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I bambini di Gaza, come coltivare la passione sotto le bombe

I bambini di Gaza – Sulle onde della libertà (2024) è l’opera prima del regista Loris Lai e racconta una storia di passione e di evasione dalla guerra.

La guerra raccontata in I bambini di Gaza è il conflitto israelo-palestinese: non quello in corso oggi ma quello della Seconda Intifada del 2003.

Le riprese sono state effettuate alla fine del 2022 in Tunisia, ricostruendo artificialmente Gaza City, che per ovvi motivi non era una location sicura.

I bambini di Gaza si ispira ad un libro di Nicoletta Bortolotti, Sulle onde della libertà, uscito nel 2013 per i tipi di Mondadori.

Il messaggio è insito già nel sottotitolo “Sulle onde della libertà”: anche nella prigione a cielo aperto di Gaza, sotto le bombe e in pieno conflitto, si può trovare la libertà cavalcando le onde del mare.

Lo dice anche uno dei protagonisti, alla fine del film: “Sulla terra ti sembra di essere in prigione, ma in acqua non ci sono più confini”.

I bambini di Gaza, la trama

È la passione per il mare ad unire due persone e due universi contrapposti come quello palestinese e quello israeliano: il mare unisce e rende possibile l’incontro, impossibile altrimenti, di Mahmud e Alon.

I due si trovano a prendere lezioni di surf da un noto ex surfista straniero e scoprono la propria possibilità di essere liberi sulle onde del mare.

Attorno a loro, il mondo collassa sotto le bombe israeliane, mentre la città di Gaza viene sventrata e molte persone attorno a loro combattono e muoiono.

Un film “benedetto” da Papa Francesco

I bambini di Gaza ha avuto un assist di quelli importanti, addirittura da parte del pontefice.

Sul film, Papa Francesco ha dichiarato: “Questo film con le voci piene di speranza dei bambini palestinesi e israeliani sarà un grande contributo alla formazione nella fraternità, l’amicizia sociale e la pace”.

Un mondo alla rovescia

Un contrasto molto evidente in I bambini di Gaza è quello che esiste tra il mondo infantile dei protagonisti e quello degli adulti, entrambi destinati a rovesciarsi.

Mentre i bambini giocano a fare gli adulti, gli adulti giocano a fare una guerra che più reale non potrebbe essere. E le due dimensioni si fondono e si confondono, in due società nelle quali i bambini sono iper responsabilizzati e gli adulti sempre in balìa della voglia di affermare la propria supremazia sull’altro.

L’assuefazione alla violenza

Se c’è un elemento che colpisce in questo film è il racconto dell’assuefazione alla violenza e alla morte dei bambini, e in particolare del palestinese Mahmud.

Questo aspetto viene esplicitato quando un suo amico e coetaneo, Hanin, viene ucciso e, quasi indifferente all’accaduto, il nostro protagonista va a prendere le consuete lezioni di surf come se nulla fosse. In questa occasione, tutto il disappunto viene affidato alle parole dell’insegnante, Dan.

Un confronto con City of Gods

Se c’è un film che appare un riferimento evidente, ma ambizioso, di I bambini di Gaza, questo è City of Gods (2002) di Fernando Meirelles. Lì una guerrilla diversa, quella delle favelas, animava la storia.

Tuttavia, del film del regista brasiliano, che nel 2004 fu nominato a ben quattro Premi Oscar, questo film non ha la potenza espressiva e la capacità di raccontare la tragedia senza far eccessivo uso delle parole.

I bambini di Gaza, i pregi

Iniziamo col dire che I bambini di Gaza è un film che si rivolge principalmente ai ragazzi delle scuole: lo dimostra la promozione congiunta della pellicola nelle scuole da parte della casa di produzione Eagle Pictures e del Giffoni Film Festival, rivolto specificatamente ai giovani.

Fatta questa fondamentale premessa, si tratta di un’opera idonea ad essere mostrata ai ragazzi per scopi educativi e per lanciare messaggi di solidarietà e fratellanza, come sottolineato dal Papa.

Sono molto convincenti le interpretazioni dei due protagonisti, impersonati dai giovanissimi Marwan Hamdan (Mahmud) e Mikhael Fridel (Alon), entrambi al loro esordio cinematografico. Come buona spalla troviamo l’inglese Tom Rhys Harries, già apparso nel film The Gentlemen (2019) di Guy Ritchie, qui nei panni dell’insegnante di surf, figura drammatica che incarna il mentore dei due ragazzi.

Un plauso speciale lo meritano la fotografia, che è sempre curatissima e fortemente evocativa – un esempio su tutti è la sequenza dell’amica di Mahmud che danza – e la colonna sonora, a cura di un grande professionista quale è Nicola Piovani, esperto nel commentare musicamente storie drammatiche (La vita è bella).

I bambini di Gaza, i difetti

Tuttavia I bambini di Gaza presenta alcuni difetti non di poco conto, soprattutto a livello di scrittura: i personaggi, infatti, non vengono mai approfonditi psicologicamente ed emotivamente. In particolare, del personaggio della madre di Mahmud, Farah (interpretato da Lyna Khoudri), non veniamo a sapere nulla se non che è vedova: suo marito, il padre di Mahmud, ha scelto di diventare un martire.

Ancora peggio va alla famiglia di Alon, che appare di sfuggita in una sola scena che poco o nulla ci racconta del suo contesto di vita e del suo rapporto con i genitori.

La lettera utilizzata alla fine del film come espediente narrativo è visto e stravisto, e si poteva forse trovare un altro modo per chiudere il cerchio di una delle storie raccontate.

Il peccato mortale di questo film è la deriva didascalica: si nota presto come molte delle battute del film siano, in effetti, esplicitazioni di qualcosa che è già reso palese dalle immagini.

Ricorrendo a battute che hanno spesso e volentieri un tono retorico: “Chiunque muore qui diventa un martire”, dice Farah; “Nella vita reale, quando uccidi qualcuno, tutti perdono, perché qualcuno perde la persona che ama” dice Dan.

Tutto vero, per carità, ma sembra messo lì apposta per essere estrapolato dal contesto e citato sui social o in recensioni come questa. Frasi quasi da cartiglio dei Baci Perugina.

Un problema c’è anche nella caratterizzazione, che appare forse un po’ forzata, del personaggio di Dan: lontano da casa sua, beve e si droga per sopportare la mancanza e il dolore, sopravvivendo in una città in guerra perenne.

Insomma: la retorica regna sovrana. Quando invece si poteva optare per una scrittura in stile Io capitano di Matteo Garrone: il punto di vista di due ragazzi dal quale raccontare una storia nuda e cruda ma senza inutili spiegazioni o commenti a margine. Piacevolmente asciutta. Il viaggio di un normale giovane con tanti sogni attraverso l’inferno e i suoi espedienti per restare vivo.

In conclusione

I bambini di Gaza è un film gradevole, adatto alla visione di un pubblico scolastico, che non ha la pretesa di raccontare in modo esauriente il conflitto israelo-palestinese né di addentrarsi nell’introspezione psicologica dei personaggi messi in scena.

Malgrado i limiti a livello di scrittura, presenta comunque buone interpretazioni, una splendida fotografia e una colonna sonora d’autore che è degna di nota.

Da vedere in famiglia, senza troppe pretese.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema