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Quell’estate con Irène, la recensione

Quell’estate con Irène è una pellicola del 2024, diretta da Carlo Sironi e co-prodotta da Rai Cinema. Presentato alla 74esima Berlinale, è un film delicato e riflessivo che riesce a trasportare il pubblico nel periodo sospeso dell’adolescenza. 

Quell’estate con Irène, la trama

Durante l’estate del 1997,  la diciassettenne Clara, interpretata da Maria Camilla Brandenburg, trascorre le vacanze in una clinica riabilitativa oncologica, insieme ad altri giovani affetti da tumore. Passa le sue giornate in solitudine, fino a quando non incontra Irène (Noée Abita).

Le due adolescenti sembrano completamente diverse, la prima timida e riservata, la seconda sfacciata e intraprendente, ma questo non fa che consolidare ancora di più la loro amicizia.

Sono legate dallo stesso desiderio di lasciarsi la malattia e le cure riabilitative alle spalle per poter iniziare a vivere una vita normale, come quella dei loro coetanei.

Quando la gita fuori porta sta  giungendo al termine, decidono di scappare dal pullman che le stava riportando in città e si dirigono verso il mare.

Passano così un periodo non ben definito su un’isola sconosciuta, dove incontreranno altri ragazzi e dove potranno finalmente vivere la loro prima, vera, estate.

Quell'estate con Irène

Quell’estate con Irène, la regia di Sironi

Quell’estate con Irène è il secondo film del regista Carlo Sironi, dopo Sole del 2019. 

Il suo è uno stile essenziale, privo di virtuosismi. Il regista ha lasciato da parte tutto ciò che è superfluo, donando al pubblico un’esperienza visiva contemplativa.

Sironi riesce a trasportare lo spettatore all’interno della scena, tanto che, guardando il film, si ha quasi la sensazione di poter sentire il sole sulla propria pelle, l’odore del mare, come se si potesse essere lì, su quell’isola, insieme alle due protagoniste. 

Il ritmo della narrazione è lento e meditativo e il tempo sembra essere sospeso. Questo elemento riflette anche il sentimento di attesa che vivono Clara e Irène, non più malate ma nemmeno totalmente guarite, non più bambine ma nemmeno adulte, immerse in una piccola finestra di libertà ma che dovrà presto finire. 

Questo sentimento di sospensione si riflette anche nella sceneggiatura, scritta dallo stesso Sironi e da Silvia Tamma.

I dialoghi sono ridotti all’osso e l’attenzione si concentra sulle descrizioni visive della natura e del paesaggio, così come sulle espressioni di Clara e Irène

I momenti di più alta intensità emotiva sono quelli dove, apparentemente, non succede nulla, e diventano centrali i lunghi silenzi, i piccoli gesti e gli sguardi che si scambiano le due ragazze, che a volte sembrano essere complici e altre volte sembrano non comprendersi.

Conclusioni

Nonostante alcuni momenti acerbi, la regia di Carlo Sironi si presenta in modo realistico e diretto, riuscendo a coinvolgere il pubblico all’interno della storia, senza l’uso di elementi altisonanti ed eccessivi.

Sentiremo sicuramente parlare ancora di questo giovane regista, ed è sicuramente consigliata la visione di questo film per scoprire uno dei protagonisti del cinema italiano del futuro.

Recensione a tre stelle su Almanacco Cinema