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The Beast: il potere divinatorio scientificamente provato
The Beast fonde avanzata tecnologia e misticismo. L’intelligenza artificiale diventa deus ex machina delle nostre vite nell’ultimo film di Bertrand Bonello.
Presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2023, è uscito in poche sale italiane a novembre 2024, distribuito da I Wonder Pictures. È ora disponibile sulle piattaforme di Apple TV e I Wonderfull.
Di cosa parla The Beast
Le vicende si svolgono su tre piani temporali: il 1910, a Parigi, il 2014, a Los Angeles, e il 2044, di nuovo a Parigi. Protagonista assoluta, in tutte le temporalità, è Gabrielle (Léa Seydoux), la quale vive nell’ansia di un’imminente catastrofe che le stravolgerà la vita. Il titolo The Beast prende spunto dalla novella di Henry James La bestia nella giungla (1903). Nel racconto, era il protagonista John Marcher a vivere l’angoscia per un terribile evento – in agguato come un animale feroce – che avrebbe decretato la sua fine.
Però, la prima sostanziale differenza fra la novella e la pellicola sono i sentimenti opposti che guidano i protagonisti. John Marcher vive tutta la vita in attesa di un evento che non accadrà mai. Questo lo porta a non concedersi mai ai sentimenti, in particolare nei confronti all’amata May. Invece, Gabrielle vive tutte le sue vite all’insegna dell’emotività, che sia per amore o per disperazione.
I piani temporali si fondono e influenzano fra loro, ma la paura e la solitudine pervadono ogni tempo e luogo. Questo perché, nel 2044, l’intelligenza artificiale è ormai indipendente dall’umanità, anzi è diventata la sua guida. E, quindi, l’efficenza è un imperativo a cui non poter derogare. Gli umani sono incoraggiati a sottoporsi a un viaggio di purificazione del DNA, durante il quale rivivranno le loro vite passate e le sofferenze che le hanno accompagnate. Così potranno esorcizzare i propri traumi e liberarsene.
Gabrielle accetta di sottoporsi alla pratica perché spera di trovare un lavoro più stimolante del misurare la temperatura di una macchina. Infatti, ormai i lavori si sono tutti automatizzati e la disoccupazione umana è arrivata al 67%. Conditio sine qua non per fare carriera è liberarsi della propria emotività. Ma Gabrielle, in tutte le sue vite, non fa altro che aggrapparsi all’amore per Louis (George Mackay). In questo modo, spera di non perdere quella sensibilità che la rende umana.
The Beast, i protagonisti
The Beast tiene legati i vari piani spazio temporali attraverso l’amore di Gabrielle per Louis. Infatti, il film è filtrato tramite il punto di vista della protagonista femminile. È lei che sembra possedere il dono della preveggenza. In realtà, è il suo subconscio che torna a ricordarle un evento traumatico vissuto tanto nel 1910 che nel 2014, arrivando a influenzare anche il suo presente, il 2044.
È Léa Seydoux a incarnare questa donna dal viso sereno ma malinconico. Il volto di Seydoux è sempre al centro della scena. Un volto attraversato da molteplici emozioni, mai gridate, se non nel finale. L’attrice concede un’interpretazione sempre composta ma estremamente intensa. La protagonista è elegante e sofisticata come il film nel suo insieme.
La morbidezza del volto e del corpo di Gabrielle entra in contrasto con una certa rigidità incarnata dal Louis di George Mackay. Come se lui rappresentasse l’archetipo del maschile, dal volto spigoloso e lo sguardo vitreo. Nei vari periodi storici, i due amanti sono attratti l’uno dall’altra ma, allo stesso tempo, esiste una distanza incolmabile fra loro. Non poter vivere pienamente il sentimento che li unisce sembra essere il loro destino.
Spazio e Tempo secondo Bertrand Bonello
I protagonisti mutano al mutare del tempo e dello spazio in cui si trovano. Se, nei primi del Novecento, i due si incontrano in un salotto letterario parigino, nel 2014 vivono vite separate fino a un drammatico incontro in una mega villa di Los Angeles. Nel 2044, invece, si incontrano a un colloquio di lavoro, in una Parigi asettica e svuotata di persone.
La Gabrielle del 1910 è una donna sposata, che ha timore a lasciare il marito per l’affascinante e colto Louis. A caratterizzare il periodo è l’entusiasmo ma anche il timore delle nuove scoperte di inizio secolo. Il marito di Gabrielle ha una fabbrica di bambole, e la produzione sta passando dall’utilizzo della ceramica alla plastica per realizzarle.
Le moleste pubblicità online e il largo utilizzo della chirurgia plastica caratterizzano il 2014. Qui, una annoiata e sola Gabrielle, aspirante attrice, si guadagna da vivere facendo da custode a una grande e lussuosa villa. Louis, invece, è un giovane represso che odia le donne perché lo ignorano, e rivendica vendetta verso il genere femminile. A dominare quest’epoca è il narcisismo e la solitudine.
Arriviamo al 2044, un anno senza speranza, secondo Bonello. Nessuno vorrebbe vivere in un mondo in cui l’umanità è, di fatto, inutile. L’intelligenza artificiale è una divinità e le persone non hanno uno scopo nella vita. Non rimane altro che rinunciare alle emozioni e cercare di avvicinarsi il più possibile alla perfezione impersonata dalla tecnologia. Solo che Gabrielle rappresenta la resistenza a tutto ciò. Anche se la solitudine e l’alienazione la accompagnano in ogni epoca, in lei c’è il desiderio di vivere completamente ogni esperienza, positiva o negativa.
La divina intelligenza artificiale
Grande tema in The Beast è sicuramente il rifiuto dell’intelligenza artificiale. Il futuro è un Medioevo in cui a Dio si è sostituita la macchia. Per Bonello, la convivenza fra umani e macchine intelligenti vedrà, per forza di cose, soccombere i primi e trionfare i secondi.
Questa dispotica tecnologia avanzata, però, ha qualcosa di mistico, perché vede al di là dell’umana comprensione. Permette di viaggiare nel proprio subconscio, e raggiungere una maggiore comprensione di sé stessi. È come se l’umano fosse infinito e si muovesse in uno spazio-tempo dilatato e astratto. Caratteristiche, a ben vedere, più divine che umane. Forse, Bonello vuole dirci che l’aspetto divino appartiene più agli umani che alle macchine, che non hanno un subconscio e vite passate da riscoprire.
Il concetto di bambola, che sia quella costruita in fabbrica o quella robotica, è altro elemento di profonda inquietudine per il regista e la sua protagonista. Diventare una bambola vuol dire morire, vuol dire avere un’unica espressione e un unico sentire per tutta la vita. Niente rabbia, gioia, tristezza, frenesia, paura ma solo un’imperturbabile tranquillità. Gabrielle, ovviamente, rifugge ferventemente anche questo. E non si arrende.
Conclusioni
Bonello costruisce le scene come fossero parti di una rappresentazione teatrale, tutto appare artefatto e illusorio: il tempo, lo spazio, ma anche i dialoghi. Tutto sembra sull’orlo dell’implosione, della catastrofe. La bestia in agguato può essere la morte, o peggio ancora un mondo in cui non vale la pena vivere.
Il regista esorcizza la sua ansia per il futuro prossimo aggrappandosi alla sua stoica eroina, che non riesce a tradire sé stessa e la propria natura. Le contrapposizioni ragione-sentimento, natura-artificio, femminile-maschile permeano il film, senza possibilità di conciliazione tra opposti. In The Beast, allora, vera protagonista è l’incomunicabilità tra persone, che la tecnologia acuizza ma non ne è causa primaria. Il film, in definitiva, appare più una disanima dei sentimenti umani che un’invettiva contro la tecnologia.
