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Roma Cinema Fest: Wild Nights, Tamed Beasts
Premio alla regia alla Festa del Cinema di Roma 2025, Wild Nights, Tamed Beasts è un esordio che racconta il mistero, le gabbie e le solitudini della vita.
Opera prima del regista cinese Wang Tong, Wild Nights, Tamed Beasts (2025) è un dramma dalle sfumature neo-noir. Ambientato in una Cina sempre più regredita, Tong illustra temi audaci attraverso dei personaggi che, in uno dei Paesi più sovrappopolati, si ritrovano intrappolati in una solitudine senza scampo. Vale ancora la pena vivere anche quando non si è più in grado di farlo? Wild Nights ci pone questo dubbio morale, tra realismo e onirismo.
Wild Nights, Tamed Beasts, la trama
Ye Xiaolin è una giovane badante che accetta di accudire un anziano malato che vive in un edificio fatiscente ai confini della città. Arrivata in casa incontra Ma Deyong, il figlio dell’uomo, guardiano di uno zoo in fallimento. Tra i due nasce un legame enigmatico, mentre la natura oscura di Xiaolin inizia a manifestarsi. Come un angelo della morte, la ragazza è solita alleviare la sofferenza dei suoi pazienti ponendo fine alla loro vita. Ma Deyong, il suo vecchio leone Pi Pi e Xiaolin hanno qualcosa in comune, una condanna: essere creature imperfette in una società in cui solo il più forte si salva.
Il dilemma morale, la vita e la morte
Wang Tong tocca i nervi scoperti e i paradossi della società cinese: una cultura che predica pietà ma non concede alcuna dignità. Un Paese in cui l’eutanasia è un tabù e la devozione filiale un’imposizione morale. La vecchiaia è l’ultima fase dell’esistenza; seppure qui non sia percepita come passaggio naturale, ma come qualcosa da nascondere. Il film lavora proprio sulle contraddizioni, che sono insite anche in Ye Xiaolin. La ragazza ricorda il sadismo della femme fatale di Audition di Takashi Miike, sebbene assuma anche i tratti di una madre compassionevole che accompagna i suoi “figli” verso la pace.
E quindi, Wang Tong costruisce un cosmo in cui Xiaolin diventa il principio ordinatore, che sceglie per conto di chi non può più farlo. Ma ciò che rimane è un dubbio: quella della ragazza è benevolenza o una forma di potere vizioso conseguente all’oppressione subita dalla società?

Wild Nights, Tamed Beasts, chi è la vera bestia?
“Gli impulsi di alcuni individui sono più vili di altri, e la società del perbenismo ci appesantisce con la finzione che questi impulsi spregevoli non esistano. Tutto ciò li trasforma in segreti che dobbiamo nascondere, questi segreti ci fanno ammalare. La mancanza di espressione diventa un peso interiore che si tramuta in malattia.”
Queste le parole di Alfred Hitchcock in Monster: La storia di Ed Gein di Ryan Murphy, che esemplificano la condizione dei personaggi di Wild Nights. Gli esseri umani, istintivi e nati per reagire, vengono domati da società che impongono silenzio, disciplina e rigore. Quando l’espressione viene negata, l’istinto non scompare ma si trasforma e poi sfocia in forme disperate. Dunque, la vera bestia non è la natura di un uomo, ma ciò che diventa.
Il leone e il colore blu
Wang Tong costruisce tre personaggi diversi ma che condividono la condizione suddetta. Il leone che Deyong accudisce come un figlio, lo stesso Deyong e Xiaolin, tre animali in gabbia, corpi selvaggi ridotti al nulla. E così il regista ci invita a vedere questo status con lo sguardo della bestia reclusa, quindi attraverso immagini filtrate al blu. Un colore in cui il calore è assente, dove c’è solo freddezza e mancanza. È il colore in cui l’aria sembra trattenuta e non può filtrare, dove tutto si concentra e divora.
Non è un caso che i personaggi di Wild Nights trattengano ogni emozione, persino il leone lo fa. Gli attori sembrano sempre sul punto di esplodere, come se il respiro fosse intrappolato in quella dimensione dove l’atmosfera è compressa. In questo modo, il blu diventa uno stato psichico ed emotivo che rende i corpi immobili, come in un universo in cui l’aria è irrespirabile.
Spazi isolati, marginali, irreali
I luoghi di Wild Nights sono spazi isolati, marginali e talvolta irreali. C’è in effetti una coesistenza tra tempo e spazio reale e onirico che confonde lo spettatore. Una casa abbandonata, uno zoo in rovina, una città che, come una mela, viene divorata da formiche impazzite. Una metropoli in cui la notte danzano animali selvaggi che, con l’avvenire del giorno, si spengono. Il leone che deve essere venduto al circo, un uomo che sin dalla nascita è stato privato di una vita “normale”, una donna che vive di morte. Tutti i personaggi vivono in uno spazio di solitudine esistenziale, in cui già le scenografie, essendo luoghi in rovina, comunicano.
In questo senso, Wang Tong sembra avvicinarsi alla poetica di Hu Bo in An Elephant Sitting Still, ossia la stessa immobilità di fronte al dolore, una lentezza del tempo inesorabile che uccide i personaggi, incapaci di cambiare la realtà. E così, l’elefante di Hu Bo e il leone di Wang Tong condividono lo stesso destino: essere una bestia piegata alla crudeltà della società.
Wild Nights, Tamed Beasts, un’opera prima che rimane un mistero
Wild Nights, Tamed Beasts è un’opera prima costruita sul mistero e sull’ambiguo. Con questo esordio Wang Tong ci lascia a riflessioni interessanti e certamente una storia che intriga anche nella resa visiva e simbolica, dando un valore aggiunto al cinema contemporaneo. Sebbene alcune cose siano ancora acerbe, come ad esempio il rapporto tra i due personaggi principali, che non convince appieno. In egual modo, il virtuosismo non è ancora del tutto maturo. Dunque, c’è una sorta di rollercoaster di impressioni.
Eppure, Wild Nights, tra le imperfezioni, riesce a dare forma al mistero della vita, a ciò che rimane nascosto e taciuto. È tra le immagini fredde e i personaggi in gabbia che Wang Tong evoca anziché dire, ed è qui che il mistero, seppur prenda forma, rimane comunque un’incognita.