La camera di consiglio, la recensione

La camera di consiglio ci chiude in mura di coraggio ed umanità, senza prendersi rischi e senza coinvolgere davvero, ma semplicemente raccontando una storia.

Molto spesso, quando si pensai ai periodi storici passati, ne viene fuori un quadro narrativo completamente in contrasto con il tempo che si vive, come a descrivere persino due mondi diversi. I crimini sensazionalistici che hanno coperto infinite pagine di giornali negli addietro – soprattutto qui in Italia – sembrano essere finiti, o comunque, praticamente scomparsi.

Che sia perchè, fortunatamente, di questa cronaca sono finiti i vecchi artefici, o che sia perchè, sfortunatamente, di fatti loschi non si discute alla luce del sole, il cinema ci offre una via per ricordarci, per studiare, per non scordare. Tra i film italiani usciti nell’ultimo periodo, oltre a 40 secondi di Vincenzo Alfieri, La camera di consiglio ci aiuta in quest’operazione storiografica.

La camera di consiglio

La camera di consiglio è la nuova opera di Fiorella Infascelli – già autrice di Era d’estate, sul periodo trascorso da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sull’isola dell’Asinara – e che ci racconta la storia degli otto giurati che, costretti al “confino” per poco più di un mese, hanno dovuto decidere le varie condanne ed assoluzioni per i 460 imputati del Maxiprocesso del 1986.

Il film è ambientato unicamente nelle stanze del bunker dove la giuria è chiusa, bunker situato nel carcere dell’Ucciardone, proprio dove gli imputati non latitanti erano imprigionati. Il cast, composto dagli otto della giuria, vede Sergio Rubini e Massimo Popolizio nei ruoli, rispettivamente, del Presidente e del Giudice a latere, accompagnati da Betty Pedrazzi, Claudio Bigagli, Stefania Blandeburgo, Rosario Lisma, Roberta Rigano e Anna Della Rosa.

Maxiprocesso

C’è da dire subito una cosa. La sceneggiatura del film è stata scritta dalla stessa regista, che si è avvalsa della collaborazione di Francesco La Licata, eminente giornalista che si occupava di mafia a Palermo negli anni ’70, e della consulenza storica di Pietro Grasso, Giudice a latere del vero Maxiprocesso. Se c’è un punto da cui partire, è assolutamente la ricostruzione storica di questo film.

Quello che si vede è un’accuratezza ed una precisione, anche nei dettagli, che non lascia spazio a dubbi o domande storiche. È un racconto narrativamente lineare, semplice e preciso dello svolgersi dei fatti, che solo raramente si prende del tempo per sè. Seppur si apprezza tutto ciò, questa non-drammatizzazione tende a trasformare l’opera in qualcosa di meno cinemtografico rispetto alla sua promessa. E si vede.

Non si scelgono i sogni

Di film sulla mafia, ne abbiamo visti tanti, ed alcuni ampiamente validi. Basterebbe citare Il traditore di Marco Bellocchio. Ma la premessa di questo film, non solo poteva offrirci una prospettiva unica sull’argomento, avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di più. Il paragone forzato con La parola ai giurati viene spontaneo, ma le differenze tra questa pellicola ed il capolavoro di Sidney Lumet sono più delle similitudini.

Purtroppo, i conflitti ed i possibili momenti di climax si risolvono come nascono, e si chiude tutto immediatamente, passando subito alla cosa successiva. Sicuramente, il pessimo montaggio non aiuta, ma il ritmo risulta comunque sbagliato e, dei personaggi, non c’è nulla di interessante nè qualcosa di vagamente empatico. Sembrano attori di una piece teatrale.

Discendenti di un Dio minore

Bisogna dire che, se il film può sembrare una solita fiction Rai che ha semplicemente avuto la fortuna di finire sul grande schermo, non è così. Ci sono molte idee interessanti, ed in alcune piccole scene la scenografia si sposa alla perfezione con la luce, ma la sceneggiatura non permette ai personaggi di respirare da soli, dandogli paradossalmente troppo spazio per muoversi e troppo poco spazio per vivere da sè.

Insomma, La camera di consiglio sarebbe potuta essere una memorabile opera italiana, concettualmente quasi mai vista in produzioni nostrane – si pensa solamente a Perfetti sconosciuti o Follemente – ma che punta più sul restituire i fatti, senza aggiungere nulla in più. Il tutto risulta in un film che si lascia guardare – chiudendo gli occhi sulle molte imperfezioni – ma che poteva essere di più e che non rivedrete mai una seconda volta.

🎬 Valutazione

Regia
★★★
Interpretazioni
★★★
Storia
★★★
Emozioni
🏆 Voto Totale
2.5
★★⯨

Lorenzo Maulicino

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