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Il materiale emotivo: il silenzio che parla
Il materiale emotivo è un film che parla della nostra incapacità di esprimere emozioni e del potere salvifico dei sentimenti repressi.
Nascosto in una Parigi sospesa e rarefatta, Vincenzo (un convincente Sergio Castellitto) vive rintanato nella sua libreria. Con lui, al piano di sopra, si nasconde la figlia Albertine, interpretata da Matilda De Angelis, muta e immobilizzata su una sedia a rotelle. Il loro è un universo silenzioso, che va avanti per abitudini e gesti che si ripetono di giorno in giorno, senza mai cambiare schema.
Il tornado, Yolande
Tutto cambia con l’arrivo di Yolande, interpretata da Bérénice Bejo, attrice passionale e travolgente. Il suo spirito libero e vitale rompe la stasi di Vincenzo, lo mette di fronte a se stesso e a ciò che ha sepolto da tempo: emozioni dimenticare, desideri negati, fragilità mai affrontate. Yolande risveglia lo spirito impolverato di Vincenzo.
La potenza di Yolande è simbolica, il suo personaggio vuole rappresentare la vita nella sua forma più autentica e scomoda, quella che scuote, che ti costringe a guardarti allo specchio. È una donna che non ha paura di mostrarsi com’è, e per questo è l’opposto di tutto ciò che la circonda: rumorosa dove c’è silenzio, impulsiva dove la razionalità regna sovrana, viva dove tutti intorno a lei sono rassegnati.
Yolande non salverà Vincenzo, ma gli offrirà un’occasione per ricominciare a vivere, la vita non aspetta chi resta fermo, e le emozioni, per quanto spaventose esse siano, sono l’unica strada per riconnettersi con il senso profondo dell’esistenza umana.
L’invisibile che pesa
Il film è tratto da un soggetto di Ettore Scola, sceneggiato da Margaret Mazzantini e Sergio Castellitto, è una meditazione sulla parte più sommersa della nostra interiorità. Il materiale emotivo non si mostra, non si urla, spesso si reprime, si schernisce, di addomestica, fino a diventare un’ombra silenziosa che abita il nostro corpo ogni giorno.
Voce che sussurra
Con uno stile intimo e malinconico, Castellitto, dirige una pellicola che non pretende di spiegare, ma di evocare. È un invito a riconoscere e a dare voce a ciò che, per paura o abitudine, spesso soffochiamo. Il materiale emotivo è l’insieme di tutte quelle cose che non abbiamo mai fatto né detto.
Parigi che ha fatto da sfondo per questo film, non è effettivamente una città reale, ma una visione illustrata, quasi onirica, che riflette lo stato emotivo del protagonista. Anche l’amore che fiorisce tra Vincenzo e Yolande è timido, teme di disturbare l’equilibrio precario delle vite dei protagonisti.
Il film ci invita a far pace con le nostre emozioni più intime, senza giudicarle o mascherarle. Anche grazie alla sua semplicità narrativa, la pellicola, diventa una sorta di carezza: ci ricorda di dare sempre spazio al nostro materiale emotivo, perché non è un atto di debolezza, è solo coraggio. Ed è anche l’unico modo per tornare a sentirci vivi. Forse, il vero atto rivoluzionario è imparare a sentire, invece che continuare a trattenere.
