Ore d’estate, il dolore della nostalgia

Olivier Assayas mette in scena la nostalgia regalandone una delle rappresentazioni piu’ vivide del grande schermo.

La nostalgia è uno dei sentimenti piu’ umani ed universalmente condivisi col quale combattiamo in un rapporto di amore ed odio. Rifugio in un ricordo dolce del nostro passato o della nostra infanzia ma anche crogiolamento in una realtà fittizia e ormai nulla. Il regista francese Olivier Assayas mette a fuoco questo sentimento come fosse un quadro, analizzando più punti di vista riguardo la nostalgia e i ricordi che la creano, in una storia tutta francese.

La trama

Ogni estate, Frederic, interpretato da Charles Berling, Adrienne, Juliette Binoche e Jérémie, Jérémie Renier, si riuniscono a casa della madre Hélène, Edith Scob, con le rispettive famiglie in campagna, nella regione dell’Ile de France. L’evento oltreché raro e magico rappresenta un’occasione di ricongiungimento per la famiglia e di isolamento dalla realtà urbana e consumista nella quale vivono ormai i figli di Hèléne, sempre più lontani da casa, eccetto per Frederic, l’unico rimasto in Francia.

Frederic, di fatti è anche il piu’ affezionato alla casa ed intento a tenerla in seguito alla dipartita della madre, diversamente pero’ dal fratello e dalla sorella, piu’ immersi nella loro vita attuale che all’effetto della nostalgia di casa e della loro infanzia.

La potenza della nostalgia

Il regista mette subito in gioco la nostalgia dai primi minuti del lungometraggio nella splendida sequenza d’apertura che ci mostra l’estate, l’infanzia e la famiglia come una vecchia polaroid, un ricordo vivido eppure che può sbiadire in un paio d’ore, senza neanche rendercene conto. In una sorta di riunione familiare, Olivier Assayas ci tira uno schiaffo morale con la sequenza della dipartita di Hélène mostrandoci le reazioni dei tre fratelli e mettendoci di fronte allo struggente parallelismo della casa della madre prima e dopo la sua scomparsa.

Un grande testamento alla propria infanzia e ai propri ricordi, Ore d’estate ci fa riflettere sul peso dell’eredità e della percezione emotiva che tra i figli di Hèléne è messa in discussione ormai dalle proprie vite e soprattutto da un mondo ed una società che non possono convivere con la vecchia dimora di campagna ricca di cimeli e pezzi d’arte, culla di ricordi di un mondo che non esiste piu’.

Arte tra le cifre

Oltre a farci riflettere sulla svalorizzazione della famiglia e delle radici, delle proprie origini, Olivier Assayas ci mette di fronte ad una realtà fredda che non lascia spazio a sentimentalismi e bei ricordi di un passato che pero’ non tornerà mai piu’ e proprio per questo quando vediamo il desiderio di Frederic di tenere tutti i cimeli d’arte dellla propria famiglia e della casa stessa per i figli e i futuri predecessori empatizziamo tutti con lui.

Un desiderio infranto dalle necessità economiche imposta da una società consumista che ha distrutto la famiglia e l’arte mercificandoli e riducendoli ad un mucchio di cifre anonime e vuote che non hanno nulla a che fare col reale valore che ha un oggetto in base a noi, a come l’abbiamo visto, con chi l’abbiamo condiviso ed i ricordi che popolano tali oggetti.

Anche per questo riusciamo ad empatizzare ancora di piu’ con la casalinga Eloise, interpretata da un ammirevole Isabelle Sadoyan, che rimane l’ultimo vero baluardo di quell’infanzia, di quella preistoria ormai, di quel mondo puro fatto di legami, famiglia e valori che oggi sembra sempre piu’ lontano, come la stessa Eloise sembra un’anomalia, soprattutto quando alla possibilità di portarsi un oggetto della casa con sé, decide di prendere un semplice vaso dove la sua amica Hèléne amava mettere i fiori, a discapito di un oggetto dallo spropositato valore economico.

Filippo Maulicino

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