico ad uno spaccato delle difficoltà di coppia. Jacopo Bargnesi Hassan è un giovanissimo attore che dopo questa sua genuina interpretazione di Angel sono certo farà molta strada, la voce di Andrea Stocchino nei panni di Collins vi scioglierà il cuore. Maria Vittoria Piconi interpreta una Mimí dolce ma struggente. Io interpreto il ruolo minore del materialistico Benny ma… lascio a voi ogni giudizio”.