Fino alla fine, il nuovo thriller di Gabriele Muccino, ha debuttato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, l’uscita nelle sale è prevista per il 31 Ottobre
Fino alla fine, il nuovo e attesissimo film di Gabriele Muccino, segna un’importante svolta nella carriera del regista italiano. Dopo aver esplorato i drammi familiari e le complessità emotive della borghesia italiana, Muccino si spinge in territori inaspettati, mescolando elementi di thriller e dramma in un racconto denso di tensione e colpi di scena.
Fino alla Fine si distingue per la sua intensa ambientazione siciliana e per la capacità di trasformare una classica avventura estiva in un’esperienza adrenalinica, carica di rischio e introspezione.
Muccino, assieme allo sceneggiatore Paolo Costella, riesce a unire la sua caratteristica sensibilità emotiva a un ritmo incalzante che tiene lo spettatore incollato allo schermo. Il cast internazionale, guidato dalla talentuosa Elena Kampouris, e un gruppo di giovani attori italiani, rendono questa storia vibrante e appassionante.
Con questo nuovo progetto, Muccino dimostra ancora una volta la sua maestria nel raccontare storie universali, spingendosi però verso nuove sfide e ridefinendo i confini del suo cinema. Fino alla fine è una riflessione sul rischio e sul desiderio di vivere ogni attimo al massimo.
Fino alla fine narra la storia di Sophie, una giovane americana di vent’anni che ha sempre vissuto una vita isolata, protetta da un’esistenza fatta di regole, rinunce e solitudine. Sophie, provata dalla recente morte del padre e cresciuta in un ambiente sicuro, ha imparato a evitare rischi e a mantenere le distanze dagli altri.
Tuttavia, durante una vacanza a Palermo insieme alla sorella, tutto cambia. Nelle ultime 24 ore prima di tornare in California, Sophie incontra Giulio, un ragazzo che si è stabilito a Palermo, e il suo gruppo di amici siciliani. Questi ragazzi, con il loro spirito libero e le loro vite piene di intensità, rappresentano tutto ciò che Sophie ha sempre evitato: spontaneità, rischio e un’energia contagiosa e potenzialmente pericolosa.
Quelle che dovevano essere solo ore di svago e divertimento si trasformano in una catena di eventi inaspettati che sconvolgeranno la vita di Sophie. Desiderosa di spezzare le catene che l’hanno imprigionata per anni, la ragazza si getta a capofitto in un’avventura che ben presto si trasforma in una corsa frenetica sull’orlo del precipizio.
Decisa a vivere fino in fondo, Sophie si lascia sedurre dal fascino del pericolo, compiendo scelte impulsive e rischiose che la porteranno a confrontarsi con il lato più oscuro della vita.In queste 24 ore, Sophie attraversa una vera e propria metamorfosi. Quello che inizia come un desiderio di libertà si trasforma in un’esperienza di sopravvivenza e riscatto, dove ogni decisione ha conseguenze devastanti.
Il confine tra vita e morte si assottiglia sempre di più, e Sophie, spinta dalla ricerca di adrenalina pura, finirà per essere trascinata in un vortice di emozioni che cambierà per sempre il suo destino.
Tra errori irreversibili e lezioni dolorose, Fino alla fine esplora il passaggio all’età adulta, il peso delle scelte e la scoperta di sé stessi in un mondo in cui il rischio è una costante e la libertà ha un prezzo molto alto.
Fino alla fine, il nuovo film di Gabriele Muccino, presenta un cast ricco di talenti, sia italiani che internazionali, che danno vita a personaggi complessi e sfaccettati. Al centro della storia c’è Sophie, interpretata da Elena Kampouris, giovane attrice americana nota per i suoi ruoli in film e serie TV internazionali. Sophie è una ragazza ventenne che ha vissuto tutta la vita in solitudine, quasi sotto una campana di vetro, fino a quando, durante una vacanza a Palermo con la sorella, non incontra un gruppo di amici siciliani che cambieranno per sempre il suo modo di vedere il mondo e di vivere la vita.
Il personaggio di Giulio, che diventa un punto di svolta nella vita di Sophie, è interpretato da Saul Nanni, giovane attore italiano in ascesa. Giulio è carismatico, affascinante, e porta Sophie in un’avventura travolgente e pericolosa, mettendo in luce i temi centrali del film: il desiderio di vivere al massimo, il fascino del pericolo e il confine sottile tra la vita e la morte.
Accanto a loro troviamo un gruppo di amici siciliani che accompagnano Sophie e Giulio in queste 24 ore di follia e cambiamento. Lorenzo Richelmy interpreta uno degli amici più vicini di Giulio, un personaggio che incarna lo spirito spensierato ma anche pericoloso della gioventù. Enrico Inserra e Francesco Garilli completano il gruppo di amici con interpretazioni che alternano leggerezza e tensione.
Tra gli altri membri del cast spicca Ruby Kammer, attrice italo-australiana, che interpreta la sorella di Sophie, un personaggio che, pur avendo un ruolo meno centrale, funge da contrappeso alla spirale di eventi che travolge la protagonista.
Grace Ambrose, Syama Rayner, Mitch Salm, Yan Tual e Samuel Kay arricchiscono ulteriormente il cast con le loro interpretazioni, ciascuno contribuendo a costruire l’atmosfera caotica, adrenalinica e carica di emozioni che caratterizza il film.
Muccino dirige questo cast con la sua solita abilità nel far emergere il lato più emotivo e umano dei personaggi, rendendo le loro storie intrecciate non solo appassionanti, ma anche universali. I personaggi di Fino alla fine rappresentano i conflitti interiori di una generazione di giovani che cercano il loro posto nel mondo, in bilico tra il desiderio di libertà e la paura di perdersi.
Gabriele Muccino, in Fino alla fine, torna a collaborare con Paolo Costella dopo il successo di pellicole come A casa tutti bene (2018) e Gli anni più belli (2020), compie in questo film un’evoluzione significativa nel suo percorso cinematografico.
La loro sceneggiatura segna un cambio di rotta per il regista, noto per i suoi drammi intimisti e per le storie di famiglie borghesi disfunzionali e nevrasteniche. In questo film, Muccino abbandona, almeno in parte, i suoi soliti territori per avventurarsi in nuove direzioni, esplorando generi diversi e più tesi, che lambiscono il thriller e l’adrenalina pura.
Questo scavalcamento di campo, come si potrebbe definire, è un gesto coraggioso che mostra una volontà di uscire dagli schemi consolidati, ampliando il suo spettro creativo.
Pur mantenendo l’approccio emotivo e profondamente umano che caratterizza il suo cinema, Muccino in Fino alla fine si avvicina a situazioni cariche di suspense e pericolo, dove la tensione non è solo emotiva, ma anche fisica e narrativa. I personaggi, pur essendo giovani e inesperti, sono costretti a fare scelte estreme che li portano a confrontarsi con la fragilità della vita stessa.
Muccino gioca con i confini tra il genere drammatico e il thriller, immergendo il pubblico in un racconto che si snoda nell’arco di 24 ore, ma che risulta denso di eventi e svolte imprevedibili.
Il film, infatti, non è solo una storia d’amore o di crescita, ma anche un’indagine sul rischio e sul desiderio di vivere al limite, affrontando l’inevitabile impatto delle proprie decisioni. La sua regia, sempre energica e dinamica, si adatta perfettamente a questo nuovo contesto, fatto di ritmo incalzante e momenti di alta tensione, dimostrando come Muccino sia in grado di reinventarsi senza rinunciare alla sua cifra stilistica.
Con questa pellicola, Muccino dimostra di essere un regista capace di evolversi, mantenendo però intatti i temi che gli sono cari: l’amore, le relazioni umane e la ricerca di senso in un mondo caotico.
Il passaggio dal dramma borghese al thriller è una scommessa vincente che arricchisce il suo cinema di nuove sfumature e apre la strada a possibilità narrative ancora più audaci.
Quello che da sempre distingue Gabriele Muccino come regista, e che continuerà a essere riconosciuto e apprezzato nel tempo, è la sua indiscutibile maestria tecnica e la sua capacità di dare vita a scene visivamente potenti e coinvolgenti. Il suo talento si manifesta in una regia dinamica e vibrante, caratterizzata da virtuosismi nei movimenti di macchina e nei piani sequenza che riescono a catturare l’intensità emotiva dei momenti più cruciali. Muccino è un maestro nel saper utilizzare la telecamera per trasmettere emozioni e tensione, costruendo inquadrature che non solo raccontano la storia, ma che la esaltano visivamente, rendendola più profonda e incisiva.
La fluidità dei suoi movimenti di macchina riesce a creare un legame intimo tra lo spettatore e i personaggi, immergendoci nelle loro vite e nei loro conflitti interiori. Ogni inquadratura sembra essere pensata con estrema precisione, come un pezzo di un puzzle che va a incastrarsi perfettamente nel ritmo complessivo del film. I giochi visivi che Muccino utilizza non sono mai fini a sé stessi, ma servono a enfatizzare i toni emotivi delle scene, dando loro un impatto visivo ineguagliabile.
Il ritmo dei suoi film è altrettanto impeccabile, con un montaggio preciso e calibrato che alterna momenti di tensione e quiete, accelerando o rallentando la narrazione in modo perfetto per creare suspense o riflessione. Muccino sa come manipolare il tempo filmico, giocando con le transizioni e i tagli, rendendo i suoi film una sinfonia di immagini in movimento che raccontano non solo una storia, ma un’esperienza sensoriale.
Il regista non si accontenta mai di una narrazione lineare: nei suoi lavori, tutto è orchestrato con maestria, dall’uso delle luci alle scenografie, creando un’estetica che colpisce lo spettatore in modo viscerale. Il suo stile distintivo, fatto di ritmo serrato, intensità visiva e un montaggio che sembra danzare con le emozioni dei personaggi, è ciò che rende Gabriele Muccino un regista inconfondibile e sempre all’avanguardia nel panorama cinematografico italiano e internazionale.
Nonostante la scelta di attori freschi e giovani possa sembrare promettente, le loro performance si sono rivelate acerbe, mostrando limiti evidenti nella resa dei personaggi.
In molte scene, i protagonisti tendono a esagerare l’espressività, con un approccio eccessivamente teatrale che risulta forzato e poco autentico. Questo tipo di recitazione, pur essendo in linea con un certo stile drammatico, finisce per sottrarre profondità alle emozioni che la storia vorrebbe comunicare, lasciando lo spettatore distaccato anziché coinvolto.
La giovane età e l’inesperienza di alcuni attori emergono soprattutto nelle scene più intense, dove l’intenzione di trasmettere emozioni forti come la paura, il desiderio o la disperazione si traduce in una recitazione esasperata, quasi caricaturale.
Invece di arricchire il film con sfumature emotive autentiche, la loro interpretazione tende a essere artificiosa, talvolta rischiando di compromettere il realismo delle situazioni.
Questo contrasto tra l’energia dei giovani attori e la mancanza di controllo nell’espressione delle loro emozioni crea una distanza tra personaggi e spettatori.
In Fino alla Fine il tema del rischio emerge come elemento centrale della narrazione, diventando il motore che spinge i personaggi a confrontarsi con le proprie paure, desideri e scelte. Il film esplora il concetto di rischio in modo profondo e sfaccettato, presentandolo sia come una minaccia costante che come una forza liberatoria, capace di mettere in discussione certezze e stravolgere vite.
Il rischio si manifesta, in primo luogo, nel personaggio di Sophie, una giovane americana che decide di abbandonare la sicurezza della sua vita tranquilla e prevedibile per immergersi in un’esperienza intensa e pericolosa. L’incontro con Giulio e il suo gruppo di amici siciliani diventa per lei l’occasione di sfidare i propri limiti, sia fisici che emotivi. Attraverso scelte impulsive e azioni spericolate, Sophie si trascina in situazioni al limite, dove il pericolo diventa una forma di sfida personale, quasi una necessità per sentirsi veramente viva.
Il rischio, in Fino alla fine, è rappresentato anche come una metafora della giovinezza e della voglia di sperimentare senza limiti. I ventenni protagonisti del film si trovano in quella fase della vita in cui il confine tra giusto e sbagliato, prudenza e imprudenza, sembra sfumare. Il desiderio di vivere intensamente ogni momento li porta a compiere scelte estreme, spesso senza considerare le conseguenze.
Muccino usa il tema del rischio per riflettere sulla precarietà delle scelte giovanili e sulla sottile linea che separa l’avventura dall’autodistruzione. Nel film, il rischio è sempre presente, sia a livello emotivo che fisico, portando i protagonisti a confrontarsi con la realtà e a capire che ogni scelta ha un prezzo, e che la ricerca del brivido può facilmente trasformarsi in un percorso verso il disastro.
Il rischio diventa così un simbolo della crescita, del confronto con sé stessi e del processo di scoperta personale. Le esperienze estreme vissute dai personaggi nel breve arco di 24 ore rappresentano la loro trasformazione interiore, un passaggio obbligato verso l’età adulta, dove la consapevolezza delle proprie scelte diventa più tangibile e dolorosa.
Il film Fino alla Fine presenta molti punti di forza, ma anche alcune debolezze. Gabriele Muccino, indiscusso maestro della regia e del linguaggio cinematografico, compie una svolta significativa rispetto ai suoi lavori precedenti, cambiando radicalmente direzione. Questo tentativo di rinnovamento, che lo porta a esplorare territori meno familiari come il thriller e l’adrenalina giovanile, risulta riuscito, confermando la sua capacità di reinventarsi e di adattarsi a nuovi registri narrativi.
Muccino, celebre per i suoi drammi familiari complessi e i conflitti emotivi che dominano le sue storie, in questo film decide di mettere da parte il consueto ritratto di borghesi disincantati per immergersi in una narrazione dal respiro internazionale.
Uno dei punti di forza principali del film è la qualità tecnica della regia. Muccino riesce a mantenere alto il ritmo, con movimenti di macchina fluidi e avvolgenti che coinvolgono lo spettatore nel vortice delle emozioni dei personaggi. Le scelte stilistiche, con l’alternanza di piani sequenza mozzafiato e montaggi veloci, creano una tensione costante, amplificando la sensazione di pericolo imminente. Il lavoro visivo e la cura nella costruzione delle scene sono impeccabili, confermando l’elevato livello di competenza tecnica che il regista ha maturato nel corso della sua carriera.
Tuttavia, nonostante questi meriti, il film non è privo di difetti. Una delle critiche principali riguarda le interpretazioni degli attori protagonisti, freschi e giovani, ma a volte eccessivamente teatrali ed esagerate. In alcune scene, le performance risultano poco equilibrate, con un’enfasi drammatica che sfocia nel melodramma, rischiando di distogliere l’attenzione dalla complessità emotiva della storia.
Nonostante questi piccoli inciampi, Fino alla fine resta un’opera assolutamente valida. Il film riesce a mantenere un equilibrio tra intrattenimento e riflessione, affrontando temi universali come il rischio, la crescita e la scoperta di sé. Grazie alla sua narrazione incalzante, al suo respiro internazionale e alla capacità di coinvolgere emotivamente, Fino alla fine dimostra che Muccino è perfettamente in grado di sorprendere e di adattarsi ai cambiamenti del cinema contemporaneo, confermandosi uno dei registi italiani più influenti della sua generazione.
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