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Il cinema di Ingmar Bergman: Fanny e Alexander
Per la rubrica settimanale Il cinema di Ingmar Bergman, oggi parliamo di Fanny e Alexander, opera che sfida i confini tra cinema e televisione.
Nata come miniserie per la TV svedese, il film fu poi adattato per il grande schermo, ottenendo il riconoscimento internazionale e vincendo quattro premi Oscar. Il film ha una durata di circa 3 ore, la versione cinematografica offre uno spunto per riflettere sul rapporto tra arte, famiglia, e la difficile ricerca sul significato della vita.
Fanny e Alexander
Ambientato nel 1907, il film racconta della famiglia Ekdahl, una famiglia borghese svedese che vive in un piccolo paese della provincia. La vicenda si svolge attraverso gli occhi innocenti e allo stesso tempo visionari di due bambini: Fanny e Alexander, e della loro esperienza tra la sontuosa casa della nonna Helena e la rigida canonica del marito della madre, il pastore Vergérus.
Dopo la morte del padre Oscar, la madre Emilie si sposa con Vergérus, uomo rigido e autoritario che trasforma la vita dei due bambini. Le visioni di Alexander, il più grande dei due, si intrecciano con la realtà, in un gioco tra fantasia e dramma che raggiunge il suo apice quando dopo la morte del vescovo, i bambini vengono rapiti dalla nonna. La storia culmina in un incendio che segnerà la liberazione finale dei protagonisti.
Il ritratto di Bergman
Fanny e Alexander, è fortemente legato alla biografia del regista. Bergman in questo film ricostruisce la casa della sua infanzia con una cura meticolosa, (come al suo solito), rendendo ogni dettaglio della residenza di Uppsala un omaggio alla sua memoria e alle sue prime esperienze. Alexander, il personaggio principale, è la versione giovanile di Bergman stesso, mentre la nonna Helena simboleggia la figura materna ideale, quella che il regista avrebbe voluto avere. Il film è un atto di riconoscenza verso la figura del padre, Oscar, che nella finzione cinematografica è rappresentato come un uomo appassionato e amorevole, contrastando il personaggio del pastore Vergérus che incarna l’immagine del padre autoritario e oppressivo.
I temi fondamentali
Il film si articola intorno a temi universali e profondi che toccano l’arte, la famiglia, la morte e la ricerca di significato. L’apologia dell’arte, espressa attraverso il personaggio del padre venuto a mancare, si ricollega al tema pirandelliano del rapporto tra vita e arte. La casa del teatro diventa un rifugio dal mondo esterno, un microcosmo che riflette la lotta tra la verità e la menzogna, tra la libertà e l’oppressione.
La famiglia, nonostante le mille imperfezioni, è il nucleo da cui parte la riflessione sul significato dell’esistenza. Le parole di Oscar prima della morte: “Non c’è nulla che possa separarmi da voi né adesso né dopo”, rivelano una visione consolatoria della vita e della morte, un tema che la segnato la carriera di Bergman. Nonostante la tragedie che si abbatte su di loro, la famiglia rimane il cuore pulsante del film.
La bellezza visiva
Bergman è noto per il suo talento nel dirigere la fotografia, in Fanny e Alexander, utilizza il colore come linguaggio espressivo. Le scene della famiglia sono dominate da toni caldi e ricchi, mentre la casa del vescovo è avvolta da colori grigi e freddi, quasi un rimando al bianco e nero dei film precedenti. La musica, elemento fondamentale per l’atmosfera del film, sottolinea i momenti più intimi e drammatici con brani di compositori come Chopin; che diventano il sottofondo emotivo delle vicende dei protagonisti, amplificando. la sensazione di solitudine, paura e speranza.
Arte e vita
Il film mescola il teatro con la realtà, i personaggi sono simboli di come le apparenze possano nascondere la verità interiore, un tema che risuona in molte delle opere di Bergman. La visione di Alexander del mondo è un susseguirsi di sogni e realtà che si intrecciano, e il suo viaggio interiore è un tentativo di liberarsi dalla prigionia della sua stessa esistenza, proprio come il film stesso cerca di liberarsi dalle convenzioni del cinema tradizionale.
Cinema e autobiografia
Il film rappresenta il culmine della carriera di Bergman, un film che non solo celebra il suo amore per il teatro e la sua famiglia, ma che è anche atto di autoesplorazione. Il regista, nella sua biografia, parlò della soddisfazione di lavorare con un team di artisti che condividevano la sua visione, dando vira a un’opera che è tanto un prodotto collettivo quanto un’espressione profondamente personale.
Con la sua bellezza visiva, la profondità emotiva e il suo approccio unico alla realtà e alla fantasia, il film rimane uno dei capolavori più significativi della storia del cinema. In questo dilm tutto si fonde in un racconto che continua a toccare il cuore e l’immaginazione di chi lo guarda, come affermò lo stesso Bergman: “Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile”.
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