Ringo Starr e Sam Mendes: ritmo e visione in quattro atti
Ringo Starr riscrive il mito dei Beatles, mentre Sam Mendes orchestra un racconto plurale che sfida il confine tra memoria e immaginazione.
Nel territorio fragile tra mito e ricordo, Ringo Starr, batterista e testimone attivo dell’epopea Beatles, si fa artefice della propria narrazione.
Non accetta che altri scelgano le parole al posto suo: rifiuta le scene che “non sono mai accadute”, protegge il cuore delle cose vissute, e affida la sua storia a Sam Mendes come si affida un diario a chi sa leggere tra le righe dell’anima.
Due giorni interi passati con Mendes. Non per dettare, ma per correggere.
“Non l’avremmo mai fatto”, dice. Non in quel modo. Non con quella luce.
Ringo Starr: il battito che resiste
85 anni oggi, 07 luglio, Richard Starkey, in arte Ringo, non è più solo l’uomo dietro la batteria.
È il custode del tempo che resta. Esige che la sua storia con Maureen, le emozioni, i silenzi e le verità non vengano ridotte a cliché di copione.
Perché ogni gesto, ogni battuta, è carico di memoria e deve risuonare come una nota giusta.
La biografia non è un museo: è una casa viva, dove ogni oggetto ha una vibrazione autentica.
Barry Keoghan, attore scelto per interpretarlo, lo incontra nella sua casa. Ringo lo guarda e sorride. Keoghan non riesce a sostenere lo sguardo. “È come se stessi suonando con lui”, dirà poi.
In quel tremore c’è tutta la sacralità dell’incontro tra finzione e origine.

L’architetto della forma
Sam Mendes non racconta. Evoca.
Da American Beauty a 1917, il suo cinema è sempre stato un tentativo di cogliere il respiro nascosto sotto le superfici.
Ora si confronta con l’impresa più complessa: restituire non un’icona, ma quattro vite, quattro voci, quattro sguardi. Ogni film sarà un’esplorazione individuale e interconnessa, come stanze di uno stesso sogno.
È la prima volta che i Beatles, per volontà degli eredi e dei membri superstiti, concedono il pieno accesso alla loro musica e alla loro storia.
Ma Mendes non vuole monumenti. Vuole domande. Vuole raccontare come ci si trasforma in leggenda senza smettere di essere umani.
Il confine poroso tra realtà e simbolo: Ringo Starr sul regista “Farà quello che deve fare”
In questo progetto, il tempo lineare si dissolve.
Starr rifiuta le immagini sbagliate perché non vuole un’illusione: vuole che il pubblico senta il peso delle decisioni, la fatica delle scelte, la verità sottile che si nasconde nei piccoli gesti.
Mendes accoglie questo spirito. I quattro film non saranno celebrazione, ma esplorazione. Un viaggio nel cuore delle loro solitudini, dei loro incontri, delle loro rotture.
Ringo lo benedice: “Farà quello che deve fare… e io gli mando pace e amore”. Come a dire: la verità può essere raccontata solo con tenerezza.

Il futuro che attende
L’uscita è prevista per aprile 2028.
Sarà una sinfonia cinematografica, un evento condiviso e profondo.
Nessun film da guardare in fretta. Saranno esperienze da abitare, da attraversare come si attraversano le stanze della propria infanzia.
In un mondo dove la biografia si piega spesso allo spettacolo, Ringo Starr e Sam Mendes tentano un gesto raro: salvare la complessità, proteggere l’anima del vissuto, restituire alla memoria la sua dignità.
Non per nostalgia. Ma per riconoscere, ancora una volta, che l’umano è sacro. E ogni storia vera suona meglio di qualsiasi leggenda.