Leone d’oro, gioco di pronostici: tra il grido di Hind Rajab, la deflagrazione di Bigelow, l’ironia di Park Chan-wook e il silenzio sospeso di Jarmusch.
Leone d’oro: quando la voce di Hind Rajab, la tensione atomica di Kathryn Bigelow, la cruda satira di Park Chan-wook e l’eleganza contemplativa di Jim Jarmusch si contendono il trono veneziano, tessendo un mosaico potente e urgente.
Sulla linea sottile che separa il senso e l’emozione, fiamme e sogno hanno caratterizzato quest’edizione della Mostra del Cinema di Venezia. The Voice of Hind Rajab è più di un film: è un urlo sospeso tra resistenza e oblio, e sembra già segnare il passo per il Leone d’Oro.
Nato dalla regia di Kaouther Ben Hania, racconta la voce spezzata — eppure viva — di una bambina palestinese intrappolata nel dramma. Un’opera che riaccende il senso del Cinema come testimonianza della carne e del tempo.
Kaouther Ben Hania, regista tunisina, dà voce a Hind Rajab: la sua opera affonda nell’urgenza del dolore reale per trasformarlo in cinema necessario.
Parallelamente, Kathryn Bigelow plasma A House of Dynamite come un detonatore visivo ed emotivo.
Una corsa contro il tempo, un razzo supersonico, un presidente nero, e la scelta ultima che potrebbe spazzare via il mondo in diciotto minuti. Cinema come allarme che pulsa.
Kathryn Bigelow, regina del cinema ad alto voltaggio, concentra in A House of Dynamite il fascino e il terrore dell’apocalisse contemporanea.
Accanto a questi titani possibili Leone d’oro, Park Chan-wook emerge con No Other Choice.
Una dark comedy corrosiva che esplora la disoccupazione, l’ansia dell’epoca e la scelta estrema di eliminare la concorrenza. Un taglio cinico che lascia il respiro in gola.
Park Chan-wook, maestro coreano dell’estetica al vetriolo, con la sua satira nichilista mette in scena la disintegrazione sociale in una risata amara.
Chiude il quartetto elettorale per il Leone d’oro Jim Jarmusch, con Father Mother Sister Brother.
Favola nera familiare, la pellicola resta sospesa tra empatia mancata e ironia glaciale. Se il suo cinema è sempre un respiro calmo nel caos, qui è veleno sottile che addolcisce il morso della riflessione.
Jim Jarmusch, american indie icon, offre un ritratto senza empatia in Father Mother Sister Brother, che taglia la quiete con lentezza chirurgica.
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