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Paola Cortellesi

Il cinema è salute. Paola Cortellesi riceve il dottorato

Dottorato honoris causa in Scienze infermieristiche e Salute pubblica a Paola Cortellesi. L’università Tor Vergata omaggia l’attrice, ma è già polemica.

Abito e toga per l’attrice e regista Paola Cortellesi, dottoressa honoris causa in Scienze infermieristiche e Salute pubblica, presso l’Università di Roma Tor Vergata.

L’onorificenza le è stata conferita con una cerimonia nell’Auditorium Ennio Morricone della Facoltà di Lettere dell’Ateneo. Apparentemente distante dalla sua storia e dalla sua carriera, Paola Cortellesi ha saputo fare della sua arte una cura collettiva. Un riconoscimento che sottolinea l’impegno civile delle opere cinematografiche.

Paola Cortellesi, la cura del sorriso

Davanti a centinaia di studenti, docenti e fan, la neo dottoressa Paola Cortellesi ha confessato: “Ho subito pensato a un malinteso, perché faccio un allenamento continuo per evitare che vanità e presunzione vadano oltre la norma. Poi ho visto le motivazioni così belle e lusinghiere e ho preso atto che non si trattava di uno scherzo”

Dopo tanta ammirazione, la Cortellesi con la sua ironia e leggerezza ha subito chiarito:

Io quando vado farmi un prelievo di sangue guardo dall’altra parte e fischietto per farmi coraggio. E poi non voglio deludervi, ma non salverò vite, né farò scoperte scientifiche. Io racconto storie, le storie possono essere strumento di trasformazione sociale. Mi piace far ridere, ho cominciato come comica…ho fatto il giullare. Ma ho sempre cercato di mettermi nei panni dell’altro: se ho una dote forse è quella dell’empatia. 

Nel suo discorso ha raccontato anche il suo impegno nel reparto pediatria del Bambin Gesù: “Sono entrata e ho cercato di essere la migliore buffona di sempre. Non ho cambiato niente, non ho risolto nulla, ma forse quella piccola risata ha rappresento un istante di sollievo. Ho capito che gli istanti hanno grande valore”.

Ed è proprio il sorriso, quel piccolo gesto della bocca, la più potente arma di difesa.

Cinema e teatro come impegno civile

C'è ancora domaniNathan Levialdi Ghiron, rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, ha elencato le tante battaglie civili e sociali promosse dalla Cortellesi. La Professoressa Rosaria Alvaro, ha illustrando il percorso che ha portato a questo conferimento, spiegando il punto d’incontro fra salute e cinema.

“L’assistenza è un’arte e richiede devozione totale e una dura preparazione. Paola Cortellesi, ha saputo fare della sua arte un atto di cura collettiva”

Il caso di studio è stato proprio il film C’è ancora domani (2023, vincitore ai David di Donatello e biglietto d’oro italiano), nel quale è interprete, sceneggiatrice e regista. Il rettore ha così continuato:

“Ha saputo raccontare con profondità e delicatezza la condizione delle donne, il peso delle disuguaglianze, la forza di chi non rinuncia alla libertà e alla dignità. Anche attraverso questa opera, la sua voce si è fatta strumento di consapevolezza collettiva, accendendo un riflettore sulla cultura della cura, sul lavoro silenzioso e prezioso che le donne, in particolare, svolgono da generazioni, spesso senza il giusto riconoscimento.

Un’opera che ha emozionato, fatto riflettere e, soprattutto, aperto un dialogo nuovo e necessario nel nostro Paese”.

La violenza domestica è un dramma con conseguenze sanitarie gravissime: traumi fisici, disturbi post-traumatici, depressione e ansia. Rendere visibile il non-detto, lo fa diventare un problema collettivo e politico.

Ecco che i meriti artistici si fondono in una voce autorevole della cultura e della società contemporanea, capace di promuovere con sensibilità e forza espressiva una visione di salute e benessere intesi come diritti universali.

Il caso mediatico

La notizia ha fatto in poche ore il giro del web, ed ha generato pareri contrastanti nelle persone. Da un lato il talento dell’attrice e regista Paola Cortellesi, dall’altro riflessioni in ambito specialistico infermieristico.

La giornalista e infermiera Anna Arnone sul quotidiano di informazione sanitaria NurseTimes, ha scritto: per molti (il dottorato) rappresenta anni di studio, di turni in corsia, di ricerca applicata e di fatica concreta. Vederlo attribuito a un’attrice – per quanto meritevole – ha suscitato la sensazione di una scorciatoia, di un cortocircuito tra prestigio accademico e visibilità pubblica”.

“Il “rischio” è quello di confondere il piano simbolico, che riconosce a un personaggio pubblico un ruolo culturale e civile, e il piano scientifico, che appartiene invece al mondo della ricerca, con i suoi metodi, i suoi tempi e i suoi sacrifici”.

“La velleità dell’università di avvicinare figure popolari per accrescere la propria visibilità e la velleità dell’opinione pubblica di credere che un titolo honoris causa equivalga a un percorso di dottorato”.

D’accordo o in disaccordo, l’importante è che si continui a sostenere la ricerca e lavorare per il bene collettivo. Noi dell’Almanacco Cinema, vi lasciamo qui il nostro focus sul film C’è ancora domani.