Paternal Leave: un abbraccio caldo in un mare d’inverno

La recensione su Almanacco Cinema di Paternal Leave, l’emozionante e personale esordio cinematografico alla regia di Alissa Jung con Luca Marinelli.

Se avete dei figli, vedete questo film. Se avete dei genitori, vedete questo film. Se avete commesso degli errori nella vostra vita, vedete questo film. Ad ogni modo, se siete esseri umani, vedete Paternal Leave, lungometraggio d’esordio di Alissa Jung – già interprete e regista di diversi cotrometraggi – uscito nelle sale italiane il 15 maggio e presentato in anteprima mondiale alla 75esima edizione della Berlinale.

Questa pellicola, frutto di una co-produzione Italia-Germania, è una turbina di emozioni, in cui il viale della riscoperta del passato è in realtà un modo per accedere al futuro e per vivere nel presente, con una nuova consapevolezza di sè e del mondo attorno, seppure perennemente accompagnati dalla nostalgia e dal rimorso. Ma d’altronde, non è così per tutti?

Paternal Leave

La storia segue LeoJuli Grabenherich alla sua prima interpretazione di una importante carriera, si spera – una ragazza tedesca di quindici anni che, dopo un litigio con la madre, parte alla volta di Marina Romea, un piccolo villaggio marittimo della cost settentrionale italiana, alla ricerca di suo padre PaoloLuca Marinelli, marito di Alissa Jung nella vita reale – che la ragazza non ha mai conosciuto.

Il periodo che padre e figlia trascorrono assieme servirà ad entrambi per trovare un rapporto che non ha mai avuto possibilità di sbocciare, ma anche per riscoprirsi interiormente, mettendo alla prova tutto ciò in cui credevano e ciò che li spingeva in avanti.

Il diritto di decidere

Un paternity leave sarebbe un congedo di paternità, cioè un congedo obbligatorio dal lavoro per i padri lavoratori, affinchè essi possano spendere maggior tempo con i proprio figli. Il paternal leave a cui si riferisce il titolo non esiste realmente, ma lo potremmo definire come un congedo DALLA paternità, come quello che Paolo decide di prendersi dalla figlia, per ben quindici anni.

Forse parlare di decisione è sbagliato, ma anche parlare di scelta. Bisogna comprendere, infatti, che il fondo sul quale si regge questo film in primis, ma in generale i rapporti umani, è la convivenza, la coesistenza di anime diverse, di voci diverse. Il Paolo dello straordinario – forse quanto in M. – Marinelli è goffo, spaventato, detestabile a tratti, mentre Leo è arrogante, decisa, desiderosa ed amabile. Ma comunque, nessuno dei riesce ad odiarsi, nessuno dei due riesce ad avvicinarsi, nessuno dei due riesce a scegliere cosa decidere, nonostante ne abbiano il diritto.

Le colpe dei genitori

Tutti hanno diritto di decidere la propria vita. Così dice Leo nel film, e forse è vero, ma non tutti devono riscattare questo diritto e, non tutti possono liberarsi per decidere. Le colpe dei genitori ricadono sui figli. Allo stesso modo, ciò che di buono c’è in un genitore, passa in eredità ai figli, seppur non sia uin processo automatico per tutti.

Insomma, la storia che ci racconta Jung ci pone dei dilemmi morali, ai quali non c’è risposta, non c’è giudizio dall’esterno. Lo spettatore viene proiettato nel mondo di Leo, noi vediamo tutto ciò che Leo vede e sappiamo quanto sa lei, ma non per questo siamo noi i figli senza padre. Anche perchè, se un figlio perde un padre è un orfano, ma un padre che perde un figlio cos’è?

Come le onde di un oceano

Nel freddo mare d’inverno in cui navigano i due protagonisti assoluti della storia, nessuno annega, al massimo rimane ghiacciato, Una delle prime immagini è quella della spiaggia – ricordando per tutti i 113 minuti le vibes anni ’90 della Ostia di Non essere cattivo del compianto maestro Claudio Caligari – e dei macchinari e delle scavatrici che la sormontano. Il tempo sembra bloccato, come immobile, ma il vento è forte e le onde sono alte.

E, seppur due diverse onde sembrano due cose distinte, sono parte dello stesso oceano, sono la stessa cosa. E, forse, c’è un qualcosa di più grande che si muove, qualcosa di più grande che ricongiunge tutti e che è oltre le semplici definizioni dell’essere e, in questo caso, dell’essere un genitore o un figlio. Quasi tutti possono diventare un padre, ma non tutti possono fare il papà.

Lorenzo Maulicino

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