It Ends With Us: la recensione di Almanacco Cinema

È uscito in Italia il chiacchierato It Ends With Us. Il film di Justin Baldoni ha incassato oltre duecento milioni negli Stati Uniti. Ecco la nostra recensione.

Nelle scorse settimane vi avevamo parlato del clamore mediatico creatosi intorno alla promozione di It Ends With Us. Le polemiche stavano finendo per porre in secondo piano il vero tema del film, quello della violenza domestica. Effettivamente, alcuni errori dal punto di vista della comunicazione sono stati fatti. Tuttavia, la pellicola sembra vittima degli stessi difetti.

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Colleen Hoover che è stato un vero e proprio caso letterario. Il libro, ispirato alla famiglia della stessa autrice, ha venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in più di venti lingue.

La popolarità del libro ha sicuramente contribuito al successo commerciale di It Ends With Us. Justin Baldoni, regista e coprotagonista, ha preso le redini di un lavoro che sulla carta aveva già in programma tanti biglietti staccati. Proprio per questo motivo, forse, alcune cose potevano essere fatte in modo differente.

La trama di It Ends With Us

Lily (Blake Lively) e Ryle (Justine Baldoni), neurochirurgo, si incontrano per caso, si piacciono da subito, ma le circostanze li allontanano. Mesi dopo si ritrovano l’uno di fronte all’altra. Lily sta aprendo un negozio di fiori e ha assunto come sua assistente Alyssa (Jenny Slate), sorella di Ryle. Dopo un lungo corteggiamento la relazione parte e all’inizio tutto sembra andare nella giusta direzione.

Tramite alcuni flashback scopriamo qualcosa del passato di Lily. La ragazza è cresciuta con un padre violento, e da adolescente ha trovato l’amore in Atlas, giovane senzatetto scappato anche lui da una situazione di abusi.

Durante una cena organizzata da Lily per presentare Ryle a sua madre, la donna ritrova a distanza di anni Atlas. Il ragazzo, con la passione per la cucina sin da giovanissimo, ora gestisce un apprezzato ristorante di Boston.

Nel frattempo, Ryle inizia a mostrare un lato fino a quel momento celato del suo carattere. Quelli che sembrano all’apparenza degli incidenti, sono in realtà comportamenti violenti del neurochirurgo nei confronti della moglie. L’uomo rabbioso, possessivo e manesco, torna, però, sempre sui suoi passi, illudendo Lily che vada tutto bene.

L’unico ad accorgersi della gravità della situazione è proprio Atlas che, conscio del passato di Lily, vorrebbe aiutarla a liberarsi di quella situazione. Sarà, tuttavia, la donna stessa a prendere in mano, nel finale, le redini del proprio futuro.

Tra romcom e dramma

Tra le critiche alla promozione del film c’era il fatto che It Ends With Us viene presentato quasi come una commedia romantica. Di fatto, però, per una buona percentuale del sostanzioso minutaggio totale, lo è. Anche quando i toni si fanno decisamente drammatici, e il film funziona da quel punto di vista, il romanticismo arriva fastidiosamente a edulcorare.

La doppia natura di It Ends With Us è forse il suo più grande punto a sfavore. Il mix di generi non è mai un problema in quanto tale. Anzi, ci sono film che brillano proprio grazie alla varietà dei toni (penso, per esempio, a E ora dove andiamo? di Nadine Labaki). La tecnica funziona quando i confini, seppur sottilissimi, rimangono tali. Se si sfuma, soprattutto quando l’argomento è così cruciale, si cammina sulle uova e il rischio di romperle è altissimo.

It Ends With Us inizia come una romcom e si dilunga (anche troppo) sulla nascita della relazione tra Lily e Ryle. La natura delle conversazioni, soprattutto la prima sul tetto, non è neanche particolarmente accattivante. Quando è evidente che la relazione tra i due ha poco da offrire in termini di romanticismo, il plot romantico si ristabilisce con Atlas.

Il racconto di questo amore giovanile funziona molto bene nei flashback. Inoltre, è impressionante la somiglianza dell’attrice che interpreta la giovane Lily, Isabela Ferrer, e Blake Lively. Tuttavia, nel presente, perde il suo candore e si scontra con qualcosa di ben più serio che sta avvenendo.

Il mascheramento della violenza

Un aspetto su cui il film lavora, invece, in modo interessante è nel dipingere la percezione della violenza. Baldoni ricostruisce con l’immagine quelle che sono le frasi che caratterizzano la dissociazione di chi ne è vittima. Le prime ferite sul corpo di Lily sono causate da “incidenti”. Vediamo un gomito che involontariamente la colpisce in volto e una caduta accidentale dalle scale.

Quello che vediamo, però, è soltanto quello che lei racconta: la verità di quei gesti arriverà più avanti nel film. Solo quando la stessa Lily prende coscienza di ciò che ha dovuto sopportare allora lo spettatore viene messo di fronte alla verità.

L’espediente, seppur intuibile, riesce a spiegare le ragioni per cui spesso è difficile liberarsi da una situazione di abuso. L’ambiguità dell’abusatore, con l’oscillazione continua tra l’aggressione e il pentimento, è una caratteristica tipica della violenza domestica. Lily appare disorientata, incapace di definire in modo chiaro quei momenti, proprio perché Ryle è anche il primo a “prendersi cura” di lei subito dopo.

Come si legge in un articolo di Save the Children i gesti violenti “si intervallano spesso a false riappacificazioni, momenti di relativa calma in cui la coppia vive la cosiddetta fase della luna di miele, questo processo contribuisce a confondere la donna, aumentandone al contempo l’insicurezza”.

L’estetica troppo patinata di It Ends With Us

In linea con il lato romantico e non con quello drammatico è l’estetica del film. Da un punto di vista fotografico il film è piacevole da guardare. Le scene, sempre molto luminose, danno risalto ai volti attraenti e innamorati dei protagonisti.

La colonna sonora, molto pop, spazia dai Cigarettes After Sex a Lana del Rey, passando per Lewis Capaldi e Taylor Swift. La cantautrice, che viene anche ringraziata nei titoli di coda, è presente con il brano My Tears Ricochet, inserito verso il finale del film.

Fotografia, colonna sonora, ma anche scenografie e costumi finiscono, però, per creare un’atmosfera fin troppo leziosa. Nel cinema la forma conta quanto il contenuto e, forse, il racconto di una storia così drammatica avrebbe meritato qualcosa di diverso. Se la “bellezza” è fine a sé stessa, come in questo caso, se ne può fare a meno.

In conclusione

It Ends With Us è un film che pur partendo probabilmente da buone intenzioni non funziona fino in fondo. La fotografia e la colonna sonora, entrambe curate ed esteticamente belle, seppur godibili, rischiano di incontrare la tematica in modo brusco. L’effetto è un po’ quello di un corto circuito.

Il tema non viene sviscerato in modo del tutto sbagliato, il finale prova a dare una soluzione, ma le incursioni sono troppe. Il plot romantico, commovente nei flashback, nel presente distrae e allontana dal focus. Il trauma infantile di Ryle, invece, rischia di semplificare le radici della violenza allontanandole dal discorso culturale che appare oggi determinante.

Infine, la discutibile strategia promozionale poteva essere giustificata solo laddove, una volta in sala, il film risultasse cristallino nel racconto. Così non è, e allora quella leggerezza che inneggia a fiori e a serate tra amiche (un po’ alla Barbie) infastidisce e mette a disagio.

It Ends With Us, dunque, è un’opera cinematograficamente valida che, proprio per questo motivo, poteva evitare edulcorazioni in stile Hollywood. Se vi aspettate un film sentimentale (e se questo era l’obiettivo, d’altronde è così che Lively lo presenta) allora potrebbe incontrare il vostro gusto. Se invece vi aspettate una riflessione complessa e sensibile sul tema della violenza domestica ci sono certamente film più efficaci.

Rossella Parascandola

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