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Slauson Rec a Cannes 2025, un documentario peculiare

Presentato in anteprima al Festival di Cannes, Slauson Rec il film documentario che esplora il singolare e controverso progetto teatrale ideato da Shia LaBeouf.

Il progetto dell’attore

Nel 2018, Shia LaBeouf pubblicò sulla piattaforma Twitter – oggi nota come X – un messaggio in cui invitava chiunque fosse interessato a prendere parte a un suo nuovo progetto: una scuola di recitazione presso lo Slauson Recreation Center di Los Angeles. L’appuntamento era fissato ogni sabato mattina, per un’ora a partire dalle 9. Nessuna selezione, nessuna iscrizione, nessun curriculum richiesto.

Fuori concorso al festival, Slauson Rec – dal nome del centro in cui si tengono gli incontri – racconta proprio questo tentativo dell’attore. All’appello di LaBeouf rispondono centinaia di persone, tra cui Leo Lewis O’Neil, regista del documentario, che, trasferitosi da poco nella Città degli Angeli, decide di unirsi al progetto – prima come partecipante, poi come testimone diretto.

Un film tra luci e oscurità

Il film si basa sulle riprese effettuate durante i tre anni di attività del progetto, documentandone l’inizio e la fine. Girato interamente con una camera a spalla, in soggettiva, restituisce una prospettiva immersiva e totalizzante, che proviene dall’interno del gruppo. L’approccio visivo è crudo, spontaneo, spesso instabile, riflettendo fedelmente il caos emotivo che caratterizza l’iniziativa.

Oltre a raccontare il tentativo di creare una scuola artistica gratuita e accessibile a tutti, Slauson Rec mostra anche il lato più crudo e sconvolgente di un uomo tormentato e controverso: Shia LaBeouf. Una parte sostanziale del documentario mostra infatti la star hollywoodiana perdere il controllo, arrabbiarsi, urlare e inveire contro i partecipanti – talvolta anche in modo fisico.

Il film non cerca di giustificare né di condannare, ma offre uno sguardo diretto e senza filtri su un artista profondamente tormentato, in lotta costante con sé stesso e con il mondo che lo circonda.

La narrazione procede senza interviste frontali né voci fuori campo: sono le immagini e i suoni a guidare il racconto. Questo lascia ampio spazio all’interpretazione dello spettatore, che si trova a osservare una comunità fragile ma resiliente, alle prese con un leader tanto carismatico quanto instabile. Il documentario riesce così a far emergere anche la forza di un gruppo che, nonostante tutto, continua a incontrarsi, discutere, creare.

Attualmente non è ancora prevista nessuna uscita in Italia, poiché sono ancora in cerca di una distribuzione negli Stati Uniti.

Miriam Gallinelli

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