Si vive una volta sola: un film di Carlo Verdone scritto insieme a Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino. Una commedia scontata dalle battute banali.
Aspettando il nuovo film di Carlo Verdone, Scuola di seduzione, le cui riprese dovrebbero iniziare a breve (ossia nel mese di agosto), analizziamo Si vive una volta sola, l’ultimo lavoro del regista romano, considerato uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, grazie ai suoi personaggi caratteristici, ispirati alla vita reale, e al suo stile comico e malinconico.
Si vive una volta sola risale al 2020 (uscito però solamente in streaming per colpa della pandemia nell’estate del 2021) segna il quarantesimo di Verdone dietro la macchina da presa, il quale per l’occasione scrive una sceneggiatura a sei mani, facendosi assistere dallo storico collaboratore di fiducia, Pasquale Plastino (i due hanno realizzato insieme tredici film a partire dalla metà degli anni 90), e da Giovanni Veronesi, regista di Manuale d’amore.
Il professor Umberto Gastaldi (Carlo Verdone), chirurgo internista, e la sua formidabile équipe, l’assistente Corrado Pezzella (Max Tortora), la strumentista Lucia Santilli (Anna Foglietta) e l’anestesista Amedeo Lasalandra (Rocco Papaleo) sono uniti da una profonda amicizia e dalla passione per gli scherzi, anche di cattivo gusto, per nascondere le loro profonde crisi esistenziali. Vittima preferita delle burle è soprattutto Amedeo.
Un giorno, Gastaldi, Pezzella e Santilli scoprono che il loro collega Amedeo (apparentemente all’oscuro di tutto) ha un brutto male e decidono di seguirlo in una vacanza in Puglia, assecondando tutti i suoi capricci prima di comunicargli ciò che sanno.
Sin dalle prime immagini appare evidente il tentativo di rendere omaggio alla commedia all’italiana di Germi, Monicelli (Amici miei) e Risi (Il sorpasso del 1962, pellicola antesignana dei road-movie americani).
Purtroppo, però, il risultato ottenuto non è dei migliori. La trama appare scontata e ridondante, non all’altezza del maestro Verdone.
Alcune scene eccedono addirittura nella volgarità da cinepanettone, che richiamano i siparietti comici alla Vanzina. Non mancano infatti battute del tipo: “Quasi quasi me faccio lesbica” della Foglietta, o “Tina, ma io posso parlare con un culo?” dello stesso Verdone, a “Io co’ ‘sto culo c’ho fatto il picco d’ascolti”, frase pronunciata da Tina (Mariana Falace) figlia del professor Gastaldi, subrettina dal rapporto conflittuale col padre (appare quasi sempre mezza nuda) e personaggio poco sviluppato se non nelle forme.
L’intreccio è semplice e scontato. Già dopo i primi venti minuti del film si sa come si concluderà la storia. Inoltre, la fotografia, pur essendo molto bella, appare troppo funzionale alla narrazione, ai luoghi da mostrare durante il viaggio dei quattro protagonisti, quasi si trattasse di immagini pubblicitarie.
I personaggi migliori con un minimo di spessore appaiono quelli di Santilli e Lasalandra interpretati da Rocco Papaleo e Anna Foglietta, due inguaribili romantici, innamorati dell’amore. Mentre Gastaldi interpretato da Carlo Verdone, un chirurgo famoso ma incapace di comunicare con sua figlia Tina, e Pezzella, Max Tortora, un marito fedifrago, tradito a sua volta, non convincono fino in fondo, penalizzati da una caratterizzazione superficiale e già vista.
Si vive una volta sola è un film da vedere una volta sola. Non ha niente a che fare con le commedie malinconiche e umoristiche a cui Verdone ha abituato il suo affezionato pubblico.
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