Festa del Cinema di Roma: Eterno visionario, la recensione

In occasione della XIX edizione della Festa del Cinema di Roma, Michele Placido presenta in anteprima Eterno visionario.

Eterno visionario, la trama

Amburgo, 8 dicembre 1934. Luigi Pirandello è in treno, direzione Stoccolma, e sta andando a ritirare il Premio Nobel per la Letteratura. Davanti a lui passano i fantasmi della sua esistenza. Un viaggio in una fase della vita di Pirandello all’interno del suo mondo emotivo, l’umanità, le passioni, le ossessioni e l’esistenza più intima intrappolata fra l’amore dirompente e impossibile per Marta e il burrascoso rapporto con la dolorosa malattia della moglie Antonietta.

Una nuova storia su Pirandello

Con Eterno visionario Michele Placido racconta sul grande schermo la storia emotiva e familiare di Luigi Pirandello, analizza il suo aspetto emotivo e l’aspetto emotivo della vita stessa. Non era facile raccontare Pirandello da questo punto di vista, ma Michele Placido riesce a rappresentare l’essenza dell’essere al mondo di Pirandello.

Quanto è importante ciò che ci capita? Quanto può essere malinconica e terrificante la vita? Quanto i suoi sei personaggi in cerca d’autore sono stati capiti? Con Eterno visionario Michele Placido risponde a tutte queste domande e conferma il genio di Pirandello.

Scopriamo quanto ha sofferto Luigi Pirandello a causa di sua moglie, scopriamo l’essenza della sua arte e del suo bisogno di mettere in scena uno spettacolo che rappresentasse i dolori di ognuno di noi e che nessuno ha avuto mai il coraggio di mettere allo scoperto. Ma soprattutto scopriamo quanto è strana la vita.

Pirandello e l’essenza della vita

Grazie ad Eterno visionario per la prima volta il pubblico in sala assiste al viaggio emotivo di Pirandello (interpretato da Fabrizio Bentivoglio) e si assiste in prima persona al dolore di Luigi e la sua famiglia nel vedere la moglie Antonietta affetta da “delirio paranoide”. Il film mette a nudo questa verità, grazie alla grandissima interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi.

Tutto ciò che vediamo in Eterno visionario è al limite di un pianto disperatorio, ed è lì che Pirandello viene visitato da queste sue anime, le anime che rappresentano i dolori della vita, ovvero i suoi sei personaggi in cerca d’autore.  

La pazzia della moglie dimostra senza censure quanto sia doloroso l’accettare ciò che è ormai andato perso. Vediamo il viaggio di Luigi Pirandello nella sua rassegnazione sulla stranezza della vita. Pirandello si rifugia da ogni dolore, ma scopriamo che ogni suo rifugio nasconde a sua volta un problema ed un pericolo, dimostrandoci così che scappare dal dolore della vita è inutile, bisogna vivere i dolori e ciò che comportano, è la vita.

Questa filosofia porta il protagonista del film a cogliere l’essenza di ciò che l’essere umano è e ciò che sarà nel tempo.

Nel suo cammino Luigi Pirandello si imbatte in Marta Abba, che rappresenta l’illusione della sua felicità, strepitoso come i personaggi possano essere letti in chiave metaforica.

Con un taglio e un montaggio quasi americano Michele Placido riesce a far soffrire lo spettatore come Pirandello: i dialoghi di Luigi Pirandello rapiscono lo spettatore le portano a guardarsi dentro, fino in fondo, portano a interrogarsi sul come si affrontano i grandissimi dolori che la vita può darci.

Adesso non ci resta che aspettare l’uscita nelle sale di Eterno visionario il 7 novembre per capire che effetto farà al grande pubblico.

La cosa certa è che il nuovo film di Michele Placido riesce sia a dimostrare chi era Pirandello e sia a dimostrare che cosa è la vita, la nostra vita.

Daniele Caramazza

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