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Inganno

Inganno, la recensione della serie con Monica Guerritore

La serie Inganno è uscita su Netflix il 9 Ottobre. Nonostante le premesse fossero promettenti, la serie risulta superficiale e deludente.

Inganno: la trama

Inganno è un melodramma che intreccia diversi generi, tra cui il family drama e il noir, offrendo una narrazione che affronta con profondità la complessità delle relazioni umane, le tensioni familiari e i segreti celati sotto l’apparente serenità di una vita borghese.

Ambientato tra le atmosfere vibranti di Napoli e i panorami mozzafiato della Costiera Amalfitana, il paesaggio non è solo uno sfondo suggestivo, ma diventa esso stesso un simbolo della dualità emotiva dei protagonisti: la bellezza esteriore contrapposta al tumulto interiore.

La storia di Inganno ruota attorno a Gabriella, una donna sessantenne che, dopo anni di sacrifici personali e professionali, sembra essersi arresa a una vita senza più slanci emotivi o desideri. La fine dolorosa del suo matrimonio, segnato dal tradimento del marito con la sua migliore amica, ha contribuito ad allontanarla non solo dall’amore, ma anche dalla sua famiglia, con cui ha rapporti difficili e freddi. Gabriella vive quindi una vita solida e benestante, ma vuota di quelle emozioni che una volta riempivano il suo mondo.

L’arrivo improvviso di Elia, un giovane affascinante ma enigmatico, scombina completamente gli equilibri della protagonista. Elia porta con sé un carico di mistero e di seduzione che risveglia in Gabriella desideri dimenticati e la spinge a rivivere una passione intensa. Questa nuova relazione la porta a esplorare una versione di sé più libera e audace, restituendole la vitalità e il coraggio di affrontare la vita con rinnovato entusiasmo.

Tuttavia, non tutto è come sembra: mentre Gabriella si abbandona a questa seconda giovinezza, i segreti di Elia iniziano a emergere, rivelando un passato oscuro e intenti non del tutto limpidi.

Inganno mette in luce le fragilità dei rapporti umani e sfida lo spettatore a riflettere su quanto si è disposti a sacrificare per inseguire la felicità. L’amore, infatti, in Inganno, si tinge di sospetto e illusione, spingendo Gabriella in un viaggio emotivo che mette alla prova le sue convinzioni, il suo cuore e i suoi legami più profondi.

Cast e personaggi

Inganno, serie italiana distribuita su Netflix, si avvale di un cast che include volti noti del panorama televisivo e cinematografico italiano, con interpretazioni che danno vita a una storia carica di intrighi, passioni e ambiguità.

Monica Guerritore è la protagonista indiscussa della serie, interpretando Gabriella, una donna vicina ai sessant’anni, elegante e benestante, che cerca di ricostruire la sua vita dopo il fallimento del suo matrimonio. Tradita dall’ex marito Mario e trascurata dai figli, Gabriella si trova a vivere una nuova e inaspettata passione con un uomo molto più giovane di lei, Elia.

Giacomo Gianniotti, giovane attore emergente, interpreta Elia, il trentacinquenne che seduce Gabriella. Elia è affascinante, ma anche ambiguo e calcolatore. Non è chiaro se le sue intenzioni siano mosse da sincero affetto o dall’opportunismo. La loro relazione travolgente metterà a dura prova l’equilibrio già fragile della vita di Gabriella.

Inganno

Giulia, la figlia di Gabriella, è interpretata da Dharma Mangia Woods. Aspirante influencer, Giulia rappresenta il desiderio della generazione più giovane di emergere nel mondo digitale, mentre si scontra con i valori più tradizionali della madre. Il personaggio di Giulia offre uno spaccato delle dinamiche familiari contemporanee.

Nico, l’altro figlio di Gabriella, è interpretato da Francesco Del Gaudio. A differenza della sorella, Nico vive con la madre e presenta un carattere piuttosto irrequieto.

Infine, il più grande dei figli è Stefano, interpretato da Emanuel Caserio. Il giovane avvocato ha un ruolo importante nella narrazione in quanto sarà proprio lui a denunciare Elia per circonvenzione di incapace e a tentare, in questo modo estremo, di proteggere Gabriella.

I punti deboli della serie

I veri protagonisti di Inganno sono i paesaggi mozzafiato, ripresi in tutto il loro splendore da inquadrature aeree che regalano scorci di una bellezza quasi surreale. Gli ambienti interni, gli appartamenti, e i costumi sono altrettanto curati, confermando una produzione degna di Netflix, visibile anche nella qualità visiva delle riprese.

Tuttavia, questa cura non riesce a mascherare le falle che emergono in altri aspetti chiave dello spettacolo. La sceneggiatura e la recitazione rimangono il tallone d’Achille di un’opera che sembra non riuscire a liberarsi dai vincoli tipici delle fiction italiane.

La recitazione è piatta, caratterizzata da dialoghi che non brillano per naturalezza o profondità, spesso imbrigliati in uno stile artefatto e quasi meccanico. I dialoghi sono infatti intrisi di frasi didascaliche, il primo errore che in qualsiasi manuale di sceneggiatura verrebbe indicato come da evitare. Eppure, qui proliferano battute deboli e banali in una sorta di esercizio di spiegazione più che di naturale conversazione.

Non mancano neppure errori grammaticali che evidenziano una superficialità nella scrittura. Questi scivoloni rendono ancora più difficile prendere sul serio i dialoghi e che rafforzano la sensazione di artificiosità. Lo spettatore viene così trascinato in una narrazione che manca di verosimiglianza, dove le emozioni non riescono a fluire con spontaneità.

Un’altra evidente incongruenza di Inganno riguarda la colonna sonora, che sembra spaziare tra generi diversi senza seguire una vera linea coerente. Nei momenti che precedono lo scoppio della passione, la musica tenta di costruire un’atmosfera di tensione sottile, come se volesse suggerire un’emozione che sta per esplodere, creando un’attesa che purtroppo non viene mantenuta in modo efficace. Quando finalmente si arriva alle scene di passione, la colonna sonora cambia bruscamente registro, passando a brani di canzoni francesi. Questa scelta appare quasi forzata, come se la lingua francese fosse automaticamente associata alla sensualità e all’erotismo, senza però aggiungere alcun vero valore narrativo alla scena o al contesto.

Il risultato è un contrasto che disturba la fluidità dell’esperienza emotiva, creando un distacco tra la musica e le immagini. Invece di amplificare le emozioni dei personaggi, queste transizioni musicali improvvise sembrano ridurre l’intensità delle scene, rendendole quasi caricaturali. La scelta di brani francesi, in particolare, sembra essere più un tentativo superficiale di conferire alle scene un tocco sofisticato, piuttosto che una vera riflessione sulla storia o sul carattere dei protagonisti.

Questo approccio alla colonna sonora, invece di arricchire la narrazione, finisce per privarla di coerenza emotiva e stilistica, contribuendo a rafforzare l’impressione che la produzione manchi di una visione artistica chiara e uniforme.

Inganno è stato proposto come un thriller sentimentale, definizione che risulta pretenziosa. Più che costruire una tensione o una complessità narrativa che possa avvincere il pubblico, il risultato finale appare come un collage di cliché e stereotipi, incapaci di creare una trama coerente.

La sensualità, che dovrebbe essere il motore di gran parte dell’intreccio, è ridotta a una sequenza di scene di nudo.

Inganno

In definitiva, Inganno sembra puntare molto su estetica e apparenza, senza riuscire a supportare queste premesse con una scrittura all’altezza. La ricercatezza visiva non riesce a compensare le carenze di sceneggiatura e recitazione, lasciando lo spettatore con un prodotto che, nonostante l’impegno produttivo, non riesce a fare il salto di qualità.

La scadente caratterizzazione dei personaggi

La trama di Inganno introduce segreti o vite parallele nei suoi personaggi, lo fa per aggiungere profondità e complessità alla trama, aiutando a rendere i protagonisti più sfaccettati e umani. Nella serie, tuttavia, tutto resta superficialmente abbozzato, senza mai raggiungere quel livello di coinvolgimento emotivo o di realismo che ci si aspetterebbe.

Anche le dinamiche familiari si rivelano piatte e prevedibili, nonostante le premesse in senso opposto. Le discussioni tra i protagonisti sono talmente banali che potrebbero riguardare qualsiasi cosa, senza mai scendere nel profondo o esplorare realmente i sentimenti dei personaggi.

È tutto eccessivamente artificiale, privo di quella spontaneità che dovrebbe caratterizzare le interazioni umane. Giacomo Gianniotti, pur mettendo in mostra il fisico con abbondanza, non riesce a compensare la scarsa autenticità del suo personaggio, mentre Monica Guerritore fatica a rendere credibile il suo ruolo. Insieme, formano una coppia che risulta improbabile e poco convincente

La trama di Inganno non è carente in termini di sottotrame, anzi: ne sono presenti in abbondanza. Ma è la loro banalità a fare la differenza. La storia centrale vede Gabriella, una donna benestante che, a sessant’anni, viene sedotta da Elia, un affascinante trentacinquenne in cerca di una dote. Il tutto è accompagnato dall’incapacità della protagonista di gestire i propri affari, giudicata dai suoi figli come una donna debole e fuori controllo. A peggiorare le cose, ci sono le sequenze di un passato misterioso che si intrecciano con gli incontri amorosi tra Gabriella ed Elia, coinvolgendo a loro volta una serie di altri personaggi che faticano a emergere dal cliché in cui sono intrappolati.

Uno degli aspetti più bizzarri è il personaggio di Nico, l’unico della famiglia a parlare con un forte accento napoletano, una scelta che risulta tanto strana quanto inverosimile all’interno del contesto familiare in cui è inserito. Ma il vero punto debole sono le cosiddette discussioni tra Gabriella ed Elia, che risultano finte e poco convincenti, tanto quanto la loro improbabile storia d’amore. Ogni dialogo sembra forzato, ogni scena di gelosia è grottesca al punto da essere una delle più patetiche mai viste sul piccolo schermo.

In conclusione, Inganno è un prodotto che, nonostante la qualità delle riprese e la cura per i dettagli estetici, resta vittima di una sceneggiatura debole e di interpretazioni che non riescono a dare vita a personaggi credibili.

La trama, costellata di sottotrame poco incisive e dialoghi innaturali, fatica a coinvolgere lo spettatore, mentre la recitazione stereotipata e artificiosa allontana qualsiasi possibilità di empatia verso i protagonisti. In un panorama televisivo sempre più ricco di serie di qualità, Inganno si distingue purtroppo per la sua incapacità di creare un racconto che vada oltre l’apparenza.

Un cambio di rotta per Netflix

La trama di Inganno viene srotolata in sei episodi, ognuno farcito di quelle tipiche ingenuità di sceneggiatura che spesso caratterizzano alcune produzioni italiane un po’ improvvisate, almeno dal punto di vista della qualità della scrittura.

Ogni dettaglio sembra inserito in maniera meccanica e forzata, senza una reale profondità o sviluppo coerente. Durante la visione, molto spesso lo spettatore si trova ad apprendere informazioni essenziali attraverso frasi casualmente buttate lì in un dialogo.

Purtroppo, la strategia non funziona. L’ambiguità diventa un espediente ripetitivo che, anziché solleticare l’interesse dello spettatore, lo allontana. Ogni colpo di scena appare calcolato e privo di genuinità, quasi fosse un obbligo di sceneggiatura piuttosto che una scelta narrativa consapevole.

Appare evidente che questo tipo di trama non funziona per chi non appartiene al target di riferimento: un pubblico generalista abituato alla fiction italiana più tradizionale.

La sensazione predominante è che Netflix, con questa produzione, stia cercando di conquistare nuovi abbonati, in particolare quel pubblico che ancora non ha fatto il salto verso lo streaming.

È evidente che la piattaforma stia puntando su uno stile che richiama le fiction più popolari delle reti generaliste italiane, con il desiderio di attrarre spettatori che sono ancora legati ai canali televisivi tradizionali. Tuttavia, questo tentativo di adattare i propri contenuti per piacere a una fascia di pubblico più ampia potrebbe risultare inefficace, specialmente se la qualità della scrittura e della regia continua a essere sacrificata in favore di cliché narrativi e dialoghi poco incisivi.

I personaggi, anziché essere portatori di complessità e profondità emotiva, sono ridotti a semplici stereotipi. Gabriella, ad esempio, è una donna benestante tradita e fragile, mentre la figlia Giulia è l’ennesima giovane in cerca di fama sui social. Ogni personaggio sembra prigioniero di una caratterizzazione superficiale e prevedibile, che non permette alcun tipo di empatia o coinvolgimento emotivo.

Una serie banale e poco curata

In definitiva, Inganno soffre di una scrittura poco curata e di un approccio narrativo che punta più a riempire spazi con colpi di scena banali piuttosto che a costruire un racconto coeso e coinvolgente. La sensazione generale è che la serie abbia tentato di mescolare elementi di tensione, ambiguità e dramma familiare senza mai riuscire a creare un equilibrio convincente.

Se l’obiettivo era quello di attrarre un nuovo tipo di spettatore, forse la strada percorsa non è stata la più efficace: la superficialità delle dinamiche e la mancanza di autenticità rendono la visione più simile a un esercizio di stile piuttosto che a un’esperienza davvero emozionante.

Recensione a due stelle su Almanacco Cinema

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