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The Girl With the Needle: la Danimarca agli Oscar 2025

Magnus Von Horn con The Girl With the Needle carica di un fascino irresistibile la miseria e il deterioramento interiore dell’Europa post-bellica.

Protagoniste assolute sono le donne e i legami che si creano fra loro, quando tutto intorno è morte e sventura. Il film, ambientano nella Copenaghen di fine Grande Guerra, ha concorso alla Palma d’oro a Cannes 2024. Ed è stato candidato come miglior film internazionale sia all’Oscar che ai Golden Globe 2025. Grande successo di critica e pubblico, è disponibile sulla piattaforma di Mubi Italia, con un giudizio complessivo di 9/10.

Trama e contesto di The Girl With the Needle

The Girl With the Needle tratta temi per stomaci forti, ma lo fa con una messa in scena raffinatissima che rende il racconto quasi fiabesco.

Il regista svedese realizza un film in bianco e nero che guarda al cinema espressionista dei primi decenni del Novecento. In particolare, a un capolavoro come M – Il mostro di Düsseldorf (1931). Il tema della mostruosità, infatti, è centrale anche nel film di Von Horn.

Protagonista della storia è Karoline, una giovane donna che vive nella miseria, in una Copenaghen lontana dall’immagine di “città più felice del mondo” odierna. Nel 1918, la capitale danese ricorda più la Londra sporca e malsana dei romanzi di Charles Dickens. Infatti, ogni genere di disgrazia colpisce la protagonista.

Già vedova, viene sfrattata dal suo umile appartamento. Quando pensa di aver trovato il modo per migliorare la propria condizione, viene vilmente abbandonata. Infatti, il direttore della sartoria in cui lavora si invaghisce di lei. Fra i due nasce una storia, osteggiata però dalla madre di lui che non ha nessuna intenzione di lasciare che il figlio sposi un’umile. Ma Karoline è incinta e deve trovare un modo per far fronte a questo problema. Nel frattempo, il marito Jørgen, che pensava morto, torna sfigurato dalla guerra e lei ne è spaventata e disgustata.

Tenta, allora, di procurarsi un aborto con uno spesso ago da sarta – da qui il titolo del film – , mentre si trova nei bagni pubblici della città. Qui viene fermata da Dagmar Overbye. Una donna determinata ad aiutarla, che le suggerisce di dare in adozione la sua bambina. Lei stessa se ne occuperà, previo pagamento. Dagmar, oltre a gestire un negozio di dolciumi, si occupa proprio di compravendita di bambini. Le madri che per indigenza non possono tenere i loro neonati glieli affidano affinché trovi loro una famiglia.

Ovviamente, i servizi di Dagmar hanno un prezzo e  Karoline per riuscire a estinguere il suo debito si offre di aiutarla con il lavoro. Inizia, a questo punto, un viaggio senza fine nella disperazione e nella follia umana.

Che genere di film è The Girl With the Needle?

The Girl With the Needle è un film in costume drammatico che prende spunto da una storia vera. Infatti, Dagmar è un personaggio realmente esistito nella Danimarca degli anni ’10. La donna si occupava di bambini che rappresentavano un problema per i genitori.

Quando viene svelato il lato oscuro del personaggio, il film assume toni horror. Anche se, fin dall’inizio, l’oscurità e l’inquietudine caratterizzano la pellicola. La scena iniziale, infatti, è caratterizzata da uno sfondo nero da cui emergono dei volti che si sovrappongono fra loro e si deformano a vicenda. Sembrano urlare. I volti sono quelli di Karoline, Dagmar e Jørgen principalmente.

Il regista insiste molto sui primi piani dei volti e sui dettagli, come quello dell’iride di Karoline. Questa insistenza è preludio di una discesa nella follia per la donna. Infatti, Von Horn vuole farci entrare dentro la testa della sua protagonista ma anche degli altri personaggi.

Dagmar spesso viene inquadrata in espressioni fisse, senza battere ciglio, concentrandosi sulla sua spietatezza e mancanza di empatia. Ma anche pura follia. D’altro canto, Jørgen rappresenterebbe il “mostro”. Infatti, si gioca molto sul chiaroscuro con cui viene mostrato o nascosto il suo volto deturpato. In una scena sulle scale, l’uomo è avvolto dal buio e a emergere sono solo i punti di luce degli occhi che gli conferiscono un’aura demoniaca. Nonostante ciò, l’uomo si dimostra tutt’altro che malvagio, ma comprensivo ed empatico. Quindi, il regista crea il contrasto classico fra interiorità ed esteriorità.

Una certa malinconia, invece, viene resa attraverso inquadrature di campo medio che inseriscono Karoline, gracile e inqueta, in cornici ambientali avvolgenti. Dal gusto gotico e quasi romantico.

Donne specchio le une delle altre

Protagoniste del film sono sicuramente le donne e i legami che instaurano fra di loro. Dagmar, per convincere Karoline a dare in affido la figlia, le dice che esistono donne che hanno fin troppi figli e altre che non li possono avere. Se non vengono in soccorso le donne, le une alle altre, chi altro lo farà?

Quando Karoline entra in travaglio mentre sta lavorando in fabbrica, una donna anziana la fa partorire fra i sacchi di patate che stavano trasportando. I legami, quindi, fra donne possono anche essere fulminei e durare per il tempo istantaneo del bisogno. È la solidarietà a non venire mai meno.

Karoline ha anche un’amica molto affettuosa con cui confidarsi, che non la guarda con sguardo severo neanche quando le sue azioni la stanno portando all’autodistruzione. Il giudizio sulle azioni delle donne è altro elemento cardine del film, soprattutto nella parte finale. Dagmar si troverà travolta da una folla di donne che vogliono vendetta, ma lei riuscirà a mantenere dignità anche di fronte la più atroce delle accuse.

Karoline e Dagmar sono speculari, anche se la prima è succube della seconda. Il loro rapporto si fa sempre più controverso con lo svolgersi degli eventi. Se Karoline ha un atteggiamento bambinesco ed è molto istintiva nelle sue decisioni, Dagmar non si pone limiti e vuole sostituirsi a Dio e alla Legge. A interpretarla con raro magnetismo è l’attrice danese Trine Dyrholm, che si impone con un carisma e una fisicità dirompenti. Victoria Carmen Sonne, invece, interpreta autenticamente la ribelle e resiliente Karoline.

Altro rapporto fondamentale per il racconto è quello fra la protagonista e la figlia settenne di Dagmar Erena. Una bambina adulta che come Karoline cerca una via di fuga e una speranza di vita migliore. Il loro rapporto è burrascoso e vero come quello fra madre e figlia.

In conclusione

The Girl With the Needle riflette sulla maternità e ci presenta delle donne estremamente umane. I mostri non esistono. Esistono solamente persone che devono sopravvivere in contesti degradanti. L’introspezione femminile è la parte più interessante del film come anche la frammentazione interiore, tema caro alla letteratura di inizio Novecento.

Il film riprende proprio quella riflessione, presente in Kafka, Pirandello o Italo Svevo, ma dalla prospettiva femminile. Esiste, infatti, una condizione che sperimentano solo le donne, quella della gravidanza e maternità. La responsabilità su che cosa fare di quell’embrione o bambino è e sempre sarà esclusiva delle donne.

Le protagoniste non temono di pensare e agire in maniera indipendente, affrontando tutte le conseguenze che ne derivano. Sarebbe stato interessante anche un film dalla prospettiva di Dagmar, la donna-mostro. Anche se il personaggio riesce comunque a prendersi la scena. Ma Von Horn non era tanto interessato al fatto di cronaca, quanto a raccontare un deterioramento umano attraverso una resa formale sofisticata. Non è possibile, infatti, distogliere lo sguardo neanche nelle scene più crude e crudeli. Questa era la sfida più alta – ed è sicuramente riuscita – del film.

Martina Portello

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