L’interprete di Atlas, amore giovanile della protagonista di It Ends With Us, si schiera dalla parte di Blake Lively sulle accuse a Justin Baldoni.
Non c’è pace per l’adattamento del best seller di Colleen Hoover. Già la scorsa estate, in occasione dell’uscita, era finita sotto il mirino l’ambigua promozione che il film aveva avuto. Perché lo stanno promuovendo come se fosse un film leggero se, di fatto, non dovrebbe esserlo? Questa era la domanda che in molti si facevano.
Poi lo abbiamo visto e ci siamo resi conto che, forse, a non funzionare in realtà era il film stesso. Un’atmosfera da romcom patinata, fiori e canzoni (molto belle) super pop, per una narrazione che metteva in scena una relazione abusiva decisamente pesante. Pur ottimo per alcuni aspetti, It Ends With Us non ci aveva conquistato proprio a causa di questo corto circuito.
Tuttavia, mai ci si poteva immaginare che dietro le quinte la situazione potesse essere ancora più problematica. Eppure, negli scorsi giorni Blake Lively ha presentato verso il coprotagonista e regista Justin Baldoni una denuncia per molestie. L’accusa ufficiale si estende anche a Jamey Heath, produttore del film. Dopo che l’agenzia che rappresentava entrambi, la WME, ha smesso di rappresentare Baldoni (ve lo abbiamo raccontato qui), arrivano nuovi volti a sostegno di Lively.
Dopo l’autrice del romanzo da cui It Ends With Us è tratto, Colleen Hoover, anche Brandon Sklenar si schiera con l’attrice. L’attore, nel film, interpreta Atlas, amore di giovinezza di Lily che la spinge a liberarsi della relazione tossica che sta vivendo.
Tramite i suoi social Sklenar, che a suo tempo si è speso molto anche a difendere il film dai detrattori, ha invitato i suoi followers a leggere la lettera in cui compaiono le ragioni che hanno spinto Blake Lively a denunciare per molestie sessuali. Il documento, infatti, è stato pubblicato dal New York Times. L’attore lo ha condiviso taggando la collega, e mettendo un cuore.
Dure anche le parole della Sony Pictures (distributore di It Ends With Us) che, attraverso il portavoce, si esprime così:
Abbiamo già espresso il nostro sostengo a Blake in relazione al suo lavoro con il film. Ribadiamo fermamente e pienamente questo supporto oggi. Inoltre, condanniamo con forza qualsiasi attacco alla sua reputazione. Qualsiasi attacco di questo tipo non trova spazio nella nostra azienda e nella nostra società civile.
Il sindacato SAG-AFTRA, che pure ha scelto di schierarsi con l’attrice, nel suo comunicato di supporto ha sottolineato, invece, l’importanza di garantire un set sicuro agli attori. In particolare, si è espresso in riferimento alla presunta richiesta, ostacolata da Baldoni, di avere sul set un intimacy coordinator per ogni scena con contenuto sessuale o di nudo. Richiesta del tutto legittima, che eviterebbe situazioni di questo tipo.
Justin Baldoni, per ora, tramite i suoi avvocati rigetta qualsiasi accusa di molestia sessuale. L’uomo, tra l’altro, ha scritto un libro, Man Enaugh, in cui racconta della mascolinità tossica. Con lo stesso titolo è stato poi inaugurato un podcast sullo stesso tema. Proprio ieri la coconduttrice, Liz Plank, ha annunciato la propria uscita dal progetto in seguito alle accuse. Se la questione non fosse davvero seria si potrebbe parlare quasi di una situazione alla Black Mirror.
All’inizio del mese, infatti, Baldoni aveva ricevuto il Voices of Solidarity Award, premio attribuito a “uomini straordinari che hanno mostrato coraggio e compassione nel difendere donne e ragazze”. Ieri l’organizzazione ha deciso di revocare il premio.
Se siano scelte autentiche, o dettate dalla necessità di allontanare le polemiche e preservare la propria immagine, non ci è dato saperlo. La vicenda avrà, però, senz’altro ulteriori sviluppi.
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