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Film Workers for Palestine: la mobilitazione contro Israele
Oltre 1.500 artisti firmano una petizione per boicottare le istituzioni cinematografiche israeliane. L’appello dal collettivo Film Workers for Palestine.
Anche dal mondo del cinema arriva l’impegno contro la guerra a Gaza. Oltre 1.500 tra attori, registi, sceneggiatori e professionisti dell’industria hanno firmato una lettera aperta, pubblicata dal Guardian e promossa dal collettivo Film Workers for Palestine, con cui annunciano l’intenzione di boicottare le istituzioni cinematografiche israeliane accusate di complicità nel genocidio nei confronti del popolo palestinese.
Tra i firmatari Olivia Colman, Mark Ruffalo, Tilda Swinton, Javier Bardem, Riz Ahmed, Susan Sarandon, Cynthia Nixon, Josh O’Connor, Ayo Edebiri, Rebecca Hall e Julie Christie, Yorgos Lanthimos, Ava DuVernay, Ken Loach, Asif Kapadia, Joshua Oppenheimer, Adam McKay e Mike Leigh e tanti altri e altre.
Film Workers for Palestine: l’appello
Il documento sottolinea come il cinema, per la sua capacità di plasmare l’immaginario collettivo, non possa restare in silenzio di fronte a una tragedia storica: “In questo momento di crisi, in cui molti dei nostri governi stanno legittimando il massacro a Gaza, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per interrompere la complicità in questo orrore senza tregua”.
I firmatari si impegnano quindi a non proiettare film, non partecipare a festival e non collaborare con emittenti televisive o case di produzione israeliane accusate di giustificare le azioni del governo o di cooperare con esso. Nel mirino anche eventi come il Jerusalem Film Festival e il Docaviv, accusati di partnership con istituzioni statali. Il boicottaggio, precisano, non è rivolto ai singoli artisti, ma alle strutture ritenute complici. Si risponde all’appello dei cineasti palestinesi a “fare tutto ciò che è umanamente possibile” per porre fine all’oppressione.
L’iniziativa si inserisce in un contesto di crescente pressione internazionale su Israele, dopo quasi due anni di guerra. Secondo i dati ufficiali, l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha provocato oltre 1.200 vittime in Israele, mentre la successiva offensiva militare israeliana ha causato più di 64.000 morti a Gaza, in gran parte donne e bambini. A rafforzare la denuncia degli artisti è stata anche la recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che ha riconosciuto l’esistenza di un “plausibile rischio di genocidio”.
Le mobilitazioni italiane
Anche in Italia la mobilitazione si è fatta sentire: il collettivo Venice4Palestine ha lanciato un appello al Festival di Venezia raccogliendo oltre 2.000 firme, tra cui quella del regista premio Oscar Guillermo del Toro.
Michele Riondino, in prima fila per la Palestina, assieme a tanti colleghi e colleghe, il 30 agosto hanno partecipato alla manifestazione per Gaza al Lido di Venezia: “Dobbiamo esserci tutti. Non è poco ricordare, sotto i riflettori, che dall’altra parte del mare c’è chi si sveglia per morire. È nostro dovere farlo, anche davanti alle telecamere”.
L’attore aveva dichiarato la sua posizione contro Netanyahu, evitando però di pronunciarsi sul boicottaggio agli attori israeliani Gal Gadot e Gerard Butler, contestati da Venice 4 Palestine e difesi invece da registi come Marco Bellocchio, che ha definito un errore chiedere l’esclusione di colleghi dal Festival.
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C’è stata poi la mobilitazione anche dell’attrice Anna Foglietta e della street artist Laika, che sono state fermate dai carabinieri mentre manifestavano a favore della Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale che mira a portare aiuti a Gaza rompendo il blocco israeliano. A bordo di una lancia tra i canali del lido, le due presentavano l’opera We Are Coming di Laika e sventolavano una bandiera palestinese, entrambe sequestrate dalle forze dell’ordine.
Foglietta ha dichiarato che l’arte è un’azione pacifica di sostegno alla Flotilla e ha ribadito, anche via social, la necessità di prendere posizione contro l’oppressione del popolo palestinese. L’attrice, a Venezia per ricevere il Women in Cinema Award, è da tempo impegnata in attività di attivismo con l’associazione Every Child is My Child, chiedendo anche lo stop agli accordi militari e commerciali con Israele.
Il mondo della cultura non è nuovo a prese di posizione politiche come questa: già nel 2024 oltre 7.000 scrittori e operatori editoriali, tra cui Sally Rooney e Viet Thanh Nguyen, avevano firmato un appello contro gli editori israeliani. Ora è il cinema a farsi carico di un atto collettivo che i promotori definiscono “non solo un gesto politico, ma un dovere morale che nessuno può ignorare”.
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