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Hanno ucciso l’uomo ragno, la recensione
Hanno ucciso l’uomo ragno – la leggendaria storia degli 883, racconta in 8 puntate la storia del gruppo più famoso degli anni Novanta. La serie Sky Original, creata da Sydney Sibilia, ha sin da subito raggiunto un grande successo e qualcuno già la definisce un cult.
Hanno ucciso l’uomo ragno, la trama
E’ l’estate del 1989 quando Max (Elia Nuzzolo), ragazzo timido e amante della musica punk, scopre di essere stato bocciato. Sconfitto e affranto, viene costretto dalla famiglia a lavorare durante le vacanze estive, in una Pavia deserta. I Pezzali hanno un negozio di fiori, e il suo compito sarà quello di portare le corone di fiori ai funerali.
Durante uno di questi funerali, Max incontra Silvia (Ludovica Barbarito), la ragazza più popolare della città e di cui è segretamente innamorato. Presa dalla noia, Silvia invita il ragazzo ad uscire quella sera stessa, i due si baciano e lei gli chiede di scrivergli una canzone.
L’estate passa in fretta, la scuola ricomincia e durante il primo giorno Max incontra il suo nuovo compagno di banco, Mauro (Matteo Oscar Giuggioli), ragazzo estroverso e ottimista, Dj dilettante. Tra i due nascerà subito una profonda amicizia, basata sulla loro passione comune: la musica.
Dopo pomeriggi passati nella ‘tavernetta’ di Max, tra peripezie e pomeriggi passati ad ascoltare dischi, i due ragazzi riescono a far arrivare una cassetta con un loro pezzo al leggendario discografico Claudio Cecchetto (Roberto Zibetti).
E’ qui che partirà la leggendaria storia degli 883, di come due ragazzi di provincia, un pò sfigati e un pò impacciati, sono riusciti a diventare il gruppo simbolo degli anni Novanta.
Hanno ucciso l’uomo ragno, i mitici anni Novanta
La serie è stata creata dal regista e sceneggiatore romano Sydney Sibilia, scritta e diretta dallo stesso insieme a Alice Filippi e Francesco Ebbasta.
La storia non è solo il racconto della formazione e del successo degli 883, ma è soprattutto una storia di amicizia e di riscatto. E’ la storia di due ragazzi di provincia che, senza nemmeno saper suonare uno strumento, sono riusciti a riscattarsi, attraverso la perseveranza, l’ottimismo e un pizzico di follia.
La regia riflette bene questo sentimento, sempre dal tono leggero e dai colori pop, puntando molto sull’effetto nostalgia. Gli anni Novanta sono protagonisti tanto quanto Max e Mauro: le cassette in VHR, il motorino Ciao, la radio e le sale da giochi sono elementi ricorrenti in tutte le puntate, trasportano lo spettatore indietro nel tempo di trent’anni.
Anche la musica è, ovviamente, centrale, non solo quella degli stessi 883 ma anche i grandi classici del periodo come People from Ibiza di Sandy Marton e Boys don’t cry dei The Cure.
La sceneggiatura è lineare e divertente, e rispetta le tempistiche delle serie tv, con i vari colpi di scena finali che spingono lo spettatore a vedere la serie tutta di un fiato.
Conclusioni
Hanno ucciso l’uomo ragno è sicuramente la serie del momento e per tutte le ragioni giuste. E’ una serie leggera e divertente, che ci ricorda come la noia, spesso, sia il motore per far avverare anche i sogni più folli, anche se ci sembrano irraggiungibili.
Il finale della serie, non sembra un vero e proprio finale e ci lascia aperta la porta ad una seconda stagione, non ancora confermata ma che speriamo di vedere presto.