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Million Dollar Baby, la forza della determinazione
In occasione del novantaquattresimo compleanno di Clint Eastwood, proponiamo un focus su uno dei film più commoventi del regista americano. Million Dollar Baby, miglior film agli Oscar del 2005, compirà, inoltre, vent’anni tra qualche mese.
L’arena di un incontro di boxe in corso. Una voce narrante introduce il personaggio di Frankie, il miglior cutman in circolazione. Il suo pugile si è ferito, e il taglio non smette di sanguinare. Lui tampona e invita il boxer a farsi colpire proprio lì. Capiremo poi che è l’unico modo per far arrivare in profondità il coagulante.
Nella boxe, si ripete spesso nel film, tutto è al contrario.
La soggettiva di qualcuno che entra al palazzetto: è Maggie, una giovane aspirante pugile. Ha uno sguardo affascinato e un sorriso di entusiasmo, ma non è l’incontro che sta guardando. È Frankie l’oggetto del suo desiderio.
Così inizia Million Dollar Baby. Clint Eastwood, dopo il mancato successo del precedente Debito di sangue, realizza un film da manuale. Una sceneggiatura granitica e precisa, una regia visiva ed espressiva, e attori in stato di grazia sono gli ingredienti.
Il soggetto è tratto dalla collezione di racconti Rope Burns: Stories from the Corner scritti dall’ex allenatore di pugilato F.X. Toole. Da uno dei racconti Paul Haggis trae la sceneggiatura che vinse il Satellite Award nel 2006.
Million Dollar Baby, la trama
Tutto ha inizio con l’incontro tra Frankie (Clint Eastwood) e Maggie (Hilary Swank). Lui è un esperto ma scontroso e chiuso manager di pugilato. Lei un’aspirante pugile, emblema dell’ostinazione e del desiderio, che è convinta che sotto la guida di Frankie diventerà una campionessa.
Frankie prova in tutti i modi a resisterle ma alla fine cede. I due iniziano così a collaborare e stringono un legame affettivo che assume lentamente il colore di un rapporto padre-figlia.
A un passo dalla vetta del mondo, qualcosa va storto. Un po’ il caso un po’ una scorrettezza condannano Maggie a una perpetua paralisi fisica. Lei, che ha quasi realizzato il suo sogno, non riesce ad accettare di non avere più il controllo della sua vita.
Soddisfatta di ciò che ha vissuto finora, ma desiderosa di poter scegliere fino alla fine, chiede a Frankie di aiutarla a morire. Frankie inizialmente non vuole, ma alla fine, proprio in nome di quell’amore che li lega, acconsente.
La boxe come metafora della vita
Tantissimi sono stati e probabilmente saranno i film che gravitano intorno al mondo della boxe. Fra tutti non si può non citare il cult Rocky (1976) scritto e interpretato da Sylvester Stallone. Lo scontro fisico che la caratterizza concretizza quello spirito primordiale, quella lotta alla sopravvivenza che contraddistingue l’essere umano. Sul ring poi si è da soli, come nella vita. Si può contare soltanto sulle proprie forze, sulla propria resistenza e sulla capacità di cogliere l’istante giusto per sferrare il colpo decisivo.
Drammaturgicamente è lo spazio ottimale e il pretesto perfetto per le storie di riscatto personale. Million Dollar Baby, però, non è solo questo. Per tentare un confronto con l’altro caposaldo del cinema sportivo c’è un elemento fondamentale che distingue Maggie da Rocky.
Il pugile italo-americano ha come obiettivo finale del suo viaggio la conquista della fiducia in sé stesso. Uno dei grandi malintesi quando si parla di Rocky è ricordare erroneamente che il film termini con la sua vittoria. Rocky non vince, ma viene battuto soltanto ai punti da Apollo. Dunque, è rimasto in piedi fino alla fine e per lui è questo quello che conta. In questo modo ha dimostrato, soprattutto a sé stesso, di potercela fare.
Maggie, invece, questa fede ce l’ha già. Non ha nulla da perdere e per questo la sua determinazione è come un diamante, impossibile da scalfire. Eastwood ci aiuta in questo. In tutte le scene in cui Maggie si allena in palestra, alle sue spalle c’è un cartello.
“I vincitori sono disposti a fare ciò che i perdenti non fanno”. È lì, lo vediamo subito, varie volte. Allo stesso modo vediamo che Maggie è praticamente sorda al cinismo di Frankie. Para tutti i colpi che l’uomo prova a sferrarle, e per questo siamo certi sin dall’inizio che ce la farà. È quello che accade dopo a trovarci impreparati.
Million dollar baby, il finale
Non è un film sulla boxe, ma non è neanche un film sull’eutanasia. È un film che però avvicina lo spettatore alle scelte dolorose che l’essere umano è chiamato talvolta a compiere. Nella boxe è tutto al contrario, sì, ma capita che a volte sia così anche nella vita. Non c’è linearità, non c’è senso, non c’è destino. E allora scegliere la morte può voler dire, invece, celebrare la vita vissuta.
Il finale di Million Dollar Baby è anticipato da una scena più o meno a metà film. Maggie è in macchina con Frankie. Dal finestrino una bambina che accarezza il suo cane le disegna sul volto un’espressione tra la nostalgia e la tenerezza. Racconta a Frankie che suo padre aveva un cane a cui era molto legato, Axel, che aveva problemi agli arti posteriori. Una mattina il padre, già gravemente malato, lo aveva portato nel bosco tornando però senza di lui.
Esattamente dopo questo racconto Maggie dice a Frankie che al mondo non ha che lui. Inoltre, è proprio a questo racconto che farà riferimento quando chiederà a Frankie di aiutarla. Gli chiede lo stesso sacrificio ma soprattutto la stessa responsabilità del padre nei confronti di Axel.
Frankie, nel pieno del suo conflitto interiore, prova a confidarsi con un sacerdote. Il dialogo, però, dimostra l’impossibilità di rispondere con la rigidità dei dogmi delle grandi istituzioni alla complessità della vita. Al contrario Frankie, che sta vivendo la verità di quella situazione, coglie un fattore importante. Maggie ha raggiunto i suoi traguardi solo grazie alla sua volontà, alla forza del suo desiderio. Adesso desidera morire, in nome proprio di ciò che ha vissuto, ma le manca la cosa più preziosa: la libertà.
Frankie, nell’assecondare la volontà della ragazza, compie un estremo gesto d’amore perché le restituisce il potere di decidere per sé stessa. Così Maggie lascia la vita con la stessa “forza” con cui l’ha vissuta, e sotto lo sguardo amorevole di chi l’ha amata profondamente.
Million dollar baby, la regia di Clint Eastwood
La regia di Clint Eastwood, vincitrice dell’Oscar 2005, accompagna con accuratezza la sceneggiatura già ben strutturata di Paul Haggis. Niente è lasciato al caso. Dalle inquadrature per presentare i personaggi, sino alla ripresa continua di quel maledetto sgabello su cui Eastwood cerca di attirare la nostra attenzione da subito.
Un elemento sofisticato su cui vale la pena soffermarsi è il passaggio di testimone tra Scrap e Frankie. Scrap, interpretato da un magistrale Morgan Freeman, rappresenta l’archetipo del mentore. È il vero playmaker del film: ogni sua parola e ogni sua espressione hanno un effetto sulle azioni degli altri.
Ed è lui il primo ad accorgersi che Maggie ha qualcosa che gli altri non hanno. Inizia così spontaneamente a darle le prime dritte sul gioco. Il primo scambio in questo senso tra i due viene preceduto da un’inquadratura di Scrap tra buio e luce.
La scena del confronto decisivo tra Maggie e Frankie viene preceduta da un’inquadratura identica con Frankie al posto di Scrap.
Visivamente il regista ci suggerisce cosa sta per avvenire. Si tratta, infatti, del dialogo cruciale in cui Maggie vince le resistenze di Frankie. Con una stretta di mano in corrispondenza di quel sacco veloce, che era stato oggetto di contesa, inizia l’avventura di entrambi.
Danger, il pugile “tutto cuore”
Merita qualche parola, infine, il personaggio del giovanissimo Danger. Anche lui come Maggie è un emarginato, abbandonato dalla sua stessa famiglia. Preso perennemente in giro dagli altri pugili, è Scrap a tenerlo sotto la sua ala protettiva.
A discapito della razionalità o della ragionevolezza, è convinto che diventerà un grande pugile e per questo è sempre carico. Forse, come nel caso di Maggie, non è casuale che la prima inquadratura su di lui includa la scritta “fire” dell’estintore. Saltella, sferra pugni all’aria, si sprona da solo con cori di incitamento. La sua ingenuità, però, così pulita e così gioiosa, lo rende vittima del bullo di turno, Shawrelle.
Ad anticipare l’ultimo incontro di Maggie, come fosse un cattivo presagio, Danger viene sfidato da Shawrelle. Il pugile, con la vergognosa foga di chi sa di combattere con qualcuno che non sa difendersi, lo strema. Scrap accorre ad aiutarlo, sferra a Shawrelle forse il pugno più soddisfacente del film, ma raccoglie anche la presa di coscienza di Danger. Insanguinato e fisicamente spezzato il ragazzo sembra aver perso la scintilla della speranza.
Poco prima dei titoli di coda, dopo la morte di Maggie, Eastwood però permette allo spettatore di riprendere fiato. Danger torna in palestra e, a un orgoglioso Scrap, rivela che tornerà ad allenarsi perché “anybody can lose one fight”. Nonostante l’emarginazione e il sopruso nessuno potrà spegnere il suo fuoco.
In conclusione
Million Dollar Baby è un film che a distanza di vent’anni continua a emozionare e a far riflettere. Affronta con coraggio temi complessi senza banalizzarli, ma anzi accogliendone tormenti e contraddizioni.
Non è, però, un film sulla morte. La vera luce del film è, infatti, la Maggie di Hilary Swank. L’attrice coglie perfettamente la cieca speranza della sua eroina, che però non è una sprovveduta. Maggie dimostra in più di una occasione di essere consapevole dei suoi limiti. Tuttavia, fa forte dentro di sé il suo desiderio. Sceglie di provarci e di lottare a costo di sembrare ridicola. Da fuori non si può non amare e non rimanere affascinati da chi, a dispetto di una vita “sfortunata”, trova dentro di sé il coraggio della speranza.
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