La recensione della quarta stagione di Love, Death & Robots: tra episodi riusciti e altri dimenticabili, la serie Netflix perde parte del suo smalto iniziale.
Torna su Netflix Love, Death & Robots, la serie antologica che sei anni fa, con la sua prima stagione, aveva portato una ventata di innovazione e freschezza nell’animazione per adulti. Un progetto ambizioso firmato da nomi di peso come David Fincher e Tim Miller, che oggi giunge alla sua quarta stagione.
Dopo l’esperimento poco riuscito di Secret Levels su Prime Video, il team creativo torna a casa, su Netflix, per dare vita alla quarta stagione di Love, Death & Robots. Diciamolo chiaramente: dopo una prima stagione che aveva fissato l’asticella molto in alto, la serie ha iniziato una lenta discesa. Quella sensazione di novità assoluta, quell’esplosione di idee e la sperimentazione visiva che ci aveva colpito all’inizio sono diventate difficili da replicare. Già la seconda e la terza stagione, pur con alcuni episodi degni di nota, avevano mostrato segnali di stanchezza creativa.
In questa quarta stagione, la sensazione è che le idee siano ancora più spente, meno graffianti e originali rispetto al passato. Inoltre, gli episodi si allontanano sempre più dal trio tematico amore, morte e robot, con una netta virata verso il fantasy e un netto calo della componente sci-fi, specialmente quella legata ai robot.
Nonostante tutto, anche nella quarta stagione di Love, Death & Robots troviamo alcuni episodi interessanti.
Il primo episodio, Can’t Stop, diretto dallo stesso Fincher, è un esperimento curioso: un concerto animato dei Red Hot Chili Peppers, messo in scena da marionettisti che muovono band e pubblico come burattini. Visivamente è affascinante, anche se il tutto risulta un po’ fine a se stesso.
The Other Large Thing parte da un’idea simpatica: il punto di vista di un gatto vanitoso che disprezza i suoi padroni (o meglio, servi) umani, descritti come creature ottuse. La narrazione ruota attorno a un nuovo elettrodomestico robotico che apre la strada a una possibile conquista del mondo felino. L’amore per i gatti, si sa, è un tema ricorrente nella serie, e anche in questa stagione torna in più di un episodio.
L’episodio probabilmente più originale è Il complotto dei dispositivi intelligenti. Realizzato in stop motion – che richiama lo stile di Marcel the Shell – questo mockumentary in stile The Office dà voce agli elettrodomestici, intervistati mentre si lamentano del comportamento dei loro proprietari. Una trovata interessante e visivamente riuscita, anche se non del tutto centrata nell’obiettivo di far ridere.
Purtroppo, il resto dei dieci episodi appare sottotono: idee già viste, soluzioni narrative prevedibili o poco ispirate. In alcuni casi, sorprendentemente, anche la qualità dell’animazione lascia a desiderare – come nell’episodio The Screaming of the Tyrannosaur, visivamente deludente.
Un altro tema ricorrente di questa quarta stagione di Love, Death & Robots è la religione cristiana, presente in almeno tre episodi. Tra questi spicca Golgotha, il primo cortometraggio live action della serie. Anche qui, però, il risultato non è all’altezza delle aspettative.
Love, Death & Robots 4 è una stagione che conferma il calo creativo della serie. Restano alcune buone idee e un paio di episodi da ricordare, ma la brillantezza, il coraggio sperimentale e l’originalità che avevano reso unica la prima stagione sembrano ormai un ricordo lontano.
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