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Frauke Finsterwalder, l'intervista su Almanacco Cinema

Le interviste: Frauke Finsterwalder

La scorsa settimana è uscito al cinema un film tedesco, firmato da una giovane regista tedesca, Frauke Finsterwalder, dal titolo Io e Sissi.

In questa particolare rilettura, il punto di vista della storia non è quello dell’Imperatrice d’Austria bensì quello della Contessa Irma (Sandra Hüller, che tanto ha fatto parlare di sé lo scorso anno per i ruoli in Anatomia di una caduta e La zona d’interesse), una dama di compagnia chiamata a raggiungere Elisabetta (Susanne Wolff) in Grecia, in una comune aristocratica composta da sole donne, un luogo apparentemente sereno e distante dai problemi e dagli intrighi della fredda Corte austro-ungarica.

Qui Irma rimane stregata dalla  mentalità anticonvenzionale di Sissi, che vuole essere ritratta stravagante e manipolatrice come tante principesse moderne, potenti ed annoiate.

Finsterwalder, una regista fuori dagli schemi

E anticonvenzionale non è soltanto la Principessa Sissi ma anche la giovane regista del film, Frauke Finsterwalder, ai primi passi nella sua carriera.

Prima di iniziare a lavorare come regista, Finsterwalder ha iniziato la sua esperienza nel mondo dell’arte in qualità di assistente alla regia per il teatro Volksbühne di Berlino e poi al teatro Maxim Gorki. In seguito, ha lavorato come redattrice per il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, prima di tornare a studiare regia di film documentari presso l’Università di Televisione e Film di Monaco di Baviera. Nel 2005 Finsterwalder ha, finalmente, diretto il suo primo cortometraggio, 0.003 km.

Noi di Almanacco cinema abbiamo avuto occasione di fare quattro chiacchiere con Frauke e di parlare con lei di cinema e del suo ultimo film.

Frauke Finsterwalder, l’intervista

È dura per una giovane donna, in Germania, cercare di ritagliarsi un ruolo da regista nello star system?

“Sinceramente, spero che le cose siano cambiate un po’ da quando ho realizzato il mio primo lungometraggio, 11 anni fa.

Allora è stato incredibilmente difficile ottenere finanziamenti per il mio film, soprattutto perché si trattava di un film allo stesso tempo molto politico, divertente e crudele. Ci si aspettava che le registe donne si attenessero a film per donne, perlopiù storie d’amore e drammi familiari, e che non potessero avere un’opinione o essere in qualche modo sofisticate.

Così, quando finalmente ho realizzato il film, erano molte le teorie sul perché l’avessi fatto. Quando uscì ed ebbe successo, ovviamente la gente disse che non era stato grazie al mio talento, ma a quello del mio co-sceneggiatore, maschio. Ai festival, sul tappeto rosso, i giornalisti pensavano che i miei produttori uomini fossero i registi e che io fossi la ragazza incaricata ai capelli e al trucco.

Sono state molte le umiliazioni. Oggi abbiamo una varietà di registe che realizzano tutti i tipi di film. Quando si guarda ai budget, ottengono comunque meno soldi per realizzarli, ma almeno li portano a termine. Penso che non tutto sia ancora alla pari con gli uomini, ma le donne oggi possono avere ottime possibilità, se sapranno essere ostinate (come molte di noi)”.

Che cosa significa esattamente per te essere una regista?

“Dirigere, per me, significa principalmente innamorarsi della storia che sto realizzando e poi lavorare con un team di persone incredibilmente talentuose, per guidarle nel raccontare la mia storia nel modo più bello, profondo e cinematografico.

Significa aiutare e incoraggiare tutti loro, attori, dipartimento artistico, costumi, macchina da presa, a crescere anche oltre a quello che pensavano di poter fare.

E, in qualità di regista donna, significa anche garantire che tutti possano sentirsi al sicuro sul set”.

Come donna, pensi che questo lavoro possa avere un ruolo e un’importanza significativi anche per la battaglia delle donne in materia di diritti, opportunità e inclusione?

“Decisamente. Una cosa fondamentale, per me, è proprio scegliere storie per i miei film che siano rilevanti per l’ispirazione delle donne.

Ma, come datore di lavoro, ho anche la responsabilità di assumere donne sul set, di incoraggiarle a superare sé stesse e, come ho detto, di assicurarmi che tutti si sentano al sicuro sul mio set. Sono molto coinvolta in questo processo, che penso che la maggior parte dei registi uomini considererebbe una perdita di tempo e non invece una parte integrante del proprio lavoro.

Venendo dalla mia esperienza come donna sul set prima che come regista, so quanto fossero spiacevoli le cose per noi. Non voglio che le cose che ho dovuto affrontare vengano vissute ora dalle mie colleghe.

Le cose sono destinate a cambiare e io faccio parte di questo processo di cambiamento”.

Parliamo un attimo di questo tuo ultimo film “Sisi & Ich”: l’Imperatrice Sissi è una vera icona nel mondo, molti registi hanno girato film sulla sua storia. Allora perché hai scelto anche tu di parlare di lei e in che modo la tua storia/punto di vista è diverso da quello degli altri cineasti?

“A essere sincera, Sissi non mi interessava molto: si è già detto così tanto di lei! Ero completamente concentrata sulla storia di un’amicizia tra due donne vista dal punto di vista di una di loro, la dama di compagnia di Sissi, interpretata da Sandra Hüller.

Volevo esplorare cosa succede quando ti innamori del tuo capo, che in questo caso sembra essere la più grande pop star del suo tempo. A cosa succede quando sei in balia di qualcuno di tanto affascinante, come lo è Sissi nel mio film, ritratto di Susanne Wolff: bello, divertente, gentile e crudele allo stesso tempo.

Quando sei sedotto e portato a diventare qualcun altro, in questo caso nel bene e nel male! E come uscirne”.

Frauke, tu sei una regista e anche una sceneggiatrice. Due lavori e due modi diversi di raccontare una storia. Due linguaggi diversi, insomma. Pensi di aver trovato il tuo modo di esprimerti? Oppure stai ancora cercando la tua via?

“Curiosamente, non ho mai diretto un film scritto da qualcun altro. Scrivo sempre le sceneggiature dei miei film insieme a un coautore. E scrivo sicuramente come scrive un regista. Ovvero, durante il processo ho già tutto in mente. La visione. La messa in scena. I costumi. Il setting. Il suono. La musica.

E cerco di scegliere gli attori prima di finire la sceneggiatura, perché mi piace scrivere appositamente per loro e ho bisogno di esplorare i personaggi avendo già bene in mente il cast. Quindi per me scrivere e dirigere è, in realtà, lo stesso lavoro”.

Un’ultima domanda rubata. Parlando di nuovi progetti: cosa possiamo aspettarci da te nel prossimo futuro?

“Attualmente sto lavorando all’adattamento di un romanzo appena uscito anche in Italia. Si chiama Eurotrash, di Christian Kracht. Il film sarà un road movie che coinvolgerà un figlio e la sua mamma alcolizzata e demente. La pre-produzione inizierà il prossimo inverno.