Bugonia, Almanacco Cinema
Yorgos Lanthimos torna a lavorare con Emma Stone e Jesse Plemons, dopo Kind of Kidness, in Bugonia, presentato in concorso al Festival di Venezia.
E’ finalmente arrivato uno dei film più importanti e attesi del concorso veneziano di quest’anno. Soltanto due anni fa, infatti, Lanthimos presentò a Venezia Povere Creature, con cui vinse il Leone d’oro.
Nel frattempo, il greco è diventato uno dei registi più chiacchierati della nuova generazione, in cui si è contraddistinto grazie al suo stile unico. Da una prima fase legata a nuove interpretazioni del mito greco (basti pensare a Doogtoth) a una seconda in cui il ruolo della donna, anche grazie alla collaborazione con Emma Stone (La Favorita, Povere Creature, Kind of Kidness), diventa centrale.
Bugonia ha un inizio esplosivo: parallelamente vengono presentati i due protagonisti, interpretati rispettivamente da Jesse Plemons ed Emma Stone. Il primo è un apicoltore che insieme al cugino, completamente soggiogato da lui, escogita un piano per rapire la CEO di una grande azienda, convinto che in realtà lei sia un alieno sotto spoglie umane. Una situazione paradossale, che non possiamo rivelarvi qui per preservare le dinamiche deliranti ed i colpi di scena che contraddistinguono tutti i 120 minuti del film.
Il film è un remake del film coreano, Save the Green Planet!, del 2003. Una premessa che consente al regista di costruire un film fuori dagli schemi, sulle tracce del film di partenza, ma che attraverso questo espediente narrativo, ha la possibilità di addentrarsi in una stratificata riflessione sulla nostra società. Dalle teorie complottistiche e la loro diffusione via social fino al ruolo del capitalismo con tutti suoi limiti. Una base che permette al regista di creare un vero e proprio gioco cinematografico, in cui i due protagonisti sono agli antipodi.
Anche se all’inizio la sceneggiatura di Will Tracy segue questa linea e, grazie ad un montaggio serrato, lo spettatore non fatica ad appassionarsi, con il passare dei minuti il giocattolo del regista si rompe fragorosamente, scadendo così in una messa in scena inutilmente barocca. Il film si trasforma così in un’opera dai toni demenziali, accompagnato da una pretesa fintamente intellettuale: come dimostrano l’uso reiterato e stucchevole della musica, il colpo di scena finale ed una serie di riferimenti (da Kubrick al mito greco) totalmente fuori luogo.
In questo disegno confuso vengono trascinati anche i due attori protagonisti, Emma Stone e Jesse Plemons, costretti ad una recitazione sopra le righe, in netto contrasto con le interpretazioni di sottrazione che hanno contraddistinto la loro carriera.
Decisamente un passo falso per Yorgos Lanthimos, che, nel disperato tentativo di stupire, rimane intrappolato nel suo stesso gioco, senza aggiungere nulla di nuovo al genere. Rimane soltanto il sapore amore di un’occasione sprecata, soprattutto vista l’intenzione satirica del film. Ci si aspettava di più.
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