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Triangle of Sadness, la recensione
Triangle of Sadness è il film vincitore della palma d’oro di Cannes 2022, scritto e diretto da Ruben Östlund è definito un capolavoro del cinema moderno.
La trama
Carl e Yaya, una coppia di modelli e influencer, sono invitati su uno yacht per una crociera di lusso. Gli eventi prendono una svolta inaspettata quando si abbatte una tempesta e mette a rischio il comfort dei passeggeri.
Perché Triangle of Sadness è un capolavoro?
La società in cui viviamo è al collasso, quante volte lo sentiamo dire? Beh, Ruben Östlund con Triangle of Sadness ci mostra il perché.
E’ un attacco sociale?
Più che un attacco sociale è un gioco, il regista si prende gioco della società, la ridicolizza. Giocando come un burattinaio decide le sorti dei personaggi e parlandoci con metafore (il suo cavallo di battaglia) e con gag esilaranti, mostra al mondo la realtà del ragionamento umano.
Ruben Östlund vede e racconta, come se dicesse al pubblico “Ecco la società, è assurdo non credete?”. Ecco perché la sua critica non si schiera da nessuna parte. Ruben Östlund non vuole dirci cosa bisogna fare e farci la morale, lui analizza l’assurdità di alcune parti della nostra società e le mette allo scoperto, giocando e ridendo di loro. Dalle più bizzarre alle più tragiche, come ad esempio i ceti sociali e la società capitalista.
“I soldi e la bellezza regolano il mondo” ecco cosa ci mostra Ruben Östlund, il regista prende di mira il mondo della moda nella primissima parte del film, poi gli influencer e i ricchi nei successivi due atti.
Analisi dei tre atti
I tre atti di Triangle of Sadness sono un crescendo tagliente, nei primi secondi del film Östlund subito in palla ridicolizza il mondo della moda con la gag diventata ormai iconica dove un gruppo di modelli a un casting tra cui Carl, sfoderano su richiesta uno sguardo “Balenciaga” ovvero espressione seria e imponente, subito dopo però con cambio repentino e sempre su richiesta, gli viene detto di cambiare lo sguardo in “H&M” ovvero sorridente e spensierato, così cambiando completamente espressione per un marchio molto più economico, viene spiegato ai modelli la differenza dei marchi.
Nel secondo atto Carl e Yaya vengono invitati dai loro brand ad una crociera di lusso su uno yacth pieno zeppo di miliardari. Si stabilisce nel corso della narrazione una gerarchia tra i passeggeri e il personale di bordo. Ma cos’è che i ricchi non possono controllare con i loro soldi? La risposta è salute e clima. Infatti alla fine del secondo atto Östlund decide di far accadere a loro qualcosa di incontrollabile, ovvero una tempesta in mare durante una cena a base di pesce e champagne. Il risultato? Tutti i ricchi presenti iniziano a vomitare incessantemente come una sorta di pandemia, nessuno di loro riesce a fermarsi, lo yacht nel mentre è fuori controllo, la tempesta ha preso il sopravvento e i passeggeri vengono sbattuti da una parte all’altra. Ma ci sarà un capitano? Certo c’è un capitano, ma si tratta di un ubriacone socialista (interpretato da un grandissimo Woody Harrelson) che durante l’alta marea e il caos fuori controllo, il suo unico pensiero è quello di discutere animatamente sulla politica con un passeggero russo capitalista, citando aforismi e frasi storiche politiche. Durante questa scena grottesca e divertente allo stesso tempo, Östlund ci nasconde una metafora, ovvero: “Mentre la società è al collasso, chi la comanda pensa solamente a discutere, lasciando così la popolazione in mano a nessuno”. Tutto ciò rende la pellicola di Östlund un capolavoro vero e proprio.
Cosa succede poi?
Come se non bastasse un attacco pirata causa un naufragio, trascinando su un isola i sopravvissuti, tra i naufraghi troviamo Carl e Yaya.
Qui il geniale regista decide di ribaltare le gerarchie.
I naufraghi ricchi vengono assisti nell’isola da Paula (il capo dell’equipaggio che esaudiva i desideri dei passeggeri) ma oltre a loro sull’isola troviamo anche l’inserviente dell’equipaggio Abigail, sopravvissuta come loro al naufragio. Abigail, essendo stata in grado di pescare un polpo e di accendere un fuoco, reclama un’inedita posizione di autorità in virtù del suo essere indispensabile alla sopravvivenza dell’intero gruppo. “Lì inserviente” indicando il mare “Qui capitano”, con questa frase emblematica ribalta le gerarchie, come a volersi prendere una rivincita creando questa microsocietà in cui finalmente è lei a comandare.
Il regista rende il tutto ancora più bizzarro, i soldi perdono valore e i ricchi non ha più potere.
E i belli invece?
Ricordate che i soldi e la bellezza regolano il mondo?
Bene, Östlund nel terzo atto ci mostra che le persone belle possono conquistare qualcosa grazie al proprio aspetto. Infatti Carl, essendo un modello, riesce a ottenere più cibo e più privilegi da Abigail in cambio di piaceri. Perciò Östlund non si schiera da nessuna parte e trasforma in un mostro dittatore Abigail.
Senza fare spoiler, bisogna dire che il finale di Triangle of Sadness è uno dei finali più belli degli ultimi dieci anni, siamo davanti a un opera unica come lo è Ruben Östlund e la sua regia che mixa lo stile visivo europeo con la sua satira e la sua scrittura capace di creare situazioni e raccontare per metafore in un modo unico e mai visto prima.