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Crisi del cinema italiano: caso Giuli VS Germano

Nella recente polemica Elio Germano contro il Ministro della cultura Giuli, Pierfrancesco Favino prova a fare da pacere e propone un incontro al ministero.

La situazione lavorativa e produttiva del cinema italiano è in crisi. Questo è innegabile. Negli ultimi anni si è registrata una crescente incertezza normativa che sta provocando una catena di ritardi e preoccupanti blocchi produttivi. Secondo una raccolta dati dell’associazione “Siamo ai titoli di coda”, circa il 70% delle persone che lavorano nel cinema (dagli attori alle maestranze tecniche, compresi autori e produttori) è senza occupazione da oltre un anno.

La questione del Tax Credit

Uno dei punti centrali del dibattito degli ultimi mesi è la riforma del Tax Credit, già oggetto di discussione in passato, come nel caso dell’appello di Pupi Avati. Il ritardo del governo nell’avviare una riforma di questo strumento fiscale ha aggravato una situazione già precaria.

La riforma del tax credit era stata potenziata nel 2016 dall’allora ministro della cultura Dario Franceschini, che aveva favorito un’iniziale crescita significativa del settore. Ma i blocchi dovuti alla pandemia del 2020 e la lenta ripartenza, hanno evidenziato alcune distorsioni, portando nel 2023 il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a sospendere temporaneamente l’erogazione dei fondi.

Ad oggi, con le recenti modifiche della riforma, sembra che il sistema voglia favorire le grandi produzioni a discapito di quelle più piccole. Numerose sono state le denunce dei rappresentanti di categoria che hanno ribadito la necessità di una correzione della riforma, denunciando il rischio di un peggioramento del settore sia in ambito economico che creativo. Un declino che potrebbe esserci fatale nel contesto internazionale, soprattutto in questa delicata fase di riforme oltreoceano, come la questione dei dazi imposti dal Presidente americano Trump.

Giuli contro Germano: un botta e risposta

Negli ultimi giorni, la crisi ha assunto un risalto mediatico crescente, in particolare dalla giornata del 7 maggio al Quirinale, alla cerimonia di presentazione dei candidati ai David di Donatello in presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Ministro della Cultura Alessandro Giuli e altre cariche istituzionali. Nel suo monologo di presentazione della cerimonia, Geppi Cucciari (Diamanti) non ha risparmiato qualche sarcastica ripresa al Ministro Giuli, ma del resto da lei ce lo si aspettava.

Il vero dramma è però iniziato in seguito alle parole, decisamente più forti e giudicanti, dell’attore Elio Germano (Berlinguer – la grande ambizione) che, dichiarando di aver fatto fatica ad ascoltare l’intervento del Ministro Giuli, lo ha incolpato di non essere interessato realmente alla crisi del cinema e di non essere aperto al confronto, arrivando a definire il suo discorso “fastidioso”. Germano, ai microfoni di La Repubblica, ha poi detto: “Piuttosto che piazzare i loro uomini come fanno i clan, si preoccupassero davvero di fare il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti e incontrando i rappresentanti di categoria per risolvere davvero i problemi”.

Pochi giorni dopo, è arrivata la risposta di Giuli durante l’evento di Fratelli d’Italia a Firenze, il ministro ha esplicitamente citato gli interventi di Elio Germano e Geppi Cucciari, facendo riferimento a “una minoranza rumorosa che si impadronisce perfino dei più alti luoghi delle istituzioni italiane, il Quirinale, per cianciare in solitudine, isolati. Mi riferisco a Elio Germano”.

Ovviamente non ha tardato ad arrivare la successiva risposta dell’attore che, dal palco del teatro Franco Parenti di Milano, durante l’evento di Domani dedicato alla cultura, ha replicato: “L’obiettivo della propaganda è alzare polveroni, uno dei migliori metodi che hanno è fare dei personalismi: (in questo caso) prendersela con Elio Germano”. Ha poi aggiunto: “Ho parlato tanto dei drammi delle persone del settore che sono senza lavoro. Se un ministro della Cultura non sa che ci sono persone a casa, vuol dire che non sa che c’è un dramma sociale e vuol dire che è lui che ciancia in solitudine, e se ciancia in solitudine il ministro della Cultura è un problema per il Paese”.

“Io penso sia normale che un cittadino possa lamentarsi di un rappresentante del proprio Paese. È un po’ più inquietante però che il rappresentante della politica faccia nome e cognome di un cittadino, che oltretutto non può difendersi” ha aggiunto. Germano ha poi parlato poi di una forma di terrorismo che il governo subdolamente attua nei confronti dei cittadini, con lo scopo di zittire il dissenso e ha lanciato un invito a non censurarsi e a ribellarsi in nome della democrazia.

L’intervento di Favino: “dobbiamo costruire ponti”

Dal Festival di Cannes, arrivano le parole dell’attore Pierfrancesco Favino, interrogato dai microfoni de La Repubblica si fa portavoce di una mediazione tra il Ministro Giuli e il collega Elio Germano.

Favino richiama le parole di Robert De Niro a Cannes e di Pupi Avati ai David Di Donatello: “Il Maestro ha detto cose giuste, soprattutto che bisogna costruire ponti”. L’attore sottolinea come la richiesta di dialogo con le istituzioni risalga a ben prima dell’attuale governo: “Da anni chiediamo un incontro, con ogni governo e ben prima di questo”. L’intenzione è quella di collaborare con il Ministero, e purtroppo i giornali e telegiornali non danno il giusto interesse alla causa e questo non ci aiuta a scavallare la polemiche sul privilegio dei lavoratori del cinema. Ma come ha detto De Niro, il nostro lavoro non è un privilegio ma una necessità, parte dell’identità dell’uomo stesso”.

Citando poi le parole di Papa leone XIV, Favino ha aggiunto: “Qualcuno più importante di noi ha invitato a costruire ponti, noi siamo da tempo a disposizione”, ribadendo l’importanza di costruire insieme un nuovo piano normativo che aiuti anche a livello internazionale.

Insomma, dopo le feroci polemiche, la voce di Favino emerge in maniera decisamente più equilibrata e pacata, spingendo soprattutto i colleghi a riportare il dibattito su un binario concreto. L’obiettivo primario non è stabilire chi ha ragione tra i due, ma trovare soluzioni per il settore cinematografico italiano.

Presto arriva la risposta di Giuli a Favino, che durante l’inaugurazione della 37esima edizione del Salone del Libro di Torino, ha risposto affermando: “Per me, ciò che dice il ‘comandante’ Favino è legge: serve il dialogo, servono i ponti. Non ho mai negato né mai negherò dialogo e confronto civile con chiunque abbia bisogno di parlare con il Ministero della Cultura”.

 

Nel frattempo, cresce il consenso tra i 94 firmatari della lettera indirizzata al ministro Giuli e ai sottosegretari Lucia Borgonzoni e Gianmarco Mazzi, che chiedendo di ascoltare le richieste urgenti avanzate da mesi e di interrompere gli attacchi inaccettabili a chi democraticamente ha mosso critiche all’operato del ministero, esprimendo solidarietà a Germano e Cucciari. L’auspicio è che dalle polemiche si possa passare a un confronto diretto, pulito e costruttivo, per garantire un futuro più chiaro e proficuo per il cinema italiano e tutti gli operatori del settore.

Sara Mascia

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