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La voce di Hind Rajab in tutti noi
Un urlo disperato, un grido all’umanità, un testamento orale che ci affida una responsabilità fondamentale da condividere: La voce di Hind Rajab.
Non è per niente facile parlare di un film come questo, neanche ce ne sarebbe bisogno, forse. Bisognerebbe semplicemente che tutti andassero a vedere questo film, che venisse mostrato nelle scuole, con la consapevolezza che c’è un prima ed un dopo aver visto La voce di Hind Rajab. Ma, un’esperienza unicamente straziante e cruciale come questa, è la cosa più importante di cui questo mondo necessita al momento.
La voce di Hind Rajab è un’opera presentata in anteprima mondiale alla scorsa Mostra del cinema di Venezia e che ha ricevuto una standing ovation di quasi 24 minuti, alzando il precedente record de Il labirinto del fauno – fermo a 22 minuti. Il film ha ottenuto il Leone d’argento, cioè il Gran premio della giuria, ma meritava ben altro. Uscito il 25 settembre in Italia, è ancora disponibile in molte sale, quindi, andatelo assolutamente a vedere.
La voce di Hind Rajab
La voce di Hind Rajab è il resoconto più o meno esatto degli eventi del 29 gennaio 2024. In un centralino palestinese della Mezzaluna Rossa, durante il pomeriggio, arriva una chiamata: una piccola bambina di nome Hind è chiusa in macchina, accanto ai suoi zii e cugini morti. La macchina è stata assaltata dai proiettili israeliani, mentre la famiglia cercava di fuggire da Gaza.
Costretta a rimanere nascosta per ore in auto, Hind è rimasta al telefono con il centralino per ore e ore, nell’attesa che partisse un coordinamento per riuscire a portarla in salvo. La sua voce nel film corrisponde alle reali registrazioni audio di quel giorno, con il film che alterna tra rappresentazione cinematografica e cruda realtà, fino alla conclusione, in cui c’è solo la verità: il 10 febbraio dello stesso anno, viene trovata l’auto, colpita da 335 colpi, con i cadaveri della famiglia, inclusa Hind. Non troppo lontano, l’ambulanza inviata, trovata distrutta e con i suoi paramedici assassinati.
Salvezza
La regia di Kaouther Ben Hania usa un mezzo narrativo di un incrocio perfetto tra finzione e documentario – come già aveva fatto per Le quattro figlie. Siamo sempre nel centralino e tutto è preso dai fatti veri. Tutto è interpretato, quindi, lei ha deciso di evitare giudizi sulal reinterpretazione dei fatti, lasciando che la storia stessa parli per sè. A volte, per una vera azione, significa essere confrontati dal vero orrore del dramma. A questo, non c’è scampo.
Chiunque vedrà il film, avrà un’esperienza molto difficile, quanto è difficile anche solamente raccontarlo. Un sentimento di impotenza, di essere indifesi e sperare che, mentre il mondo crolla, almeno una bambina riesca a salvarsi. I quattro interpreti protagonisti – Saja Kilani, Motaz Malhees, Amer Hlehel e Clara Khoury – portano tutto questo al punto che si sovrappongono con i reali filmati di quel giorno lì – mostrati con un’intelligentissima tecnica.
Guerra
La voce di Hind Rajab, insieme a Palestine 36 e Tutto quello che resta di te, sarà presentato dalla Tunisia come candidato per l’Oscar al miglior film internazionale – gli altri rispettivamente per la Palestina e per la Giordania. Affinchè questo potesse succedere, e che la sua disponibilità mondiale crescesse, Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer e Alfonso Cuaron sono sub-entrati come produttori esecutivi.
Nonostante l’ipocrisia di alcuni di questi nomi, la cosa importante su questo film è che venga visto da tutti. In un anno costellato da film politici come La trama fenicia, Una battaglia dopo l’altra, Superman e così via, questa opera è la definitiva. Non è neanche un film, è un mezzo di protesta – come ha detto la regista – uno strumento di attivismo, un testamento sulla vita e sulla morte, sulla pace e sulla guerra.
Il mondo che guarda
Il mondo ha guardato ed ascoltato. Quel 29 gennaio, come il 7 ottobre. Chissà in quanti hanno aperto le orecchie nel maggio del 2021, quando la polizia israeliana attaccò dei civili in una moschea o quando ne sfrattò diversi dalla stessa zona. Chissà in quanti hanno manifestato nell’estate del 2014 quando Israele attaccò Gaza, producendo circa 2.300 morti, di cui almeno il 60% civili. Delle voci c’erano già, ma nessuno le ha sentite in tempo.
Adesso, sfortunatamente, Hind non ha più una voce, come miglialia e miglialia di persone, figli e figlie, madri e padri, senza una voce. La loro voce, ora, è anche la nostra, deve essere anche la nostra. Perchè tutti noi abbiamo una responsabilità, ed una possibilità di realizzarla. Il mondo si è svegliato tardi, forse troppo tardi, e non merita nessuna glorificazione, ma può alzare la voce, farsi sentire davvero, così che la voce di Hind Rajab non muoia mai.