Trainwreck è la docu-serie esplosa su Netflix. Nel 2022 viene raccontata, in tre episodi, la storia di Woodstock ’99 e del declino culturale dopo Woodstock ’69.
Woodstock ’99 è un festival musicale tenutosi a Rome nello stato di New York, dal 22 al 25 luglio 1999, in occasione del 30esimo anniversario di Woodstock ’69, tenutosi a Bethel nel 1969.
Trainwreck è una serie Netflix nata nel 2022, con lo scopo di raccontare momenti importanti della cultura pop, attraverso video originali e testimonianze dei “sopravvissuti”. Le storie raccontate non sono rose e fiori, bensì eventi straordinari che in qualche modo hanno lasciato un segno nella società.
L’ingresso nella Top 10 della piattaforma e il rapporto qualità-prezzo, sono due fattori che incentivano a continuare la serie. Trainwreck è la gallina dalle uova d’oro di Netflix: documentari economici e di rapida realizzazione, con un’interesse del pubblico sempre più crescente in base alla vicinanza del tema trattato.
Iniziata nel 2022 e tre anni di silenzio, Trainwreck è pronta per dominare la classifica estiva di Netflix e noi dell’Almanacco Cinema siamo qui apposta per raccontarvela. Inutile dire che le storie di carneficine e caos sono un terreno fertile, destinato ad andare per le lunghe.
Rome 1999, trent’anni dopo il memorabile Woodstock ’69, pace amore…e distruzione. Quattro giorni di Festival e circa 400 mila persone, visibile in py-per-view su MTV. Una macchina commerciale senza precedenti che divenne palcoscenico del punto più basso mai toccato dalla razza umana. Aggressioni, molestie e scarsissima igiene sanitaria sono l’inizio del delirio di Woodstock ’99.
Trainwreck: Woodstock ’99 racconta, attraverso video dell’epoca e testimonianze di chi ha partecipato all’evento, “il giorno in cui gli anni 90 sono morti” nella Griffiss Air Force Base. Molteplici i fattori che l’hanno portato ad essere l’anti-Woodstock e, in tre episodi divorabili in una giornata, ne esploriamo le cause che hanno portato al disordine totale.
Il primo fattore furono gli organizzatori: l’obiettivo era spillare ogni centesimo agli spettatori corsi in massa all’evento. Il 40 gradi di temperatura, registrati a luglio, hanno fatto sì che l’acqua diventasse una necessità. Il risultato? Bottigliette d’acqua vendute a prezzi esagerati e file equiparabili a quelle di Disneyland alle fontanelle.
220 mila persone e 10 mila lavoratori, facevano di Woodstock ’99 la terza città più popolata dello stato di New York. Una città rovente. La Griffiss Air Force Base era fatta d’asfalto e cemento, due materiali che assorbono il calore. I due palchi principali erano separati da una camminata di oltre due chilometri e il pubblico era costretto a farla sotto il sole cocente.
Più di 700 persone furono soccorse per disidratazione e colpi di calore. Le uniche zone d’ombra, in un luogo senza alberi, erano alcuni hangar. La gente disperata si andò a rifugiare quindi sotto il palco degli artisti emergenti, provocando malumori anche in campo musicale. La lineup dell’evento, infatti, era molto lasciata a sé stessa con artisti coppati in maniera randomica.
Menzione speciale per le tribute band di artisti che non avevano partecipato al Woodstock ’69.
Moltissimi imbucati con braccialetti finti, ragazzi giovanissimi con gli ormoni a mille e artisti che incentivavano a mostrare il seno alle ragazze, hanno annullato lo spirito di Woodstock 69. Spirito che forse non è mai esistito, partendo dall’intento di guadagnare lucrando sul pubblico.
Piccoli falò, fra una molestia e uno svenimento, iniziano a sorgere. La folla ormai è diventata un’entità caotica con l’obiettivo di radere tutto al suolo. Lo stato brado dell’essere umano prende il sopravvento. Ma dov’erano i controllori in tutto ciò?
Visti gli ospiti che sarebbero arrivati, la Polizia di Stato di New York e la polizia locale – nettamente di numero inferiore, hanno incrementato il personale con alcuni volontari. Purtroppo per loro, molti di questi hanno mollato il lavoro e si sono nascosti nel pubblico, lasciando la polizia sola quando la situazione è andata fuori controllo.
L’apice della catastrofe c’è stato dopo l’ultima canzone che i Red Hot Chili Peppers hanno suonato. Fire di Jimi Hendrix chiudeva il festival con l’idea di rendere omaggio alla performance leggendaria del 1969 del chitarrista. Sfortunatamente, alla fine di un weekend che aveva maltrattato migliaia di persone, Fire è ciò che il pubblico ha fatto.
Auto incendiate, tende del merchandising distrutte e usate come carburante. Alla fine, la polizia di Stato di New York è riuscita a sedare i disordini, ma sulla Griffiss Air Force Base era caduta una bomba.
Ogni epoca ha il proprio Woodstock, non oso immaginare cosa potrebbe essere quello del 2029… Trainwreck: Woodstock ’99 non è una caccia al colpevole, bensì una testimonianza di un limite bassissimo dell’essere umano.
Toccando il fondo e vivendolo sulla propria pelle, la gente ha imparato cosa non deve essere. Alle volte per capire veramente dei concetti, l’unica soluzione è renderli possibili, e Woodstock ’99 ne è stato il mal capitato scenario.
Michael Lang (venuto a mancare tre mesi dopo l’intervista del documentario), uno dei progettisti dei due Woodstock, alla fine di tutta la storia dichiara che la grande differenza era generazionale. Ogni generazione ha il suo Woodstock, lo spazio mentale dei giovani del ’69 era completamente diverso da quello degli anni 90.
Le questioni sociali non sono più una questione dei ragazzi, chi era lì voleva solo ascoltare tanta musica e divertirsi. Una magia, quella del ’69, che difficilmente potrà ripetersi e indubbiamente un’occasione persa per rivivere il vero Woodstock.
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